domenica 31 ottobre 2010

Ruby, testo telefonata di Berlusconi alla Questura

È il 27 maggio 2010, sono passate le 23. Nella stanza del fotosegnalamento della Questura di Milano c’è Ruby, 17 anni, marocchina, fermata perché è stata denunciata da una sua amica per il furto di 3.000 euro. Lei si difende, assicura che quei soldi sono suoi. Dice di essere a Milano perché in lite con la famiglia che vive a Messina

Nel frattempo, in un altro ufficio squilla il telefono del capo di gabinetto Pietro Ostuni.

E’ il caposcorta di Berlusconi: “So che da voi c’è una ragazza che è stata fermata. È una persona che conosciamo e dunque volevamo sapere che cosa sta succedendo. Anche il presidente la conosce, anzi aspetta che adesso te lo passo”.

Ostuni è impietrito. Dall’altra parte del filo prende la parola un altro uomo. E’ lui, il premier.

Berlusconi: “Dottore, volevo confermare che conosciamo questa ragazza, ma soprattutto spiegarle che ci è stata segnalata come parente del presidente egiziano Mubarak e dunque sarebbe opportuno evitare che sia trasferita in una struttura di accoglienza. Credo sarebbe meglio affidarla a una persona di fiducia e per questo volevo informarla che entro breve arriverà da voi il consigliere regionale Nicole Minetti che se ne occuperà volentieri”.

Ostuni avvisa i poliziotti dell’imminente arrivo della Minetti. Spiega che la questione interessa Palazzo Chigi.

Ruby: niente sesso con il premier

APCOM - Ieri - 11.06

"Silvio Berlusconi mi ha salvata e io gli voglio un bene dell'anima". A parlare è Ruby, la ragazza marocchina minorenne al centro in questi giorni del caso sulle presunte feste nella villa del premier. La giovane è intervenuta al telefono durante la trasmissione di Rai 2 "L'ultima parola" condotta da Gianluigi Paragone e ha smentito di avere avuto rapporti sessuali con il premier. Ruby poi ha ribadito la gratitudine verso Berlusconi e ha accusato la stampa di aver manipolato le sue dichiarazioni.

sabato 30 ottobre 2010

OMICIDIO PEPPINO BASILE: NEL GIALLO ANCHE UN PRETE E UNA STRANA PUBBLICITA'

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Il giallo di Ugento: un politico morto, un prete e una pubblicità

Avetrana e Ugento non sono lontane, basterebbe scivolare a sud-est per una settantina di chilometri dalla cittadina più spiata d’Italia e finiremmo per ritrovarci nella città di San Vincenzo di Saragozza.

Ma basta il potere distorcente della luce dei media per far sì che, nel volgere di pochi mesi, Avetrana e Ugento si ritrovino d’un tratto lontanissime. Da una parte il teatro dell’orrore che attira morbosamente gli sguardi indiscreti a reti unificate, la città dello zio orco e della cugina forse anche peggio, la terra di una giornata a mare mai iniziata e finita in fondo a un fosso coperto con ottanta centimetri d’acqua, il paese di Sarah, Michele, Sabrina; e dall’altra un piccolo centro di poco più di diecimila abitanti che d’estate si moltiplicano grazie al turismo, ma che nel suo passato recente – ma sotto i riflettori mediatici anche la quantificazione del tempo subisce deformazioni – è stato il set di un altro giallo. Ancora irrisolto.

Anche Ugento ha avuto il suo sangue: quello schizzato fuori dal corpo di Peppino Basile – esponente locale dell’Italia dei Valori – dopo essere stato colpito a morte con diciannove coltellate in una notte di quasi estate. Era il 2008 e Berlusconi aveva appena dato vita al suo quarto governo in meno di quindici anni.

Ma in questa storia senza un orco ma un sicuro assassino, c’è anche un prete: è Don Stefano Rocca, parroco della piccola chiesa di san Giovanni Bosco.

Qual è il legame che unisce la scomparsa di Basile al destino di un parroco di paese, abituato a consacrare ben altro sangue che quello di un politico qualunque?

Facciamo un passo indietro.

Peppino Basile era un politico come tanti nel senso che era noto nei dintorni di Ugento, nessuna carica tale da renderlo “onorevole”; ma nello stesso tempo Basile era un’eccezione alla regola che vuole larga parte dei politicanti nostrani interessarsi più alla poltrona che li sorregge che alle questioni socialmente più spinose. Lui invece era diverso, un po’ per indole un po’ perché ci credeva davvero al valore della sua missione politica, Basile era a tutti gli effetti quello che molti suoi colleghi avrebbero definito candidamente come un rompicoglioni.

Don Stefano invece è stato catapultato all’interno di questa storia oscura – dove manca ancora un colpevole e dove tutte le indagini sembrano volgere verso un silenzioso dimenticatoio – per il semplice motivo di aver provato a smuovere le coscienze dei suoi parrocchiani, spronandoli a reclamare la verità squarciando l’omertà. Da pastore di anime a sobillatore delle coscienze civili, il passo è stato breve, specie nelle opinioni di chi (chi?) avrebbe preferito che questa storia venisse definitivamente archiviata come una tragedia tra le tante, magari un fatto passionale che sarebbe stato anche coerente con le voci di paese che parlavano di un Peppino, notoriamente, amante delle grazie femminili.

Ma il parroco l’ha sempre pensata diversamente, sospettando che dietro quell’assassinio ci potessero essere altri interessi, magari ricollegabili alle azioni politiche di Basile, al suo non sapere stare zitto davanti ai fatti. Come quella volta in cui fece la voce grosse per opporsi alla realizzazione della discarica di Contrada Burgesi che sarebbe dovuta diventare una pattumiera da quaranta ettari.

E così Don Stefano, che con il più illustre e letterario Abbondio condivide solo l’abito talare, si è ritrovato ad essere oggetto di minacce più o meno velate e ad azioni dirette al suo discredito.

Una sorta di metodo Boffo in miniatura.

L’ultimo atto di una campagna diffamatoria senza mezzi termini si è avuto lo scorso mese quando, sulle pagine di una pubblicazione locale con cadenza mensile intitolata Lo scirocco, è comparsa una pubblicità ambigua raffigurante due preti omosessualiritratti nell’atto di baciarsi e poco sotto lo slogan: «Chi abusa non confessa, sconta la pena».

La pubblicità sin da subito è parsa ai più parecchio ambigua poiché si dichiara allo stesso momento sia pubblicità progresso (e quindi gratuita) che messaggio a pagamento; ma soprattutto quello che fa pensare è l’oscuro committente dell’inserzione stessa: una presunta "Associazione Nazionale contro i preti gay e pedofili".

Se non bastasse la denominazione dell’ente a suscitare qualche dubbio, un’ulteriore ricerca sulla Rete fa risaltare la pressoché invisibilità (inesistenza?) dell’associazione stessa. Nessun sito web, né altra notizie riguardante iniziative o campagne sociali.

E per finire con i quesiti: perché scegliere di pubblicare un messaggio di così ampio respiro su una testata a tiratura parecchio limitata?

A Ugento la comparsa della pubblicità, aberrante di per sé nei contenuti poiché collega direttamente l’omosessualità alla pedofilia, è stata interpretata da molti – e come risposta, parte della popolazione ha organizzato lo scorso 16 ottobre una del prelato – come l’ennesimo atto di sciacallaggio nei confronti della reputazione di Don Stefano, colpevole di non aver voluto accettare il ruolo di «vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro».

Nella foto: la pubblicità comparsa sulla testata Lo scirocco.

Simone Olivelli

http://www.newnotizie.it/2010/10/30/il-giallo-di-ugento-un-politico-morto-un-prete-e-una-pubblicita/

venerdì 29 ottobre 2010

RUBY, FAMIGLIA CRISTIANA:BERLUSCONI MALATO SENZA FRENO


Attacco del settimanale paolino sul caso della minore marocchina



E' "incredibile" che il premier Silvio Berlusconi "non disponga del necessario autocontrollo", secondo Famiglia cristiana che, in un editoriale sul proprio sito internet a proposito dello scandalo Ruby, rievocando l'ex moglie Veronica Lario, ha evidenziato "uno stato di malattia, qualcosa di incontrollabile anche perché consentito, anzi incoraggiato, dal potere e da enormi disponibilità di denaro". Le rivelazioni del caso Ruby, la cubista marocchina minorenne che avrebbe beneficiato di un aiuto diretto della presidenza del Consiglio per togliersi dai guai alla questura di Milano, e che ha poi raccontato di favolosi regali fatti dal presidente del Consiglio ("Tutte balle", ha commentato lui), ha scritto Giorgio Vecchiato sul settimanale dei paolini, creano un problema "politico", innanzitutto: "La credibilità, meglio ancora la dignità, dell'uomo che governa il Paese; i riflessi sulla vita nazionale e sui rapporti con l'estero; l'esempio che dall'alto viene trasmesso ai normali cittadini. I quali non si sognano né trasgressioni né festini, ma da oggi dovranno abituarsi alle variazioni pecorecce sul 'bunga bunga'".

Parole che sono arrivate subito dopo lo sfogo del Cavaliere a Bruxelles: "Sono orgoglioso del mio stile di vita, amo le donne e ogni tanto ho bisogno di una serata distensiva. Il bunga bunga è una barzelletta. Mi sono interessato per un affidamento dopo che mi era stato rappresentato un quadro di vita tragico. Io stesso ho inviato la Minetti per aiutare una persona che non poteva essere inviata alle carceri", ha detto Berlusconi a chi ha tirato in ballo lo scandalo Ruby.

Il premier non si era scomposto neppure in mattinata, quando sotto il suo albergo aveva assicurato: "Sono tranquillo, altro che". Il caso è politico e il Pd ha già chiesto le dimissioni del premier, che ha ripetuto: "C'è un'abitudine a fare attacchi", ma che questi non avranno nessuna conseguenza sul governo. "Ho saputo - ha detto - che hanno un motto ben preciso da seguire: un attacco al giorno leva Berlusconi di torno". "Temo che saranno delusi: ho avuto due attacchi e quindi diventa: due attacchi al dì mi faranno restare sempre lì", ha trovato lo spirito per scherzare. Dmo
adnkronos 28 ottobre 2010

RUBY, L'AUDI IN REGALO E LA PAGINA SU FACEBOOK

Ruby Rubacuori, la marocchina dello scandalo Berlusconi

Ecco la pagina su FB di "Ruby Rubacuori" anche se non credo che avrà il tempo di rispondere alle vostre richieste di amicizia.

Ruby: "Silvio mi mostrò l'Audi e disse: è per te"
I verbali della giovane al centro della nuova inchiesta che coinvolge il premier. Sulla telefonata di Palazzo Chigi i pm sentiranno i poliziotti
di PIERO COLAPRICO

Per non farsi frastornare e restare ancorati alla realtà, occorre seguire quello che "fanno" i poliziotti. E intorno a questo architrave "poliziesco" vanno messi in evidenza alcuni dettagli fondamentali, per quanto surreali. Primo fatto. Alcuni detective sono in missione a Genova: ci sono andati a cercare Ruby, la minorenne invitata alle feste del premier ad Arcore, la ragazza del momento mediatico (e forse anche storico). E a cercare le sue "tracce". Secondo fatto. Altri poliziotti, semplici agenti, graduati e funzionari, tutti in servizio in via Fatebenefratelli 11, sanno che è imminente la convocazione al palazzo di Giustizia. I magistrati intendono comprendere un po' meglio, e al più presto, che cosa sia accaduto nella notte tra il 27 e il 28 maggio scorso. Ora, che ci sia stata una sorta di "truffa diplomatica" (Palazzo Chigi telefona spacciando la falsa notizia che "è la nipote di Mubarak" per tirar fuori l'amica del premier da un ufficio pubblico) è ormai una circostanza - per quanto incredibile sia - data per scontata. E persino l'ambasciata egiziana ci ha tenuto a far sapere che "non esiste" alcuna parentela tra il presidente e questa spigliata marocchina contrabbandata per "nipote".

Ora veniamo ai dettagli. La diciassettenne, ha molti amici in Liguria. Li ha soprattutto nel giro della "notte", nonostante il suo indirizzo fosse quello di una comunità per minori. I siti web si vanno riempiendo delle sue foto e delle sue performance in discoteca. E anche a Genova Ruby non è che sia stata molto riservata sull'immagine del premier e sulla sua vita milanese. Un mese fa venne fermata alla stazione di Brignole. Solita trafila che riguarda i minori, per di più è una ragazza, truccatissima, e con in tasca 5mila euro in contanti. Troppi, pensarono i poliziotti, per una che dovrebbe stare in comunità: che fai? Risposta: "Non pensate male, sono una modella, e faccio le sfilate per Lele Mora".

Torna sempre l'ombra di Lele, e non solo la sua. Nei verbali milanesi, Ruby aveva raccontato di aver ricevuto in regalo da Berlusconi un'auto. Ieri, ricostruendo le storie delle feste con "bunga bunga" ad Arcore e dei soldi, dei gioielli, dell'abito di Valentino, avevamo omesso di citare il modello dell'auto. Bene. Alle ragazze come lei, sistemate nella comunità di Sant'Ilario, sui colli della città, che cosa raccontava Ruby? "Voi non lo sapete, ma Berlusconi mi ha regalato anche un'Audi R 8". Le amiche di chiacchierata l'avevano presa per un'esagerazione, ma il modello corrisponde al verbale.

E nel verbale lei racconta che, nella seconda serata dell'invito ad Arcore, avviene questa scena. Arriviamo, io ed Emilio Fede, poi Silvio - dice - mi trattiene e nel giardino della villa mi mostra l'Audi e dice che è per me. "Portatemi questi verbali", dice lei ieri sera, in un comprensibile tentativo di sfida e di minimizzare, di proteggersi e forse di proteggere "persone che mi hanno aiutato senza chiedere niente in cambio". Che è una bella frase, anche onesta, ma in un contesto che è quello che è.

Ruby sa bene che l'emersione della "connection" (umana, e anche un po' grottesca) tra lei, scappata dalla casetta di Letojanni, e gli inviti con grande sfoggio di generosità da parte di Silvio Berlusconi, è cominciata (ed è anche "sparita") in questura. Era la notte tra il 27 e il 28 maggio. Cinque mesi fa. Che cos'è dunque successo tra il primo piano e lo stanzone dei fermati, quando Ruby, accusata di furto, senza documenti, incontra gli agenti? La moviola delle indagini s'è messa di nuovo in movimento. E si va avanti fotogramma per fotogramma. La "pratica Ruby", e cioè la storia burocratica della diciassettenne Karima (il suo vero nome), residente a Letojanni, figlia di un venditore ambulante e di una casalinga con la passione per lo spettacolo, formalmente è a posto. Non è che ci siano dei dilettanti allo sbaraglio. "Nessun privilegio o trattamento preferenziale per Ruby-Karima a seguito della telefonata della Presidenza del Consiglio", fanno sapere dalla stessa questura. Ma resiste quel gigantesco "ma" intorno alla sua liberazione notturna e alle telefonate tra "una voce" di Palazzo Chigi e l'ufficio di gabinetto. E riguarda Nicole Minetti, 25 anni, consigliere regionale Pdl per ordine di Berlusconi, con un curriculum che passa da show girl a "igienista dentale" all'ospedale San Raffaele.

Ora, è vero che Karima viene invitata dai poliziotti a parlare con i genitori in Sicilia e la telefonata è brusca: "Non ne vogliamo sapere più niente, scappa sempre, se sta a Milano tenetevela". È vero che il Tribunale dei minori viene allertato. È vero che non si trova a Milano una comunità disponibile e Ruby, molto probabilmente, con tutte le difficoltà del caso, resterà in una camera di sicurezza della questura. Ma è anche vero, verissimo, che è accusata di furto. Che ha precedenti specifici per furto. Ma sei ore dopo il suo ingresso in questura una funzionaria arriva nello stanzone del fotosegnalemento e blocca tutto. E chi prende in carico una "scappata di casa" spacciata da Palazzo Chigi per la figlia di un capo di Stato straniero? Nicole Minetti, invitata anche lei alle feste di Arcore. La Procura vuole vederci un po' più chiaro, anche se "a posteriori", nei modi e nei metodi di quella che resta la "consegna".
(la repubblica 29 ottobre 2010)

COS'E' IL BUNGA BUNGA?: ECCO IL SIGNIFICATO


ECCO CHE DEFINIZIONE NE DA' "URBAN DICTIONARY":http://www.urbandictionary.com/define.php?term=bunga-bunga
MA SE QUALCUNO NON CAPISSE L'INGLESE, ECCO LA TRADUZIONE IN ITALIANO:http://www.net1news.org/bunga-bunga-significa-stupro-anale-punitivo.html

«Vi sono due ministri del governo Prodi che vanno in Africa, su un’isola deserta, e vengono catturati da una tribù di indigeni. Il capo tribù interpella il primo ostaggio e gli propone: ‘‘Vuoi morire o bunga-bunga?’’. Il ministro sceglie: ‘‘bunga-bunga’’. E viene violentato. Il secondo prigioniero, anche lui messo dinanzi alla scelta, non indugia e risponde: ‘‘Voglio morire!’’. Ma il capo tribù: ‘‘Prima bunga-bunga e poi morire»
(la migliore barzelletta di Berlusconi secondo Noemi)

mercoledì 20 ottobre 2010

«Happy days», è morto Tom Bosley, padre di Richie Cunningham


Famoso per il ruolo di Howard Cunningham. Aveva 83 anni

WASHINGTON - La sua espressione bonaria ha accompagnato i pomeriggi di un'intera generazione. L'attore Tom Bosley, famoso per il ruolo di Howard Cunningham (il padre di Richie) nella serie «Happy Days» (guarda la sigla), è morto nella sua abitazione a Palm Springs, in California. Aveva 83 anni. Nato il 1° ottobre 1927 a Chicago, due mogli e un figlio, Bosley aveva ottenuto il suo primo successo come attore a Broadway nel 1959 come protagonista del musical Fiorello! che raccontava la storia del famoso sindaco italo-americano di New York Fiorello La Guardia.

Ma era stato il ruolo di Howard Cunningham in «Happy Days» a rendere il suo volto familiare agli americani e non solo. Recitò in tutti i 255 episodi della serie realizzati nei 10 anni che vanno dal 1974 al 1984. Tom Bosley interpretò anche lo sceriffo Amos Tupper nella serie televisivaLa Signora in Giallo (a fianco di Angela Lansbury) e Le inchieste di Padre Dowling, di cui è stato protagonista.


TV Guide aveva classificato Bosley al posto numero 9 della classifica dei "50 Greatest Dads of All Time Tv" nel 2004, i 50 più grandi "papà" della storia della Tv. La serie televisiva lanciò personaggi diventati classici della cultura popolare, come il bullo Arthur Fonzarelli (Fonzie) e il bravo ragazzo Ricky Cunningham.

Video del Corriere

Corriere della Sera 20 ottobre 2010

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