lunedì 27 settembre 2010

Fini, Tulliani e Casa Montecarlo:Mancano le carte

IL CONFRONTO CON GIANCARLO TULLIANI, CHE ATTACCA: SIETE PAZZI A DUBITARE DI ME
«Devi dire che il proprietario non sono io» Ma Fini frena il cognato: mancano le carte
Prima un vertice tra la Bongiorno e gli avvocati del fratello di Elisabetta Tulliani. Poi il presidente della Camera si è riunito con i suoi per mettere a punto il testo

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ROMA - Alle 20 di venerdì sera quando l'avvocato Giulia Bongiorno varca il portone di casa di Gianfranco Fini, non immagina che non basterà un'intera notte per mettere a punto il videomessaggio del presidente della Camera. E invece quel testo diventa oggetto di una discussione approfondita, a tratti aspra e addirittura drammatica. Perché alla riunione partecipa anche Giancarlo Tulliani con i suoi avvocati Carlo Guglielmo e Adriano Izzo e alla fine è proprio lui a lanciare la sfida: «Devi dire che hai la certezza che io non sono il proprietario di quella casa, perché questa è la verità». La risposta di Fini è lapidaria: «Non posso farlo fino a che non avrò a disposizione tutte le carte per dimostrarlo. Per questo dirò che non lo so». Il cognato insiste, come del resto ha già fatto in passato: «Se avete dubbi su di me siete pazzi, e allora d'ora in poi lasciatemi stare. Io non posso darvi i documenti perché non li ho, visto che non ho nulla a che fare con quelle società. Ma vi ho detto la verità e non potete continuare a mettermi in mezzo: l'appartamento di Montecarlo non è mio».

Bongiorno tenta di mediare, sa che il momento è delicato, non si può sbagliare. Ma soprattutto bisogna usare parole convincenti perché sia chiaro quello che Fini ha in testa. Lui lo ha detto chiaramente: «Voglio far capire che io e Berlusconi siamo diversi. Lui, se ha un problema, chiama Ghedini e fa cambiare la legge. Io, se ho un problema, chiamo te e mi spiego pubblicamente e poi, se necessario, con la magistratura». Elisabetta Tulliani non perde una parola, è sempre presente. Da una parte c'è suo fratello, dall'altra il suo amato compagno, il padre delle sue due bambine. Partecipa, suggerisce, cerca di intervenire quando salgono i toni del confronto fino a sfiorare la lite. Poi, quando si entra nella parte più tecnica sono gli avvocati a confrontarsi. Izzo vorrebbe parole nette sull'estraneità di Tulliani, Bongiorno tiene duro. Qualche giorno fa, quando Il Giornale ha pubblicato un documento con due firme uguali per proprietario e affittuario affermando che si trattava del contratto di locazione, Tulliani non si era fatto trovare. La procura di Roma aveva poi smentito, spiegando che si trattava semplicemente di un certificato dell'ufficio del registro. E a quel punto, di fronte alla richiesta di Fini di avere spiegazioni, il cognato era sbottato: «Lo sapevo, certo che ho quel contratto. Però voi credete ai giornali anziché a me, quindi fate come volete ma io non sono tenuto a darvi nulla».

Fini adesso vuole ricostruire nuovamente le fasi della vicenda, così decide di mostrare anche la perizia sul valore dell'immobile di rue Princesse Charlotte già acquisita dalla procura di Roma per ribadire che il prezzo di vendita è stato «congruo». All'alba il testo è scritto, almeno per quanto riguarda la parte tecnica. Ora bisogna affrontare quella politica. Insieme alla Bongiorno si trasferisce nel suo ufficio a Montecitorio con i parlamentari che gli sono più fedeli: Italo Bocchino, Flavia Perina, Benedetto Della Vedova. Ci sono ancora troppe domande su quanto è accaduto negli ultimi giorni. Ci si interroga sull'atteggiamento di Valter Lavitola, accusato da Bocchino di aver fabbricato un documento falso, che prima della conferenza stampa del ministro di Santa Lucia aveva dichiarato «domani chiarirò tutto» e poi si è limitato a dire di «aver fatto il giornalista». Alle 12.30 sono ancora tutti insieme quando agenzie di stampa e siti Internet rilanciano le dichiarazioni dell'avvocato Renato Ellero che rivendica a un suo cliente la proprietà delle società off shore.

Bocchino è categorico: «È una trappola, vogliono che commentiamo per poi dire che siamo andati dietro a una bufala». Fini impone la linea, parte una raffica di messaggi sms per tutti gli appartenenti al Fli: «Nessuno deve rilasciare dichiarazioni». Si sparge la voce che Ellero sia buon amico di Niccolò Ghedini e di Pietro Longo, i legali del premier. L'interessato non smentisce, anzi: «Certo che lo sono, ma Longo non lo vedo da un anno e mezzo». In ogni caso si prende tempo e la messa in onda del videomessaggio prevista inizialmente per le 13 slitta al pomeriggio. Alle 13.30 l'onorevole Giorgio Conte, che vive a Vicenza ed è un finiano di ferro, incontra Ellero. Gli chiede il nome di questo cliente o quantomeno la prova che la storia abbia un fondamento. Non ottiene nulla e lo riferisce al presidente. In quel momento Fini è già rientrato a casa per parlare con la compagna e avvisarla che la sua decisione è confermata: «Non sposerò la tesi di tuo fratello. Dirò che mi dimetto se scoprirò che la casa è sua». Due ore dopo è nella redazione di «FareFuturo», di fronte alla telecamera. Bongiorno è lì davanti, segue il testo, controlla che tutto proceda come stabilito. Dieci minuti e il videomessaggio è registrato. Fini non arretra, ma sa che la partita è ancora tutta da giocare.

Fiorenza Sarzanini
Corriere della Sera 26 settembre 2010

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