sabato 30 ottobre 2010

OMICIDIO PEPPINO BASILE: NEL GIALLO ANCHE UN PRETE E UNA STRANA PUBBLICITA'

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Il giallo di Ugento: un politico morto, un prete e una pubblicità

Avetrana e Ugento non sono lontane, basterebbe scivolare a sud-est per una settantina di chilometri dalla cittadina più spiata d’Italia e finiremmo per ritrovarci nella città di San Vincenzo di Saragozza.

Ma basta il potere distorcente della luce dei media per far sì che, nel volgere di pochi mesi, Avetrana e Ugento si ritrovino d’un tratto lontanissime. Da una parte il teatro dell’orrore che attira morbosamente gli sguardi indiscreti a reti unificate, la città dello zio orco e della cugina forse anche peggio, la terra di una giornata a mare mai iniziata e finita in fondo a un fosso coperto con ottanta centimetri d’acqua, il paese di Sarah, Michele, Sabrina; e dall’altra un piccolo centro di poco più di diecimila abitanti che d’estate si moltiplicano grazie al turismo, ma che nel suo passato recente – ma sotto i riflettori mediatici anche la quantificazione del tempo subisce deformazioni – è stato il set di un altro giallo. Ancora irrisolto.

Anche Ugento ha avuto il suo sangue: quello schizzato fuori dal corpo di Peppino Basile – esponente locale dell’Italia dei Valori – dopo essere stato colpito a morte con diciannove coltellate in una notte di quasi estate. Era il 2008 e Berlusconi aveva appena dato vita al suo quarto governo in meno di quindici anni.

Ma in questa storia senza un orco ma un sicuro assassino, c’è anche un prete: è Don Stefano Rocca, parroco della piccola chiesa di san Giovanni Bosco.

Qual è il legame che unisce la scomparsa di Basile al destino di un parroco di paese, abituato a consacrare ben altro sangue che quello di un politico qualunque?

Facciamo un passo indietro.

Peppino Basile era un politico come tanti nel senso che era noto nei dintorni di Ugento, nessuna carica tale da renderlo “onorevole”; ma nello stesso tempo Basile era un’eccezione alla regola che vuole larga parte dei politicanti nostrani interessarsi più alla poltrona che li sorregge che alle questioni socialmente più spinose. Lui invece era diverso, un po’ per indole un po’ perché ci credeva davvero al valore della sua missione politica, Basile era a tutti gli effetti quello che molti suoi colleghi avrebbero definito candidamente come un rompicoglioni.

Don Stefano invece è stato catapultato all’interno di questa storia oscura – dove manca ancora un colpevole e dove tutte le indagini sembrano volgere verso un silenzioso dimenticatoio – per il semplice motivo di aver provato a smuovere le coscienze dei suoi parrocchiani, spronandoli a reclamare la verità squarciando l’omertà. Da pastore di anime a sobillatore delle coscienze civili, il passo è stato breve, specie nelle opinioni di chi (chi?) avrebbe preferito che questa storia venisse definitivamente archiviata come una tragedia tra le tante, magari un fatto passionale che sarebbe stato anche coerente con le voci di paese che parlavano di un Peppino, notoriamente, amante delle grazie femminili.

Ma il parroco l’ha sempre pensata diversamente, sospettando che dietro quell’assassinio ci potessero essere altri interessi, magari ricollegabili alle azioni politiche di Basile, al suo non sapere stare zitto davanti ai fatti. Come quella volta in cui fece la voce grosse per opporsi alla realizzazione della discarica di Contrada Burgesi che sarebbe dovuta diventare una pattumiera da quaranta ettari.

E così Don Stefano, che con il più illustre e letterario Abbondio condivide solo l’abito talare, si è ritrovato ad essere oggetto di minacce più o meno velate e ad azioni dirette al suo discredito.

Una sorta di metodo Boffo in miniatura.

L’ultimo atto di una campagna diffamatoria senza mezzi termini si è avuto lo scorso mese quando, sulle pagine di una pubblicazione locale con cadenza mensile intitolata Lo scirocco, è comparsa una pubblicità ambigua raffigurante due preti omosessualiritratti nell’atto di baciarsi e poco sotto lo slogan: «Chi abusa non confessa, sconta la pena».

La pubblicità sin da subito è parsa ai più parecchio ambigua poiché si dichiara allo stesso momento sia pubblicità progresso (e quindi gratuita) che messaggio a pagamento; ma soprattutto quello che fa pensare è l’oscuro committente dell’inserzione stessa: una presunta "Associazione Nazionale contro i preti gay e pedofili".

Se non bastasse la denominazione dell’ente a suscitare qualche dubbio, un’ulteriore ricerca sulla Rete fa risaltare la pressoché invisibilità (inesistenza?) dell’associazione stessa. Nessun sito web, né altra notizie riguardante iniziative o campagne sociali.

E per finire con i quesiti: perché scegliere di pubblicare un messaggio di così ampio respiro su una testata a tiratura parecchio limitata?

A Ugento la comparsa della pubblicità, aberrante di per sé nei contenuti poiché collega direttamente l’omosessualità alla pedofilia, è stata interpretata da molti – e come risposta, parte della popolazione ha organizzato lo scorso 16 ottobre una del prelato – come l’ennesimo atto di sciacallaggio nei confronti della reputazione di Don Stefano, colpevole di non aver voluto accettare il ruolo di «vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro».

Nella foto: la pubblicità comparsa sulla testata Lo scirocco.

Simone Olivelli

http://www.newnotizie.it/2010/10/30/il-giallo-di-ugento-un-politico-morto-un-prete-e-una-pubblicita/

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