venerdì 27 febbraio 2009

BALLE NUCLEARI

Ecco un interessante intervento tratto dal blog di Antonio Di Pietro che ci spiega come mai la Francia vuole rifilarci una tecnologia obsoleta. Berlusconi stringe un accordo di cui nemmeno lui vedrà i frutti, dal momento che le future centrali nucleari vedrebbero la luce solo nel 2050. Insomma, ci ha fatto un regalo tossico, al quale lui scamperà ( a meno che non si faccia ibernare oggi, per tagliare il nastro della prima centrale nucleare italo-francese nel 2050). Berlusconi, però, dimentica il referendum che c'è stato e che, per poter attuare il progetto, dovrà prima essere fatta un'altra legge sul nucleare. A quel punto, sono certa che verrebbe indetto un altro referendum abrogativo e si andrebbe avanti così senza far nulla per le energie alternative.


Nucleare: abbiamo tutto da perdere

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Questa mattina alla trasmissione "Il Caffè" di RaiNew24 ho parlato di economia, di giustizia ed anche di nucleare. Il nucleare è una tecnologia vecchia, superata, che tutti i Paesi d’Europa stanno smantellando. La Francia per rientrare dalle perdite in questo settore, finanziato dal governo per scopi militari prima che civili, sta tentando di vendere ad altri Paesi questa obsoleta tecnologia. Nel 1987 con un referendum abrogativo gli italiani hanno cestinato questa fonte di energia. Se si vuole tornare indietro bisogna ripercorrere lo stesso iter democratico (ignoto al governo). Il nucleare non può essere deciso né da Scajola né da Berlusconi, solo dai cittadini.

Testo dell'intervista

Corradino Mineo: La cosa che abbiamo subito chiarito con Di Pietro, ed è interessante, è che non è a favore di questo accordo italo francese per costruire 4 centrali nucleari di terza generazione perché non sappiamo come smaltire le scorie, il nucleare è una bomba a scoppio ritardato che entrerà in funzione tra molto, molto tempo, quando invece dovremmo investire sulle energie alternative. Quindi, un Di Pietro ecologista che sta con Obama da questo punto di vista.
Antonio Di Pietro: Sono molto orgoglioso di stare con Obama, ma non mi metta troppo sul piedistallo. Voglio dire soltanto questo: le centrali nucleari di terza generazione sono quelle di trent'anni fa. Oggi c'è una tecnologia, che si chiama di quarta generazione post nucleare, su cui si stanno facendo delle sperimentazioni, dove anche l'Italia partecipa. Fare oggi le centrali nucleari vuol dire comunque arrivare ad una soluzione che non arriverà prima del 2050.

Corradino Mineo: Gli impianti saranno costruiti dal 2020, ha detto Berlusconi.
Antonio Di Pietro: Questo lo ha detto lui. Bisogna trovare il sito, bisogna mettere d'accordo le popolazioni, e bisogna sapere dove mettere le scorie. Piaccia o non piaccia, siccome in natura nulla si crea e nulla si distrugge, queste scorie radioattive, che durano migliaia di anni e faranno morire un sacco di persone, da qualche parte dovremo metterle, un posto bisogna trovarlo, e voglio vedere chi è disposto a tenerle sotto casa sua. Fare tutto questo investimento, sprecare tutti questi soldi, mettere a rischio la salute a l'ambiente del nostro Paese per arrivare ad una centrale nucleare già obsoleta nel 2050, e arrivarci quando la scienza e la tecnologia avrà già portato a termine altre soluzioni, come l'ottimizzazione dell'energia solare e dell'energia eolica, energie alternative non inquinanti e con minor dispendio di energie. Per questa ragione, a me pare inopportuno, dispendioso, pericoloso, ambientalmente distruttivo, e sul piano della salute una bomba ad orologeria, altro che bomba nucleare.

dal blog di Di PIETRO 25 febbraio 2009

giovedì 26 febbraio 2009

Bonus Elettrico: sconto in bolletta da 60 a 150 euro

Note di Paturnio: il bonus per le famiglie bisognose non costa nulla allo stato, perchè lo pagano gli altri cittadini attraverso una "nuova voce" in bolletta.Mi pareva strano...

Via ufficiale al "bonus elettrico", che garantirà uno sconto sulle bollette compreso tra i 60 e i 150 euro l'anno alle famiglie a basso reddito, specie se numerose, e agli ammalati costretti a utilizzare apparecchi elettrici salva-vita (complessivamente circa 5 milioni di famiglie). Vale in totale 400 milioni di euro, è retroattivo da gennaio 2008 e il termine per ottenere la retroattività è stato prorogato al 30 aprile 2009. «Entro l'estate vareremo anche il bonus gas con altri 400 milioni» e così «con la social card e i bonus sull'elettricità e sul gas l'aiuto alle famiglie ammonterà a 1.400-1.500 euro l'anno» ha affermato il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola presentando le misure insieme al presidente dell'Autorità per l'energia, Alessandro Ortis.«Abbiamo messo a punto il sistema di solidarietà tra tutti i consumatori di energia elettrica in grado di aiutare le famiglie bisognose pesando in modo del tutto marginale su molte altre famiglie e sulla totalità delle aziende» ha precisato Ortis confermando il meccanismo impostato nei mesi scorsi, che si "autofinanzia" attraverso una nuova voce aggiuntiva su tutte le bollette energetiche degli italiani.Valevole per 12 mesi e rinnovabile, il bonus è destinato alle famiglie fino a 4 componenti con potenza impegnata di 3 kilowatt e reddito (identificato dall'indicatore Isee) non superiore a 7.500 euro, e alle famiglie di oltre 4 componenti con una potenza impegnata fino a 4,5 kw e un reddito Isee fino a 20mila euro. Nel caso di famiglie con un ammalato grave costretto a usare macchine salvavita energivore non ci sono limitazioni di residenza o potenza impegnata.Il bonus si traduce in uno sconto diretto in bolletta: per il 2008 sarà di 60 euro l'anno per una famiglia di 1-2 persone, 78 euro l'anno per una famiglia con 3-4 componenti, 135 euro per un numero superiore. Per il 2009, considerando una diminuzione della spesa per effetto delle minori quotazioni di gas e petrolio, saranno riconosciuti 58 euro l'anno per una famiglia di 1-2 persone, 75 euro l'anno per una famiglia di 3-4 persone e 130 euro per una famiglia con più di 4 persone. Nel caso di famiglie nella quali vive un malato grave che utilizza macchina salvavita, per il 2008 il bonus sarà di 150 euro, mentre per l'anno in corso il beneficio scende a 144 euro. I due bonus, per disagio economico e fisico, sono in ogni caso cumulabili.La richiesta per ottenere lo sconto dovrà essere presentata al Comune di residenza o altri istituti designati dal Comune, come i Caf. Il materiale informativo sul bonus sarà a disposizione nei 14mila sportelli di Poste Italiane. Contemporaneamente sarà avviata una campagna informativa promossa da Ferrovie dello Stato. A disposizione anche un numero verde gestito dall'Acquirente Unico (800.166.654) in funzione dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 18. (F.Re.)

SONDAGGIO IPSOS:LEI PER CHI VOTEREBBE OGGI?

PER IPSOS IL PD DELL'ERA FRANCESCHINI AL 24,3% ED IL PDL AL 37,3

giovedì 26 febbraio 2009

26 feb. - Nel corso dell'ultima puntata di Ballarò, Nando Pagnoncelli, ha diffuso i dati relativi al sondaggio realizzato il 23 febbraio in cui è stata mappata la situazione di governo ed opposizione del "dopo Veltroni".
Dal sondaggio è stato realizzato il 23 febbraio, su un campione di 1.000 interviste comprendenti la Popolazione residente in Italia, di 18 anni ed oltre, di entrambi i sessi, appartenenti a qualsiasi condizione sociale, residenti in famiglie con telefono, emerge che sia per gli elettori del Pd nella misura del 59%, sia per l'intera popolazione 69%, in merito ai temi scottanti il Pd dovrebbe collaborare con il governo
Alla domanda: Se si tornasse a votare a breve, lei per quale di questi partiti o liste voterebbe?.I Pdl conquisterebbe il 37,3% delle preferenze quindi pressochè stabile rispetto alle precedeni elezioni, , il Pd il 24,3 lasciando sul campo 9 punti percentuali, la Lega che conquista terreno sfiorando l''11%, Idv al 9,7, Udc al 6,3 e il PRC al 2,4%
Inoltre il 51% degli elettori del Pd, condivide la decisione di Walter Veltroni circa le dimissioni, dimissioni peraltro condivise dal 60% dell campione di riferimento.
La conseguente elezioni di Dario Franceschini alla guida del partito democratico è vista positivamente dal 54% degli elettori del Pd, ed il 47% di questi avrebbe preferito l'elezione attraverso le primarie.
Tra una rosa di possibili candidati alla guida del Pd, nel corso del prossimo congresso d'autunno il 32% degli elettori del Partito democratico vorrebbe un nome nuovo e non ritiene eleggebili gli attuali dirigenti del Pd.
Franceschini rimane comunque il candidato preferito dal 14% degli elettori a pari merito con Bersani.

VAI ALLE TAVOLE

lunedì 23 febbraio 2009

SONDAGGIO MANNHEIMER: ELETTORI PD DIVISI SULL'ADDIO DI WALTER

Il nuovo segretario può contare su un 70 per cento di votanti fiduciosi nel partito


Riuscirà il neoeletto — sia pure tra qualche contrasto — segretario del Pd Franceschini a ridare vigore — e unità — al suo partito, a rafforzare il ruolo ricoperto dall'opposizione nello scenario politico, a incidere maggiormente sulla vita del Paese e riconquistare così i numerosi consensi perduti dal Pd in questi mesi? Nessuno, ovviamente, lo può prevedere con certezza. Alcuni elementi giocano a favore del neosegretario, altri, più numerosi, rendono assai problematico il suo difficile compito.
Tra questi ultimi c'è, in primo luogo, la drammatica situazione di partenza. Il giudizio della popolazione sull'operato concretamente seguito dall'opposizione negli ultimi mesi è pessimo. Solo poco più del 10% degli italiani dichiara di valutare positivamente l'azione svolta sin qui e, di converso, più dell'80% ne dà un giudizio negativo (i restanti non esprimono un'opinione). Una valutazione di questo genere comporta, naturalmente, una forte erosione nelle intenzioni di voto per il partito oggi guidato da Franceschini. In questo momento il Pd può contare, grossomodo, sul 25-26% dei consensi espressi (poiché molti, specie tra chi ha votato Pd l'anno scorso, manifestano indecisione e disorientamento), a fronte del 33% raccolto in occasione delle ultime elezioni.
Una critica di queste dimensioni coinvolge, ovviamente, anche una parte considerevole — la netta maggioranza — di chi aveva comunque scelto il Pd alle Politiche dell'anno scorso. Il 70% di costoro esprime oggi un giudizio critico nei confronti dell'azione dell'opposizione e si aspetta di conseguenza un mutamento più o meno radicale delle scelte e degli atteggiamenti tenuti sin qui. Per questo, una parte considerevole degli elettori del Pd dichiara di ritenere giusta la decisione di Veltroni di dimettersi. Anche se molti (la lieve maggioranza) la giudicano invece una scelta errata, perché finisce, a loro avviso, col minare ancor più la solidità del partito.

È proprio l'affetto («Vogliamo bene al Pd» ha detto Fassino all'Assemblea di sabato) e, in parte, l'orgoglio di partito a muovere ancora la maggioranza degli elettori del Pd. È vero che di fronte alla domanda «lei ha fiducia nel partito che ha votato alle ultime elezioni?» solo il 13% dei votanti per il Pd risponde «molta ». Ma un altro 58% afferma di continuare comunque ad avere «abbastanza » fiducia. Insomma, buona parte (più del 70%) confida, ancora oggi, nel partito, ciò che rappresenta un importante elemento positivo per il lavoro di Franceschini. Anche se quest'ultimo dovrà tenere conto di quel restante 30% che manifesta poco o nessun affidamento al partito e avrebbe voluto, forse, un rinnovamento più incisivo fin da ora. Il nuovo segretario dovrà tentare, rivolgendosi anche a costoro, di ricostituire un tessuto di consenso unitario in modo da risalire così la china discendente percorsa sin qui.
Renato Mannheimer
Corriere della Sera 23 febbraio 2009

PD, DI PIETRO: NON VOGLIAMO RUBARGLI VOTI, MA FERMARE INVOLUZIONE DEMOCRATICA

PD: DI PIETRO, IL SUO POPOLO GUARDA A IDV. PARTITO IN MEZZO AL GUADO

(ASCA) - Roma, 23 feb - ''Piaccia o non piaccia noi di Italia dei Valori siamo un punto di riferimento anche per il popolo del Pd''. Lo afferma Antonio Di Pietro in una intervista a La Repubblica due giorni dopo l'elezione di Dario Franceschini a segretario del Partito democratico. Un partito, sostiene Di Pietro, ''rimasto in mezzo al guado in ogni decisione importante, sul testamento biologico come sulle riforme costituzionali e istituzionali, in materia di difesa del lavoro delle fasce sociali piu' deboli''. Per l'ex pm e' poi ''incomprensibile che il Pd veda in Berlusconi un avversario e poi ci treschi insieme come e' accaduto per il Cda della Rai''. La nuova situazione, assicura Di Pietro, non cambia ruolo e strategie dell'Idv. ''A noi - dice - interessa rinnovare il paese non la logica delle convenienze. Per ora resto alle parole di Franceschini, e non vogliamo essere 'sparring partner' di nessuno. Dobbiamo offrire un'alternativa a Berlusconi e Italia dei valori si rivolge al paese reale non alle nomenklature. Siamo un'opposizione chiara e netta. Il nostro obiettivo non e' rubare voti al nostro vicino di casa bensi' fermare l'involuzione anti democratica che Berlusconi sta portando avanti''. Di Pietro, in ogni caso, non mette in dubbio l'alleanza con il Pd di Franceschini, ma avverte che ''noi non possiamo aspettare che decidano cosa fare da grandi, perche' vogliamo fermare subito il presidente del Consiglio e dobbiamo fare resistenza. Riflettano i Democratici sul perche' Idv ha tanto consenso: loro discutono di contenitori e noi prepariamo il referendum contro la legge-truffa sul testamento biologico che questo centrodestra fara' passare''.

domenica 22 febbraio 2009

PD: Vecchi leader in coma politico, ma guai a staccare la spina

IL NUOVO NON AVANZA

di Paturnio

Ancorati alla loro poltrona, tutti i leader della disfatta. E la Binetti scalpita per una improbabile "svolta a sinistra" del PD. Dove l'avrebbe vista questa "svolta" la Binetti? Ma nel discorso di Franceschini, naturalmente. Eh, sì, perchè Franceschini non ha parlato di "difesa della vita" e delle spine che "non si devono staccare". Strano destino quello del testamento biologico: se ne discute durante la crisi di quello che dovrebbe essere il maggior partito di opposizione. E in questa strenua difesa della "vita-non vita", è come se si intravedesse una difesa altrettanto forte delle persone che hanno portato al disastro il PD, ma alle quali "non si deve staccare la spina". Ma sì, manteniamoli tutti in vita fino alle europee e vediamo se si "risvegliano dal coma politico" in cui sono caduti. Il loro letargo ha fatto già tanti danni, ma uno più o uno meno, cosa volete che sia?


Parterre e strategie
E la nomenklatura si salvò «Rischio nuovismo scongiurato»


Il ruggito del popolo delle primarie non si sente. Fassino: «Valium? Ha vinto la ragione»

ROMA — «Riserveremo a Franceschini e alla nomenklatura un trattamento tipo maggiordomo di Giuliano Soria» sibila all'ingresso un bellicoso delegato di Torino. Resterà l'unico acuto, oltre a qualche strillo — «Tutti a casa!» — molto fotografato ma subito spento da un'urlataccia più forte della Finocchiaro donna d'ordine. Per il resto, la «nomenklatura» se l'è cavata. E il nuovo leader, anziché essere multato come il malcapitato mauriziano per ogni cappuccino mal riuscito (almeno secondo l'accusa), viene festeggiato con la prodiana Canzone popolare, riesumata dopo il fallimento del Mi fido di te di Jovanotti-Veltroni. Alla Fiera di Roma era attesa la mitica base in rivolta. L'irruzione della società civile nelle polverose stanze delle oligarchie. Il ruggito del popolo delle primarie, attraverso i loro rappresentanti qui convocati. Invece tutti silenziosi, miti, placidi. «Secondo me li hanno sedati» ipotizza Lucia Annunziata. In realtà il lavorio dei vecchi leader ha convinto quasi tutti che Franceschini è una necessità, per ora.

LA VERA PARTITA DOPO LE EUROPEE - Dopo le Europee si giocherà la partita, tra lui (o un altro candidato della maggioranza popolari-veltroniani-fassiniani) e Bersani, sostenuto da D'Alema e forse da Enrico Letta, se non andrà con Follini e magari Rutelli a fondare con l'Udc il nuovo partito di centro, nome provvisorio Kadima italiana. Base cloroformizzata, vertice arzillo. Fassino, di ottimo umore: «Ma quale Valium? Ha vinto la ragione». Bersani, lontano da taccuini e telecamere, si lascia andare: «Abbiamo dimostrato che ci siamo ancora. Che siamo un partito. Che noi sappiamo come fare. Le primarie adesso sarebbero state come il festival di Sanremo. O come Miss Italia. Senza piattaforme, senza un congresso, nei gazebo si sarebbe votato come a un concorso di bellezza. Faremo pure i gazebo; ma a suo tempo. Volevate deciderlo voi giornalisti il leader? Già vi vedevo: e i sondaggi, e Internet, e Facebook; quello che vuole la faccia nuova, quello che vuole il trentenne, quello che provoca "il vostro capo ideale è Fini"... Oggi a tutto questo abbiamo detto basta». All'inizio è previsto un certamen tipo Orazi e Curiazi o lotteria dei rigori: cinque oratori per Franceschini, cinque per le primarie subito. Quando parlano i sostenitori della linea ufficiale, a ogni angolo di ogni settore c'è un peone entusiasta che chiama l'applauso. I ribelli, tutti a braccia conserte. Arturo Parisi è andato dal parrucchiere, ma invano: parlerà a una sala semivuota. Gad Lerner confabula a bassa voce, ma non è cospirazione, sta raccontando agli amici che la sua barbera del Monferrato ha preso i tre bicchieri del Gambero Rosso. Poi sale sul podio a chiedere le primarie. D'Alema sorride: «Bravo, intervento ottimo, Lerner ha perfettamente ragione. I nodi da sciogliere al più presto sono quelli che dice lui: Medio Oriente, laicità... Ci sarebbe solo un dettaglio: le elezioni. Non possiamo montare i gazebo mentre ci sono da decidere le candidature e fare la campagna elettorale». Riccardo Barenghi ex direttore del manifesto lo incalza, D'Alema risponde con un buffetto: «Barenghi io non mi occupo di organizzazione. A voi non ve ne frega niente», altro buffetto, «ma noi qui abbiamo problemi seri di cui occuparci».

LA MAPPA DELLE CORRENTI - La disposizione in sala riproduce la mappa delle correnti, capi e sottocapi si siedono vicini a comporre pacchetti di mischia: a sinistra D'Alema con Bersani, Latorre e Livia Turco; più distante Minniti ormai emancipato; al centro Fassino tra Marina Sereni e Damiano; a destra Realacci, Enzo Bianco, Gentiloni e altri della Margherita; i veltroniani in giro a ricevere solidarietà; un po' defilato Letta; Rutelli ancora più distante, decima fila, in direzione dell'uscita. «Tutti a casaaa!» ci riprovano gli urlatori, D'Alema si volta a guardare, sul viso una smorfia involontaria come fissasse una mosca su un cuscino di broccato bianco. L'ex ministro Bianchi, che è qui in quota Castro, sciarpa rossa e capelli bianchi lunghi, vaga su e giù da solo, anima in pena. Si vota. Non in segreto: per alzata di tessera. Le «scrutatrici di settore», come le chiama la Finocchiaro, sono nel pallone: «Compagno siediti te ti ho già contato, amico scusa ti spiace alzare di nuovo la mano?»; Morando, che vorrebbe le primarie adesso, si lamenta: «Ma come si fa a votare così, non si capisce niente, è una presa in giro»; gli dicono di lasciar perdere, ormai è tutto deciso. Barenghi, fuori dal raggio dei buffetti di D'Alema, provoca: sempre bulgari, eh? «Magari. Questa non è la Bulgaria, questo è un suq arabo. A Roma si dice 'na caciara. Io voto segretario il primo che fa piazza pulita: noi chiusi in una saletta riservata, con ogni confort; voi fuori, via, a guardarci sulla tv a circuito chiuso. Al massimo lasciamo aperto l'audio». D'Alema finge di arrabbiarsi, in realtà pare rilassato: Veltroni non c'è più, tutti gli altri sì.


«DECIDO IO» -Il discorso di Franceschini lancia la parola-chiave «decido io», affronta i temi irrisolti della collocazione europea e del testamento biologico, suscita gli applausi più alti quando evoca con efficacia la Resistenza: la lunga notte del '43, la strage fascista nella sua Ferrara, la corrispondenza in romagnolo tra Boldrini e Zaccagnini, il comunista e il cattolico che considera il suo maestro. Marini, a pipa spenta: «La faccetta sorridente di Dario trae in inganno. Lui sembra buono. In realtà è un duro. Determinato». Fassino, ormai euforico: «Franceschini c'ha due palle così!». Davanti a Bersani si forma una processione di diessini: «Noi avremmo votato per te...». «Tranquilli: a ottobre». Poi, al cronista: «In questi giorni i quotidiani hanno trattato Franceschini in modo vergognoso. E Franceschiello di qui, e dilettante di là. Il signor nessuno, la mammoletta. Io voglio un partito che reagisca a queste vergogne. Dario ha una figlia piccola, la mia ha quindici anni: dobbiamo nasconderle i giornali?». Di Bersani hanno detto che somiglia a Ferrini, il venditore di pedalò di Quelli della Notte. «Perché no? Ferrini è simpatico, e del resto io dico sempre che Berlusconi è come i pedalò: esce solo con il bel tempo». Dicono pure che con Bersani finisce il Pd e comincia un partito socialdemocratico. «Dalle mie parti socialdemocratico è quasi un insulto. Io semmai sono stato liberale...». Chi ha dubbi li esprime a voce bassa. Lerner: «Le primarie sarebbero state un ottimo lancio per le Europee, con il Pd in prima pagina per due mesi. Ma qui ho visto gente spaventata». Vincenzo Cerami, quota Benigni, si avventura nei labirinti della politica: «Allora, oggi hanno votato Franceschini, ma la prossima volta votano Bersani? È così? Ho capito bene? O no?». L'ex ministro Bianchi parlotta da solo. Franceschini raccomanda: «Mai più interviste, gli scontri risolviamoli tra di noi, non sui giornali». Bersani: «Sia chiaro che non ho dato un'intervista». Marini: «C'era un rischio nuovismo». Un rischio che pure ieri è stato evitato.
Corriere della Sera Aldo Cazzullo22 febbraio 2009

PD: LA SATIRA SI SCATENA



Pd: la fine di un’epoca e l’inizio di una via crucis
Di Leopoldo Onorato
È finito il sogno di Walter Veltroni sulla panchina del Partito democratico. “La Nuova Stagione”, con un nome così c’era da aspettarselo che non avrebbe superato un inverno freddo e gelido come questo. Un nome più solido, “K2” ad esempio, avrebbe dato all’ex leader del Pd più garanzie. A breve si avrà il nuovo segretario. Pare comunque che Albano dovrebbe farcela su Povia, anche se quest’ultimo è sostenuto dalla Chiesa. Niente da fare per la Zanicchi, considerata troppo innovatrice. Anche se era il nome avanzato da Berlusconi. Proprio il Premier, è sembrato rattristato per le sorti capitate a Veltroni: «Mi auguro – ha detto ai microfoni di Pdl Channel – che Walter trovi la forza per venirne fuori. Continua a leggere

Vittoria Cappellacci: analisi sul dopo-Soru

Non è un giornalista, ma un lettore del Corriere della Sera che scrive alla rubrica Italians a formulare il commento più sintetico e completo sul dopo Soru. Eccolo:

Sette riflessioni dopo Soru

Caro Beppe, cari Italians,qualche riflessione dopo aver elaborato il lutto della sconfitta di Renato Soru. Primo, sono mancati i voti del Pd, in crollo verticale nell'isola. Oltre la crisi nazionale, il Pd sardo è nato male, con primarie al limite del ridicolo, ed è morto peggio, con le dimissioni di Soru e le divisioni interne.Secondo, la macchina mediatica ha funzionato alla perfezione in funzione anti-Soru. Scandalosa l'intervista del presidente del Consiglio a Studio aperto, con insulti e menzogne su Soru peraltro facilmente smentibili. Ma ancora più scandaloso il servilismo degli organi d'informazione regionali, ormai illeggibili e inguardabili.Terzo, c'è una chiara divisione coste contro interno, e nord contro sud nella geografia del voto. Non so se sia casuale, ma mi ha fatto riflettere.Quarto, gli spagnoli ci definirono «pocos, locos y mal unidos» e Marcello Fois ha scritto che siamo «nani col cuore nano», capaci di lottare solo «per mantenere lo status di nani». In giorni come questi, penso che abbiano ragione entrambi, e mi consola solo in parte sapere che a Silanus, in provincia di Nuoro, la «costante resistenziale sarda» funziona ancora (62% per Soru, per la cronaca). Quinto, la crisi economica ha pesato e il miraggio del milione dei posti di lavoro, divenuti 100 mila per esigenze di copione, ha avuto il suo effetto.Sesto, Berlusconi si è speso in questa campagna per uccidere Soru nella culla e sfoltire la lista dei papabili alla testa del Pd, siamo d'accordo.Settimo ed ultimo, in democrazia le sconfitte si accettano.Ma se Cappellacci dovesse restaurare tutti gli enti inutili cancellati da Soru, rovinare un bilancio regionale in attivo, portare più cemento sulle coste, tagliare i fondi per gli studenti, creare più industrie inquinanti e magari portare in Sardegna pure una bella centrale nucleare come anticipato dal ministro Scajola, questa vittoria sarà una sconfitta per tutti i sardi, qualunque candidato, vero o fantoccio, abbiano votato.

Francesco Longu, francesco.longu@gmail.com

PD, ELEZIONE FRANCESCHINI:TUTTE LE REAZIONI


Roma, 21 feb. (Adnkronos/Ign) - L'Assemblea del Pd ha eletto il successore di Walter Veltroni alla guida del partito: è Dario Franceschini, già vicesegretario. A stretto giro i commenti del mondo politico."Il successore di Veltroni - dichiara il presidente del gruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri - continua in una politica sbagliata dell'astio e dell'assenza di umilta'. Mini leader di transizione, verso il nulla, piu' che un segretario e' un diminutivo, come il suo nome. Durera' meno dei suoi predecessori sconfitti, come un intervallo in attesa del prossimo perdente. In bocca al lupo.
Anzi in bocca a D'Alema".Per il presidente dei deputati del Pdl Fabrizio Cicchitto, Franceschini cavalca, ''ancora una volta, le versioni piu' rozze dell'antiberlusconismo, inventandosi che c'e' una dittatura alle porte che va bloccata ad ogni costo. Allo stato, comunque, ci sembra che il Pd abbia piu' un reggente che un leader, i cui problemi e i cui avversari stanno tutti dentro il Pd''.

Sulla stessa linea il commento del ministro per l'Attuazione del programma di governo Gianfranco Rotondi. ''Il Pd e' avvitato su se stesso: anche oggi ha scelto l'antiberlusconismo come bandiera. Franceschini ha detto parole indegne su Berlusconi: povero Pd, Di Pietro se lo mangera' a morsi''.

Il presidente dei Deputati della Lega Nord Roberto Cota sostiene che ''il banco di prova per il Pd sara' il federalismo fiscale. Il Paese ha bisogno di riforme''. Ma ''negare l'esistenza della Padania, pero', non e' un buon inizio''.

Mentre il leader dell'Idv Antonio Di Pietro invita il Partito democratico ad una "opposizione intransigente al modello di governo Berlusconi, che si propone la costruzione di un'alternativa, che vede la lotta in favore delle fasce piu' deboli, perche' quello di Berlusconi e' un modello tipo sudamericano, ma di quello di un tempo". "Benedetto quel giorno in cui anche il Pd comincera' a camminare dritto", conclude.

FRANCESCHINI, ALLEANZE? PARLEREMO CON UDC E VECCHI ALLEATI - "Dovremo costruire una alleanza per vincere, parlare con l'Udc, ma anche con i nostri vecchi alleati. Il tutto pero' costruendo un programma di coesione vera in un campo di contrapposizione alla destra". Lo ha detto Dario Franceschini dal palco della nuova Fiera di Roma dove si sta svolgendo l'assemblea nazionale del Pd.

ASSEMBLEA ACCOGLIE IN SILENZIO APERTURA FRANCESCHINI A UDC - Un 'religioso' silenzio che forse suona piu' rumoroso di eventuali applausi o fischi accoglie le parole con le quali il candidato alla segreteria del Partito democratico Dario Franceschini spiega all'assemblea nazionale del Pd la necessita' che il partito si apra, oltre ai vecchi alleati, all'Udc di Casini. Il gelo scende sui quasi duemila delegati e ospiti che reagiscono in assoluto silenzio all'indicazione politica anticipata da Franceschini.

FRANCESCHINI: CHI MI APPLAUDE NON MI CHIEDA POSTI AZZERATI GOVERNO OMBRA E COORDINAMENTO, RESTA DIREZIONE - Dario Franceschini annuncia che dara' vita a nuovi organismi dirigenti, "ispirati alla collegialita' azzerando governo ombra e coordinamento". Ma dal palco dell'assemblea costituente avverte: "Non faro' nessuna trattativa con nessuno, scegliero' io e chi batte le mani adesso non venga domani a chiedere di nominare qualcuno". Rimarra' tuttavia la direzione nazionale "perche' eletta dall'assemblea costituente".
PARISI, NON AFFIDARCI A CHI CI HA PORTATO NEL PANTANO - "Non ritengo, ma lo dico con il massimo rispetto verso le persone, che possiamo ancora affidare i nostri destini politici collettivi a coloro che ci hanno condotto in questo pantano. A coloro che ha torto o ha ragione appaiono incapaci di sollecitare quella fiducia e quella speranza nel futuro senza le quali non potremo uscire dalla crisi. Per questo credo che ci voglia una nuova partenza". Lo ha detto Arturo Parisi nel suo intervento davanti all'assemblea nazionale del Pd. "Se guardiamo al nostro passato - sostiene - se proviamo a leggere nel nostro futuro, ci accorgiamo che questa nuova partenza potra' avvenire solo sotto il segno dell'ulivo". Secondo Parisi, "e' solo utile rimarcare come questo sia un momento in cui ciascuno di noi e' chiamato a interrogarsi su come riprendere la strada bruscamente interrotta. La responsabilita' pesa individualmente sulle scelte che ciascuno di noi fara'. Tanto piu' grave questa responsabilita' - conclude - perche' acuita dalla grave crisi che stiamo vivendo".

MARINI, SCELTA FRANCESCHINI NON SOLO GIUSTA MA OBBLIGATA - L'elezione di Dario Franceschini alla segreteria del Pd e' ''non solo una scelta giusta, ma obbligata''. A sostenere la scelta che l'assemblea nazionale del partito si appresta a fare e' Franco Marini, conversando coi cronisti al termine del discorso dell'attuale vice segretario del Pd. ''Oggi - spiega l'ex presidente del Senato - si elegge solo il segretario e questa, in vista delle prossime scadenze elettorali, non solo e' la strada giusta ma secondo me e' anche obbligata. I tempi sono cosi' stretti che un congresso come quello previsto dal nostro statuto, lungo, che coinvolge simpatizzanti e militanti, non poteva essere liquidato in un mese''.

PARISI, NUOVA PARTENZA SOLO NEL SEGNO DELL'ULIVO - ''Ci vuole una nuova partenza, e questa nuova partenza potra' venire solo sotto il segno dell'Ulivo''. Con queste parole Arturo Parisi conclude il suo intervento all'assemblea costituente del Pd.

BERSANI, STIAMO FACENDO LA COSA GIUSTA - "Stiamo facendo la cosa giusta. Attorno a Franceschini faremo le elezioni di giugno e poi il nostro congresso". Lo ha detto Pierluigi Bersani dopo il discorso con il quale l'attuale vicesegretario del Pd Dario Franceschini ha chiesto all'assemblea nazionale del partito, riunita alla Fiera di Roma, di eleggerlo segretario.

GUALTIERI: C'È UN CAMBIO DI LINEA, VOTO PER FRANCESCHINI - "Ho visto che c'e' un cambio di linea, mi ha convinto. Lo voto". Il 'dalemiano' Roberto Gualtieri scioglie le riserve dopo aver ascoltato il discorso all'assemblea costituente di Dario Franceschini.
"Ho apprezzato- spiega- un cambiamento di linea rispetto ad alcuni punti critici dell'impostazione veltroniana, in particolare sulla politica delle alleanze, sui rapporti con Prodi, sulla concezione del partito. Quanto ai temi etici- conclude- e' stato addirittura piu' incisivo di Veltroni".

PD: VOTO SEGRETO PER SEGRETARIO, URNE APERTE FINO ALLE 17.00 - L'assemblea nazionale del Pd votera' il segretario del partito dalle 15 fino alle 17. Il voto sara' segreto. I due candidati sono Dario Franceschini e Arturo Parisi. Dopo gli interventi dei due candidati, adesso si sta svolgendo il dibattito.
Finito il clima di tensione dei giorni scorsi, ormai tra i delegati si respira un'aria di maggiore tranquillita' dal momento che la stragrande maggioranza ha optato per la soluzione del segretario con mandato sino ad ottobre 2009, bocciando l'ipotesi di ricorrere alle primarie.

E. LETTA, FRANCESCHINI ORA SIA FORTE NELL'INTERPRETARE SUO RUOLO - Dario Franceschini deve essere ora ''forte nell'interpretare fino in fondo il suo ruolo''. E' l'invito rivolto da Enrico Letta a Dario Franceschini nel corso dell'assemblea nazionale del Pd. Quello di Franceschini, sottolinea Letta, e' ''un discorso ben impostato. Le cose che ha detto sono giuste, ora le deve applicare''.

21 febbraio 2009



DA CLANDESTINOWEB

PARISI, NON AFFIDARCI A CHI CI HA PORTATO NEL PANTANO - "Non ritengo, ma lo dico con il massimo rispetto verso le persone, che possiamo ancora affidare i nostri destini politici collettivi a coloro che ci hanno condotto in questo pantano. A coloro che ha torto o ha ragione appaiono incapaci di sollecitare quella fiducia e quella speranza nel futuro senza le quali non potremo uscire dalla crisi. Per questo credo che ci voglia una nuova partenza". Lo ha detto Arturo Parisi nel suo intervento davanti all'assemblea nazionale del Pd. "Se guardiamo al nostro passato - sostiene - se proviamo a leggere nel nostro futuro, ci accorgiamo che questa nuova partenza potra' avvenire solo sotto il segno dell'ulivo". Secondo Parisi, "e' solo utile rimarcare come questo sia un momento in cui ciascuno di noi e' chiamato a interrogarsi su come riprendere la strada bruscamente interrotta. La responsabilita' pesa individualmente sulle scelte che ciascuno di noi fara'. Tanto piu' grave questa responsabilita' - conclude - perche' acuita dalla grave crisi che stiamo vivendo".

MARINI, SCELTA FRANCESCHINI NON SOLO GIUSTA MA OBBLIGATA - L'elezione di Dario Franceschini alla segreteria del Pd e' ''non solo una scelta giusta, ma obbligata''. A sostenere la scelta che l'assemblea nazionale del partito si appresta a fare e' Franco Marini, conversando coi cronisti al termine del discorso dell'attuale vice segretario del Pd. ''Oggi - spiega l'ex presidente del Senato - si elegge solo il segretario e questa, in vista delle prossime scadenze elettorali, non solo e' la strada giusta ma secondo me e' anche obbligata. I tempi sono cosi' stretti che un congresso come quello previsto dal nostro statuto, lungo, che coinvolge simpatizzanti e militanti, non poteva essere liquidato in un mese''.

PARISI, NUOVA PARTENZA SOLO NEL SEGNO DELL'ULIVO - ''Ci vuole una nuova partenza, e questa nuova partenza potra' venire solo sotto il segno dell'Ulivo''. Con queste parole Arturo Parisi conclude il suo intervento all'assemblea costituente del Pd.

BERSANI, STIAMO FACENDO LA COSA GIUSTA - "Stiamo facendo la cosa giusta. Attorno a Franceschini faremo le elezioni di giugno e poi il nostro congresso". Lo ha detto Pierluigi Bersani dopo il discorso con il quale l'attuale vicesegretario del Pd Dario Franceschini ha chiesto all'assemblea nazionale del partito, riunita alla Fiera di Roma, di eleggerlo segretario.

GUALTIERI: C'È UN CAMBIO DI LINEA, VOTO PER FRANCESCHINI - "Ho visto che c'e' un cambio di linea, mi ha convinto. Lo voto". Il 'dalemiano' Roberto Gualtieri scioglie le riserve dopo aver ascoltato il discorso all'assemblea costituente di Dario Franceschini.
"Ho apprezzato- spiega- un cambiamento di linea rispetto ad alcuni punti critici dell'impostazione veltroniana, in particolare sulla politica delle alleanze, sui rapporti con Prodi, sulla concezione del partito. Quanto ai temi etici- conclude- e' stato addirittura piu' incisivo di Veltroni".
PD: VOTO SEGRETO PER SEGRETARIO, URNE APERTE FINO ALLE 17.00 - L'assemblea nazionale del Pd votera' il segretario del partito dalle 15 fino alle 17. Il voto sara' segreto. I due candidati sono Dario Franceschini e Arturo Parisi. Dopo gli interventi dei due candidati, adesso si sta svolgendo il dibattito.
Finito il clima di tensione dei giorni scorsi, ormai tra i delegati si respira un'aria di maggiore tranquillita' dal momento che la stragrande maggioranza ha optato per la soluzione del segretario con mandato sino ad ottobre 2009, bocciando l'ipotesi di ricorrere alle primarie.
E. LETTA, FRANCESCHINI ORA SIA FORTE NELL'INTERPRETARE SUO RUOLO - Dario Franceschini deve essere ora ''forte nell'interpretare fino in fondo il suo ruolo''. E' l'invito rivolto da Enrico Letta a Dario Franceschini nel corso dell'assemblea nazionale del Pd. Quello di Franceschini, sottolinea Letta, e' ''un discorso ben impostato. Le cose che ha detto sono giuste, ora le deve applicare''.


BINETTI: FORSE MI ASTENGO, LAICITÀ INCLUDE ANCHE LA VITA - "Non ho ancora deciso, forse potrei astenermi". Cosi' Paola Binetti sintetizza il suo orientamento di voto per il segretario del Partito democratico Dario Franceschini. Critica e' l'esponente teodem del Pd sul passaggio della relazione di Franceschini in cui il candidato segretario ribadisce l'importanza della laicita' e a proposito del testamento biologico, la liberta' di scelta per l'individuo. "Anche io- dice Binetti- credo che la laicita' sia l'unico modo per concepire la politica oggi ma la mia concezione di laicita' prevede anche i valori dei credenti, a partire dalla difesa della vita. Noi vogliamo piena cittadinanza per i nostri valori- aggiunge- e non dobbiamo sentirci in condizione di doverci giustificare".

BINETTI: FRANCESCHINI NON MI E' PIACIUTO - "Sono entrata alla Fiera di Roma con una idea in testa, ma dopo aver sentito Franceschini" l'ho cambiata. Paola Binetti, all'assemblea nazionale del Pd, non nasconde il suo malumore per quanto detto dal candidato segretario sul testamento biologico: "Non mi e' piaciuto per nulla. Oltretutto- critica la 'teodem'- ha dato una interpretazione forzata, che non condivido, della questione dell'idratazione e alimentazione come servizio alla vita".

MATTEO COLANINNO ESORTA A TIRARE FUORI LE 'P.....' - L'ASSEMBLEA NAZIONALE APPLAUDE L'INVITO DELL'IMPRENDITORE - La sorpresa e il disorientamento durano una manciata di secondi, poi scatta l'applauso convinto. L'assemblea nazionale del Pd, riunita alla Nuova Fiera di Roma, probabilmente non si aspettava l'esortazione a "tirare fuori le p..." e soprattutto che questo esplicito invito a far ricorso agli 'attributi' fosse rivolto al Partito democratico non da un semplice militante di base ma da un imprenditore come Matteo Colaninno, per di piu' ministro ombra del Pd dello Sviluppo economico. Ma la sua esortazione viene subito sottolineata positivamente con un battimani.

SORO, MAL POSTO PROBLEMA DISCONTINUITA' CON VELTRONI - ''Il problema e' mal posto, Dario ha affermato una responsabile condivisione della segreteria Veltroni e ha cercato di indicare una via di uscita ai problemi segnalati da Veltroni che con le sue dimissioni ha dato una scossa''. Il capogruppo del Pd alla Camera Antonello Soro inquadra cosi' il discorso di Dario Franceschini all'Assemblea nazionale, rispetto all'esperienza veltroniana. ''E' indubbio che - afferma Soro - si parta da alcune criticita' e Franceschini ha cercato di individuare una via di uscita'

CALIPARI: BENE FRANCESCHINI, PROSEGUE PROGETTO VELTRONI - "Bene il discorso di Dario Franceschini. Segna la piena continuita' del progetto del Partito democratico cosi' come finora delineato dalla segreteria di Walter Veltroni". Lo dichiara l'onorevole del Pd, Rosa Villecco Calipari che continua: "Ho sostenuto la candidatura di Franceschini e lo votero' convintamente. E ho trovato di grande rilevanza politica il passaggio del suo intervento in cui ha spiegato che scegliera' gli organismi dirigenti con collegialita' ma, ha precisato, che 'non fara' nessuna trattativa con nessuno'. Se terra' fede alle sue parole - conclude Villecco Calipari - riuscira' a comporre le varie anime del Pd senza dover soggiacere alle oligarchie distruttive del partito".

D'ALEMA, ABBIAMO FATTO LA SCELTA PIU' RAGIONEVOLE = 'ESIGENZA PRINCIPALE ERA DARE UNA RISPOSTA SUBITO' - Con la designazione a larghissima maggioranza di Dario Franceschini alla guida del Pd, "si e' scelta l'unica procedura ragionevole da seguire, al di la' della fondatezza delle altre proposte".
Lo ha sottolineato Massimo D'Alema a margine dell'assemblea nazionale del Pd in corso alla nuova Fiera di Roma. Primarie e congresso, dice in sostanza l'ex ministro degli Esteri, avrebbero allontanato l'obbligo di dare una risposta immediata all'emergenza che si e' creata con le dimissioni di Walter Veltroni.
"Ho apprezzato molto gli interventi di Morando, Lerner e Parisi ma la nostra esigenza era quella di dare una risposta subito al partito". Riguardo poi al discorso di 'investitura' pronunciato da Dario Franceschini, D'Alema osserva: "Mi pare che abbia mostrato in modo serio e responsabile la ragionevolezza della sua candidatura, chiamando tutte le forze del partito a reagire".

LARATTA, DA FRANCESCHINI UN DISCORSO CORAGGIOSO - "Da Dario Franceschini un discorso coraggioso". Ad affermarlo e' il deputato del PD Franco Laratta, dall'assemblea del Partito Democratico a Roma, riunita dopo le dimissioni di Walter Veltroni dalla carica di segretario. "Da lui il PD - ha aggiunto Laratta - deve aspettarsi scelte di grandissimo valore. Finisce un'epoca, Franceschini apre quella del riscatto e dell'orgoglio".

sabato 21 febbraio 2009

Assemblea PD: Franceschini eletto, tanti gli scontenti

Franceschini è il nuovo segretario. «Più spazio ai giovani»
di Cesare Buquicchio

Azzeramento del governo ombra e del coordinamento nazionale. “Silenzio stampa” per i dirigenti del Pd, ovvero mai più interviste per esprimere dissenso sulle decisioni del partito. E una nuova stagione di alleanze, dall’Udc ai partiti della sinistra. Dario Franceschini è il nuovo segretario del Partito democratico e nel suo discorso riparte da questi tre punti forti.

A consegnarli la segreteria ci sono i numeri dell’assemblea nazionale del Partito democratico chiamata a sciogliere la crisi aperta dalle dimissioni irrevocabili di Walter Veltroni. Gli stessi numeri (1.047 preferenze) che hanno scelto nettamente lui contro l’unico candidato alternativo Arturo Parisi (92 voti). Gli stessi numeri che in mattinata avevano respinto il tentativo di un gruppo di delegati di chiedere subito le primarie, di rinnovare il partito a partire dal popolo dei suoi elettori. E così, al momento della conta sono 207, circa il 16% dei votanti, quelli che vorrebbero sciogliere l’assemblea e andare al voto nei circoli e tra i gazebo.

Con Franceschini ha vinto “la responsabilità”. O meglio, è quello che ripetono tanti delegati in platea e tanti dirigenti sul palco. Tra un delegato che gioca al solitario con il suo telefono palmare, altre due che si confrontano sui progressi sciistici compiuti nella settimana bianca trascorsa a St. Moritz e i giovani democratici del Lazio che raccolgono firme per chiedere alle istituzioni europee di stanziare più fondi per la mobilità Erasmus, sono molti i delegati insoddisfatti della scelta Franceschini, per niente fiduciosi sul destino del partito, ma che, “nonostante tutto” hanno votato con la maggioranza per “senso di responsabilità”.

Il giovane Andrea Mollica da Luino, Varese, ascolta l'intervento di Fassino e scuote la testa. Sul suo maglione spicca la spilletta di Obama con la scritta "Hope" e rivendica i grandi pensatori nati nella sua città: Piero Chiara e Vittorio Sereni. «Non sapevo che fare - dice -. La tentazione di mandarli tutti a casa è stata forte, ma c'era il rischio che con le primarie si riorganizzassero i dalemiani o qualche altro gruppo molto strutturato e vincessero le primarie legittimandosi con ancora più forza. A quel punto potevamo dire definitivamente addio al rinnovamento».

Insomma, paura, responsabilità, voglia di evitare ulteriori dolorose lacerazioni, mancanza di alternative serie. Il popolo di Facebook, che aveva provato ad organizzare su Internet una linea alternativa a quella della dirigenza del partito, battuto dal popolo delle telefonate, dei capannelli, dei richiami agli anni di militanza comune.

La palla passa ora a Dario Franceschini, secondo segretario del giovane Partito Democratico. In pochi mesi dovrà fare quello che non è riuscito a fare Veltroni. Radicare il partito creando e rendendo attivi migliaia di circoli in tutta Italia. Rinnovare gli organismi dirigenti puntando sul merito, sui giovani, sugli amministratori e sui dirigenti locali. Riuscire a “sopravvivere” al turno elettorale di giugno e portare il Pd verso il congresso di ottobre. “Adesso è il momento dell’unità, di guardare al futuro” ha detto subito dopo l’elezione Franceschini. Che domani andrà a giurare sulla Costituzione a Ferrara. “Di fronte al castello Estense dove furono trucidati nel 1943 tredici cittadini innocenti farò quello che un segretario di partito non ha mai fatto. Chiederò a mio padre che ha 87 anni ed è un partigiano di portare la Costituzione e le giurerò fedeltà”. E proprio la Carta assieme all’unità sindacale saranno i valori fondanti del Pd.

“Dario è la persona giusta” ha detto Walter Veltroni con una nota d’augurio, “è la persona giusta per guidare il partito verso le nuove sfide che penso potranno vedere per il Pd quei successi che merita. A lui – ha concluso Veltroni voglio dare un abbraccio e rivolgere il più caloroso e affettuoso augurio di buon lavoro”.

Che si annuncia arduo. Ma se tutto andrà in porto potrebbe anche smentire una delle sue affermazioni di questa mattina: “Il mio lavoro finirà ad ottobre. Interpreto questo ruolo come un servizio. Non sono qui per preparare un mio futuro personale, il mio lavoro finisce ad ottobre con il congresso e le primarie”.
L'unità 21 febbraio 2009

Di Pietro: ora opposizione vera a questo governo "sudamericano"


ROMA (21 febbraio) - «Sia benedetto quel giorno che anche il Pd finirà di fare svolte e incomincerà a camminare dritto verso un'opposizione intransigente al potere di Berlusconi, che rappresenta un governo di tipo sudamericano, come quelli di una volta - dice il leader di Idv, Antonio Di Pietro - Dobbiamo andare verso la costruzione di un'alternativa per la difesa delle classi sociali più deboli e alla lotta alla criminalità, quella vera, non quella che il governo fa con le norme sulle intercettazioni, che impediscono di mettere in galera gli stupratori». Ancora a proposito di Franceschini, Di Pietro ha concluso: «Noi sappiamo che abbiamo bisogno dell'aiuto degli altri. Mentre si decidono, non possiamo stare ad aspettare, andiamo a fortificare le postazioni per fare la resistenza e difendere la democrazia».
21 febbraio 2009

PD, FRANCESCHINI APRE A UDC E L'ASSEMBLEA SI GELA

PD: ASSEMBLEA ACCOGLIE IN SILENZIO APERTURA FRANCESCHINI A UDC


Roma, 21 feb. - (Adnkronos) - Un 'religioso' silenzio che forse suona piu' rumoroso di eventuali applausi o fischi accoglie le parole con le quali il candidato alla segreteria del Partito democratico Dario Franceschini spiega all'assemblea nazionale del Pd la necessita' che il partito si apra, oltre ai vecchi alleati, all'Udc di Casini.
Il gelo scende sui quasi duemila delegati e ospiti che reagiscono in assoluto silenzio all'indicazione politica anticipata da Franceschini.

PD: PER FRANCESCHINI APPLAUSO PIU' FORTE SU AZZERAMENTO CARICHE E GOVERNO OMBRA


Roma, 21 feb. - (Adnkronos) - L'applauso piu' vigoroso il candidato alla segreteria del Partito democratico Dario Franceschini lo raccoglie, nell'assemblea nazionale del Pd, quando fa una promessa che suona come suo primo impegno concreto in caso di elezione: l'azzeramento di tutte le cariche nel partito, ad eccezione della direzione, e la cancellazione del governo ombra.
E alla platea che applaude convinta nella sua larghissima maggioranza, Franceschini lancia anche un avviso, anch'esso accolto dagli applausi dei delegati: "Scegliero' io le persone. Chi ora batte le mani, non venga dopo da me a chiedermi di nominare qualcuno".



«Se sarò eletto restero' solo fino al prossimo congresso»
Franceschini: «E' il momento della verità, dobbiamo capire i nostri errori»
Il discorso: «Azzererò il coordinamento, il governo ombra, non la direzione che è stata eletta»


Dario Franceschini (Ap)ROMA - «Questo è il momento della verità e non delle emozioni, serve chiarezza ed il momento in cui tutti insieme ci rimbocchiamo le maniche»: così il vicesegretario uscente del Pd Dario Franceschini, aprendo il suo discorso all'Assemblea nazionale del Pd subito dopo il via libera dei delegati all'elezione di un nuovo segretario. «Sono stato descritto come debole, dilettante, un signor nessuno - dice Franceschini, che è il più accreditato candidato per essere eletto alla guida del partito fino al congresso in autunno - e così mi hanno consigliato di fare un discorso ricco di calore, in grado di portare l'Assemblea all'emotività. Ma questo non è il momento delle emozioni, è il momento della verità. Dobbiamo capire i nostri errori ed avere l'orgoglio - afferma ancora Franceschini - delle cose belle». «Non posso nascondere la crisi in cui siamo, ma abbiamo costruito non solo un contenitore ma una nuova appartenenza ed è questa che crea dolore, delusioni perchè è dettata dal sentimento di essere in una casa nuova, in una casa comune. Non ci saranno crisi - ha aggiunto Franceschini - che ci possano far rinunciare all'idea che il nostro è un futuro comune».
LA CANDIDATURA - Franceschini spiega di aver accettato di candidarsi a segretario del Pd come un mandato di servizio assicurando di non avere mire personali per il futuro, e che quindi a ottobre terminerà il suo lavoro. «Io non l'ho chiesto - ha spiegato - volevo rifiutare. Ma poi sarebbe sembrata una fuga. Interpreto questo ruolo come servizio, sarà come un compito difficilissimo». Spiega che si occuperà di gestire questa delicata fase «per affrontare le europee e garantire poi lo svolgimento del congresso». Ribadisce «io non l'ho chiesto, non ho fatto patti, non ho padrini, nè protettori. Non sono qui per preparare il mio destino personale - garantisce - il mio lavoro finisce ad ottobre». Franceschini ha annunciato che convocherà al più presto la direzione «per stabilire le nuove regole».
STOP A GOVERNO-OMBRA - Se verrà eletto segretario Franceschini azzererà il governo ombra e il coordinamento nazionale: «Se mi eleggerete ricominceremo da lunedì. Azzererò il coordinamento, il governo ombra, non la direzione che è stata eletta. Metterò in piedi nuove forme di collegialità con aperture al territorio, ai sindaci, ai segretari regionali». Ma, ha avvertito, «non farò trattative con nessuno, sceglierò io. Sceglierò io e chi batte le mani adesso non venga domani a chiedere di nominare qualcuno. Sentirò gli uomini del partito ma senza coinvolgerle nella gestione del partito».
L'ATTACCO A BERLUSCONI - «Silvio Berlusconi non vuole governare, ma diventare il padrone d’Italia» ha detto ancora Franceschini. «Berlusconi ha in mente una forma moderna di autoritarismo, e ho misurato le parole. Non vuole governare il Paese, vuole diventare padrone d’Italia». Secondo Franceschini, il premier «vive come un ingombro il Parlamento e il ruolo di garanzia del presidente della Repubblica, arriva al cinismo di attaccare la Costituzione attorno al letto di un ragazza morente, al cinismo di sfruttare la paura per legalizzare le ronde, contro tutti i diritti umani». Per questo, «le nostre divisioni sono più colpevoli perchè in Europa - fa notare - solo nel nostro Paese abbiamo un presidente del Consiglio che offende la Costituzione, disprezza i principi della democrazia. Di fronte a ciò, e i riformisti alzano la voce e mettono in campo tutte le forze per difendere la Costituzione».
CORRIERE DELLA SERA 21 febbraio 2009

ASSEMBLEA PD: GLI INTERVENTI

PD: CINQUE INTERVENTI PRO FRANCESCHINI, CINQUE PER PRIMARIE
(ASCA) - Roma, 21 feb - Dieci interventi, cinque per parte, per sostenere la tesi dell'elezione subito del nuovo segretario del Pd o andare alle primarie. Cinque quelli a favore, tra cui Piero Fassino, Vasco Errani, Rosy Bindi, ed un giovane segretario di una sezione di Livorno. A favore, invece, delle primarie subito, parleranno Arturo Parisi, Franco Monaco, Gad Lerner, Paola Concia e per ultimo Enrico Morando. Le candidature invece potranno essere annunciate entro le 13.15, come ha spiegato il presidente dell'assemblea, Anna Finocchiaro.
dnp/uda/ss

PD: PARISI, ASSEMBLEA DI RATIFICA NON SUFFICIENTE. SERVONO PRIMARIE
(ASCA) - Roma, 21 feb - ''Tutto sembra gia' deciso, ma non e' queto il modo di costruire un partito: il nuovo segretario deve avere la stessa forza del segretario dimissionario. No, questa assemblea di ratifica non e' sufficiente. Non basta una riesumazione frettolosa (dell'assemblea) per dare forza al segretario''.
E' quanto ha affermato Arturo Parisi, intervenendo all'Assemblea costituente del Pd per proporre la convocazione, subito, delle primarie per eleggere il nuovo segretario del partito.
Parisi ha ribadito le sue critiche a Veltroni per le dimissioni che pure ha detto di capire ''umanamente'' vista la ''solitudine'' in cui e' stato lasciato.
''Occorre una linea politica nitida -ha detto- che ci e' stata negata dalle dimissioni di Veltroni. Questa assemblea aveva il diritto di sentirne le ragioni che sono state rese pubbliche in una conferenza stampa. E' un comportamento che umanamente capisco e non mi sento di ergermi a giudice.
Dimissioni causate dalla solitudine''. In questo senso, ha aggiunto Parisi ''mi scuso con Walter''. ''Ma in politica -ha pe'oi aggiunto Parisi- questo non puo' essere il metodo da indicare agli iscritti''.
min/uda/ss

PD: FASSINO, FRANCESCHINI SEGRETARIO VERO NON REGGENTE
(ASCA) - Roma, 21 feb - Il partito democratico ha bisogno di un segretario vero, con pieni poteri, non di un reggente. A sostenerlo e' Piero Fassino, nel suo intervento all'assemblea nazionale del Pd.
''Noi qui non eleggiamo un reggente, una figura di transizione, ma un segretario vero'', ha detto Fassino ribadendo che il nuovo leader del Pd deve poter agire ''nella pienezza dei suoi poteri''. Al partito serve ''un segretario capace di accelerare il processo di rinnovo generazionale, e io penso che se l'assemblea decide di votare Franceschini lui e', per qualita' umane e politiche, l'uomo che puo' guidarci in questa fase'', ha aggiunto l'esponente del Pd, seguito da un lungo applauso della platea di delegati. Il problema del Pd non e' stato quello di ''essere troppo partito'', ma il fatto che ''ce n'e' stato troppo poco''. Ecco perche', continua Fassino, ''noi abbiamo bisogno di una guida forte subito''.
Per l'ex segretario dei Ds solo dopo aver affrontato questa fase ''noi potremo arrivare al passaggio congressuale che culminera' nelle primarie''. Quanto alle primarie, Fassino ha spiegato il perche' del suo ''no' al ricorso alle consultazioni. ''Capisco la spinta genuina a chiedere le primarie subito, che e' poi una voglia di assumersi le responsabilita' ma le primarie non sono un esercizio plebiscitario''. Scindere le primarie dal congresso, quindi, conclude l'esponente del Pd, sarebbe ''un esercizio democratico slegato dal dibattito politico''.
dnp/uda/ss

ASSEMBLEA PD: RUTELLI SI APPELLA AL WWF


di Paturnio
Spero che il PD si liberi dei Rutelli, delle Binetti e di chi non ha ancora capito cosa dovrebbe essere il PD, nè chi dovrebbe rappresentare.Il mio è un augurio sincero.
A ROMA LA COSTITUENTE. Sul gruppo dirigente il pressing della base: subito primarie
Pd al bivio: si va alla conta in assemblea

Rutelli: «Rischiamo l'estinzione». D'Alema: «Sono per il ricambio, non aspiro a cariche»


ROMA - È il momento della verità per il Pd, dopo le dimissioni di Walter Veltroni da segretario. Un partito quasi in stato confusionale in vista dell'Assemblea nazionale di sabato a Roma dove si ritroveranno a discutere e a decidere del proprio futuro i 2.800 eletti. Ma più si avvicina l'appuntamento romano più lo scenario appare incerto. E dopo giorni di silenzio, arriva l'affondo di Massimo D'Alema a rendere ancora più incandescente il clima interno al partito, con la base che chiede «tutti a casa» e invoca «primarie subito». Anche Francesco Rutelli non risparmia critiche. Intanto, tra i big cresce il timore per un'Assemblea «ingovernabile». Si va dunque profilando l'ipotesi di aprire l'assise mettendo subito sul piatto la doppia alternativa: nuovo segretario pro tempore o congresso anticipato e primarie, lasciando alla platea di decidere quale strada. Anna Finocchiaro avrà il compito di dirigere i lavori, mentre un esponente del coordinamento dovrebbe illustrare i motivi della scelta di procedere all'elezione di un nuovo segretario. Poi, parlerà chi sostiene l'alternativa congresso. A quel punto, la parola passa all'assemblea.

LE CANDIDATURE - In campo già due candidature, Dario Franceschini appoggiato dai vertici del partito, e Arturo Parisi sostenitore della necessità di andare subito alle primarie. Ma anche i veltroniani annunciano battaglia: Stefano Ceccanti, senatore del Pd e collaboratore di Veltroni, è pronto a presentare una mozione perché si vada subito alla consultazione popolare, mentre cresce il «partito dei sindaci e dei governatori» che chiedono la convocazione in tempi brevi del congresso (e circola anche il nome di Nicola Zingaretti quale possibile terzo candidato).

D'ALEMA ALL'ATTACCO - Intanto D'Alema, in un'intervista, replica alle accuse smentendo qualsiasi complotto, ma rileva che la crisi del Pd «nasce da scelte insufficienti e confuse» e auspica che ora «si creino le condizioni per una migliore collaborazione e si possa finalmente lavorare insieme». Quanto alla guida veltroniana, per D'Alema l'errore è stato aver imboccato una «scorciatoia» incentrando tutto sul rapporto «taumaturgico tra il leader e le masse». Rutelli parla invece delle dimissioni di Veltroni come di un «colpo durissimo al progetto» del Pd il cui futuro «si gioca nei prossimi 100 giorni, o saprà dove andare o c'è l'estinzione» e annuncia che non correrà per la guida del partito, ma non rinuncerà mai a dire la sua. E spunta poi il documento Chiamparino, firmato da altri amministratori, che dice sì a Franceschini ma chiede la costruzione di un organismo straordinario che faccia leva sui segretari regionali e su una rappresentanza significativa dei territori. Da Parisi arriva invece la rievocazione di Prodi, «che segue me - assicura lo stesso Parisi - e tutta la vicenda con il cuore».
Corriere della Sera 20 febbraio 2009(ultima modifica: 21 febbraio 2009)

giovedì 19 febbraio 2009

MERIDIANA: ASTE ONLINE PER ACQUISTARE BIGLIETTI AEREI

"Su puntaeviaggi.com si possono acquistare all'asta i voli della compagnia Meridiana Eurofly"
Meridiana Eurofly ha lanciato in Italia un nuovo servizio di vendita voli basato su aste online al ribasso. È sufficiente accedere al sito puntaeviaggi.com, creare un account, selezionare il viaggio desiderato e partecipare all'asta correlata. Il costo di ogni puntata è di 0,50 euro o 1 euro; viene addebitato l'importo della puntata solo a chi, al termine dell'asta, si aggiudica poi il volo.

Al momento sono disponibili solo due i tipi di aste: a tempo e a numero chiuso. La prima indica un tempo stabilito massimo, mentre la seconda non ha una data di scadenza, ma richiede il raggiungimento di uno specifico numero di offerte.
"Il pagamento deve avvenire tramite bonifico bancario, la comunicazione di conferma aggiudicazione dell'asta conterrà le coordinate bancarie. I Crediti non possono essere usati per acquistare il prodotto in quanto la loro funzione è esclusivamente quella di ricevere il Servizio Informazioni. Il prodotto è definitivamente aggiudicato solo se entro il Periodo di Conferma (10 giorni = 240 ore dal termine dell'asta) colui che ha fatto l'offerta unica e più bassa ha confermato l'acquisto ovvero ha effettuato il pagamento del prodotto", si legge nelle FAQ del servizio.

http://www.tomshw.it/news.php?newsid=17106

RAI NOMINE CDA, DI PIETRO: L'INFORMAZIONE VERRA' AMMAZZATA

Di Pietro: ennesima spartizione della Rai

dopo le nomine del nuovo cda. butti: «non conosce la legge gasparri»
Di Pietro: ennesima spartizione della Rai
«Ognuno si è scelto un controllore e così l'informazioneè stata ammazzata. L'IdV si farà sentire in Vigilanza»

Rai, nominati i 7 membri del nuovo Cda (18 febbraio 2009)

ROMA - Ennesima spartizione della Rai, omicidio dell'informazioni. Antonio Di Pietro come d'abitudine usa parole forti. Questa volta contro le nomine del nuovo Cda Rai. Lo fa in conferenza stampa a Montecitorio, affiancato da Leoluca Orlando, Massimo Donadi, Beppe Giulietti e Pancho Pardi. «In questo governo di regime abbiamo assistito all'ennesima spartizione lottizzatoria della Rai - attacca -. Con quest'atto spartitorio l'informazione è stata ammazzata. Questo significa che quando si tratta di gestire il poltronificio, le varie forze politiche diventano un unico partito».

«SODALI DI OMBRELLONE» - «È una cosa sconcia - continua Di Pietro parlando alla trasmissione Omnibus su La7 -. Se tu mandi al Coda Rai ex parlamentari, trombati della vecchia politica, sodali di partito, se non d'ombrellone, e te li spartisci tra maggioranza e opposizione, hai fatto un inciucio di comunicazione. Se si mettono d'accordo maggioranza e opposizione, allora nel Paese l'opposizione non c'è più. Io mi sento meno opposizione e più resistente. Io non credo che in questo momento ci sia una maggioranza al governo, io credo che ci sia una dittatura in costruzione e una resistenza in azione». Per l'ex pm la nomina del Cda sarebbe dovuta avvenire «almeno dopo» la pronuncia della Consulta sulla legge Gasparri.

«CI FAREMO SENTIRE» - Di Pietro ce l'ha anche con il Pd che - nonostante il terremoto e le dimissioni di Veltroni - ha preso parte all'"occupazione" della Rai: «Ognuno ha fatto in modo di scegliersi il proprio controllore. E questo trovo che sia profondamente sbagliato. Non volevamo che la Rai fosse asservita ancora una volta alle logiche di partito. Ed è per questo che abbiamo deciso tempo fa di non prendere più parte ai lavori della commissione di Vigilanza. Non volevamo essere complici del delitto dell'informazione che si è perpetrato. Ma ora che il delitto è compiuto, torneremo a far sentire la nostra voce in commissione di Vigilanza». I due esponenti dell'Idv scelti per sedere al secondo piano di San Macuto, al posto dei capigruppo di Camera e Senato Donadi e Belisario nominati d'ufficio dai presidenti delle Camere, sono il deputato indipendente Giuseppe Giulietti e il senatore Pancho Pardi. Anche Massimo Donadi, capogruppo alla Camera, non risparmia critiche al Pd: «Veltroni la mattina lascia il partito e la politica e poi il pomeriggio nomina il suo uomo di fiducia in Rai...».
PETRUCCIOLI - «Commissione di vigilanza e nomina del Cda sono stati due sequenze di delitti seriali che proseguirà con le nomine dei direttori generali e a cascata con le nomine degli altri dirigenti» prosegue Di Pietro, che qualcosa da dire anche sulla eventuale riconferma di Claudio Petruccioli a presidente della Rai: «Non ne faccio una questione di persone, ma di metodo. Noi dell'Idv riteniamo che queste persone non debbano essere nominate in questo modo, con i partiti che scelgono i vicini di ombrellone. È il metodo che non funziona, ma per il momento non ho ancora la maggioranza relativa. Quando l'avrò mi comporterò di conseguenza».

BUTTI: «SE RESTA FUORI SI LAMENTA» - Dura la replica del Pdl alle parole del leader dell'Italia dei Valori, per bocca di Alessio Butti, capogruppo in commissione di Vigilanza: «Nello sfascio complessivo che coinvolge da mesi il centrosinistra, giunto al parossismo con la soap opera veltroniana, Di Pietro rappresenta in assoluto la parte più negativa. Non esprime concetti politici e quando ci prova lo fa con proverbi popolari, spesso poco pertinenti. Litiga con tutti e poi si lamenta se resta fuori dal gioco, ricordando al mondo intero la storiella della volpe e dell'uva. Di Pietro ignora totalmente lo spirito della legge Gasparri». E Daniele Capezzone, portavoce di Forza Italia: «L'onorevole Di Pietro si lagna. Fossi in lui, mi dedicherei piuttosto a capire come mai, nonostante questa super-esposizione televisiva, i suoi risultati elettorali restino comunque così modesti».
Corriere della Sera 19 febbraio 2009

Fallimento Hdc, rinvio a giudizio per Confalonieri e altri 17

Il giudice per l'udienza preliminare di Milano, Giovanna Verga, ha rinviato a giudizio 18 imputati, tra cui il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri, nel procedimento per il fallimento di Hdc, la società che faceva capo al sondaggista Luigi Crespi.
Lo hanno riferito oggi fonti giudiziarie, precisando che Confalonieri è accusato solo di favoreggiamento e non di bancarotta.
Nel settembre 2005, Crespi, già titolare della società di comunicazione Hdc, era finito in carcere nell'ambito dell'inchiesta per bancarotta fraudolenta sul fallimento da 35 milioni di euro della società.
Gli investigatori sospettano che siano stati distratti illecitamente fondi dai bilanci Hdc del 2001 e 2002.
Tra gli altri rinviati a giudizio dal gup milanese ci sono anche l'ex AD di Banca Popolare di Lodi, oggi Banco Popolare Gianpiero Fiorani, lo stesso Crespi, Alfredo Messina vice- presidente di Mediolanum ed Enrico Fagioli ex AD di Efibanca.

Suicidi Falliti: Si stende in una bara e si suicida ma si salva

Prova una bara, si stende e si spara, ma il suicidio perfetto fallisce: guarirà

PODGORICA (18 febbraio) – Aveva pensato a tutto, meno al fatto che il suicidio perfetto potesse non riuscire. Non voleva creare problemi a nessuno, quindi si è recato in un negozio di pompe funebri, ha scelto una bara, l'ha provata e si è sparato alla testa. Subito soccorso è stato portato in ospedale, dove le sue condizioni sono in via di miglioramento. A raccontare la macabra storia è oggi il quotidiano Vijesti (Notizie) della capitale Podgorica, secondo il quale l'aspirante suicida, a un amico che lo aveva accompagnato al negozio di bare, aveva confidato di volerla fare finita per via dei gravi problemi di famiglia. L'amico ha cercato di calmarlo, portandolo fuori per convincerlo a desistere dai propositi suicidi, senza successo. L'uomo è tornato nel negozio determinato a uccidersi. Ha scritto un biglietto di addio, si è steso nella bara e ha premuto il grilletto della sua pistola. Il proiettile però dal mento è uscito dal naso, evitando di colpire organi vitali.
Il Messaggero 18 febbraio 2009

mercoledì 18 febbraio 2009

Australia: Bimbo disperso mangiato da un coccodrillo

Australia,trovato nello stomaco animale

I resti del corpo di un bambino di cinque anni sono stati ritrovati nello stomaco di un coccodrillo nel Queensland, in Australia. Il piccolo Jeremy Doble era scomparso lo scorso 8 febbraio nei pressi di una mangrovia sommersa dall'acqua. Le piogge abbondanti sarebbero tra le cause della morte del bimbo, che è stato attaccato e divorato da un coccodrillo di 4,3 metri rimasto intrappolato in un fiume in piena.

Il coccodrillo, catturato dai veterinari, non è stato abbattuto e il rinvenimento dei resti è stato effettuato attravverso una tecnica chirurgica non letale. I genitori del bambino morto divorato dal coccodrillo hanno chiesto alle autorità di non abbatterlo e adesso l'animale verrà trasferito in uno zoo.

Mentana cerca un lavoro

di Paturnio

Mentana è più sfortunato di veltroni, infatti mentre Veltroni dopo le dimissioni può sempre vivere con lo stipendio di parlamentare, Mentana non ha altri stipendi e non ha pubblicato libri, quindi, o decide di scrivere in fretta e furia un'autobiografia dal titolo "I miei primi 18 anni (aMediaset)", oppure dovrà attendere che SKY batta un colpo. Nel sondaggio che abbiamo lanciato una settimana fa, la maggior parte delle persone pensa che , alla fine, Mentana verrà assunto da SKY, mentre una percentuale consistente era convinto che avrebbe ritirato le dimissioni, cosa che non si è verificata (nella sidebar trovate i risultati). Di seguito, l'intervista.

Votate il sondaggio sul PD e vediamo cosa verrà fuori.



LE DIMISSIONI

Mentana: "Licenziato dopo mezz'ora
E ora cerco un lavoro"

Il giornalista: "Non sono pentito. Sapevo di rischiare, ma non si può stare in chiesa a dispetto dei santi"

Testo molto piccolo Testo piccolo Testo normale Testo grande Testo molto grande

mentana (ansa) Roma, 17 febraio 2009 - Enrico Mentana non è pentito di aver rassegnato le dimissioni da direttore editoriale di Mediaset e, all’Agenzia Italia, racconta la fine del rapporto con l’azienda per la quale ha lavorato per 18 anni, dalla fondazione del Tg5 a Matrix. La rottura è definitiva, insanabile: «La mia scelta non è stata presa d’impulso - dice -. Di fronte alle mie dimissioni da direttore editoriale, sono stato licenziato. Hanno deciso di fare a meno di me in mezz’ora. Non vado dove non sono invitato».


«Ho voluto difendere un principio - dice a otto giorni dallo ‘strappo' -. Ho lavorato a Mediaset per 18 anni e in passato la rete ammiraglia ha avuto sempre un atteggiamento diverso. Quando è arrivata la notizia della morte di Eluana ho proposto una serie di alternative. Nessuna è stata accettata».


«Non si trattava di stravolgere il palinsesto, ma di tenere conto di quello che era successo. La notizia della scomparsa di Eluana - ricorda ancora - è arrivata alla fine dei telegiornali, alla fine di una giornata convulsa. La vicenda ha investito l’Italia tutta e ha provocato anche uno scontro istituzionale tra il Capo del Governo e il Presidente della Repubblica». Per Mentana l’informazione di Mediaset non poteva restare in silenzio.

Il giornalista non è d’accordo con chi sostiene che i compiti della televisione commerciale siano diversi da quelli della tv pubblica: «Si fa torto alla mia storia professionale. Cambiammo la programmazione della rete anche nel ‘92, il primo anno di vita del Tg5, in occasione della strage di Capaci. Ho preso la decisione perché volevo che fosse chiara la mia dissociazione da un modo di concepire la tv commerciale che non condivido. Si parla tanto del mio gesto, ma non di quello che lo ha provocato».


Il rapporto con Mediaset non era idilliaco da tempo: «È evidente che c’era una insoddisfazione pregressa, era una relazione ‘fortemente dialettica' come di dice. E questa volta ho deciso di mantenere il punto. Come direttore editoriale non potevo tollerare una scelta simile».


Ad Alessio Vinci, il nuovo conduttore di Matrix, Mentana invia i suoi «migliori auguri». «Ora aspetto. Conto di trovare un lavoro - conclude - per ora nessuno mi ha offerto un posto. Avendo una famiglia da mantenere spero che qualcosa si materializzi». Nessun pentimento: «Sapevo di rischiare, ma non si può stare in chiesa a dispetto dei santi».

fonte AGI

Veltroni, la sua verità

Il «day after» del segretario dimissionario

Veltroni racconta la sua verità

Conferenza stampa (in diretta su Corriere Tv) per spiegare le ragioni di una scelta


Walter Veltroni, segretario dimissionario del Pd (Infophoto)
Walter Veltroni, segretario dimissionario del Pd (Infophoto)
ROMA - Il giorno dopo le dimissioni dalla segreteria del Pd, Walter Veltroni racconta la sua verità. I suoi sedici mesi alla guida del centrosinistra, le difficoltà di tenere insieme anime e sensibilità politiche diverse che ancora forse non hanno abbandonato la logica della coalizione, tutti insieme ma ognuno per sè, per entrare nell'ottica del partito unitario. E le divisioni interne, soprattutto quelle alimentate dal fronte diessino, su cui tanto si è discusso in queste ultime ore.

«VOLTARE PAGINA» - Veltroni ha convocato la stampa a Roma per spiegare le motivazioni della sua scelta (segui la diretta su Corriere Tv a partire dalle 11). L'ex sindaco di Roma ha già anticipato che nel suo futuro c'è il lavoro da «semplice deputato», che non si metterà a guidare correnti perché non è nel suo stile. Resterà da vedere se questo sarà un addio dalla scena politica attiva. E quale sarà il futuro del Pd, se anche uno di coloro che si erano impegnati a promuoverlo, Enrico Letta, arriva a dire che «ora dobbiamo voltare pagina» perché «questo centrosinistra è finito». Intanto, per sabato è stata convocata l’assemblea costituente del Pd. All’ordine del giorno, le dimissioni del segretario Walter Veltroni e gli adempimenti statutari conseguenti.

IL RIMPIANTO - Veltroni esordisce parlando di «rimpianto», per un'idea buona ma partita troppo tardi, perché «il Pd doveva nascere già nel 1996», dopo la vittoria elettorale di Prodi. «L'idea dell'Ulivo - ha spiegato Veltoni - era la possibilità di cambiare il Paese, cosa che il governo Prodi, che al suo interno aveva due ministri che sarebbero poi diventati presidenti della Repubblica, aveva iniziato a fare. E se l'esperienza di quel governo fosse andato avanti tutto il corso della storia italiana sarebbe stato diverso». E oggi che il Partito democratico è nato, ha spiegato il leader diessino, è la «realizzazione di un sogno» perché dal dopoguerra «non c'è mai stato un ciclo veramente riformista». L'Italia, secondo Veltroni, è un po' quella da Gattopardo, una nazione che non riesce a cambiare mai nel suo assecondare vocazioni e privilegi. «E qui sta, secondo me, la sfida principale del Partito democratico, la sua vocazione maggioritaria: conquistare il consenso con una maggioranza, perché dal 1994 noi non abbiamo mai avuto la maggioranza degli italiani ma è a quella che dobbiamo puntare perché se non abbiamo una grande forza riformista, questo Paese non cambierà mai».

IL PD VINAVIL E L'EGEMONIA DI BERLUSCONI - «Non deve, il Pd, essere una sorta di Vinavil che tiene incollata qualunque cosa. E' nella società che deve essere chiara la nostra proposta - ha aggiunto Veltroni -. La destra ha vinto, il successo del Pdl per noi è difficile da capire. Berlusconi ha vinto una battaglia di egemonia nella società, perché ha avuto i mezzi e la possibilità anche di stravolgere i valori della società stessa, costruendo un sistema di disvalori contro i quali bisogna combattere con coraggio, anche quando il vento è più basso ma sapendo che se la vela è posizionata nella giusta direzione, prima o poi arriverà il vento alle spalle che spingerà in avanti». Ma il vero problema, secondo Veltroni, non è la politica di Berlusconi, bensì il fatto che questa posizione riesca a conquistare consenso.

(Continua...)

A. Sa.
Corriere della Sera 18 febbraio 2009

Giannini: "Al Pd serve un leader forte che tenga a bada gli alleati"

di di Antonella Loi

17 Febbraio 2009 - La Sardegna passa di mano: il Pdl stravince e Soru torna a casa. Un risultato elettorale, quello del centrosinistra nell'Isola, che non ha il sapore di una semplice sconfitta ma che segna l'apice di una profonda crisi del Pd. Lo si capisce già nella mattinata di martedì. Il Coordinamento riunito d'urgenza in via Sant'Andrea delle Fratte a Roma. La voce trapela in tarda mattinata: Veltroni si è dimesso. Il gruppo dirigente gli rinnova la fiducia ma lui tira dritto: "Mi dimetto per salvare il Pd". Si apre un periodo politicamente e tecnicamente molto difficile per il Partito Democratico. "E' l'epilogo di una crisi di identità che il Pd sta vivendo da mesi - spiega Massimo Giannini, vicedirettore del quotidiano La Repubblica -, che era già contenuta nelle elezioni politiche del 13 aprile dello scorso anno e che semmai si è aggravata con la doppia disfatta in Abruzzo e adesso anche in Sardegna".

Cronaca di una "morte" annunciata?
"Sì, credo fosse un risultato annunciato. Anche se quello che colpisce è la dimensione di questa sconfitta perché con la crisi economica acuta e con le prime crepe all'interno della maggioranza di governo era legittimo immaginare che il Pdl non avrebbe vinto con un margine così ampio".

Veltroni lascia, un atto dovuto?
"Veltroni esce di scena e lo fa chiamando tutti i rappresentanti del Pd all'assunzione delle proprie responsabilità, perché è vero che il primo responsabile della crisi del partito è il leader, ma è anche vero che è tutto il gruppo dirigente ad essere chiamato in causa. E quindi tenendo duro su queste dimissioni che tutto il coordinamento gli ha chiesto di ritirare chiama tutti all'assunzione di una responsabilità che deve essere necessariamente collettiva. Poi esiste un problema di chi possa assumersi la responsabilità della leadership di un partito che è appena nato e che è ancora da fare.

Ma il tempo stringe, le Europee sono dietro l'angolo.
"A questo punto la cosa assolutamente necessaria credo sia quella di arrivare alle Europee con un congresso straordinario nel quale si metta a verifica sia il progetto politico sia la leadership con un approccio moderno che richiede un partito moderno e contendibile. Se ci sono difficoltà e il congresso non si può fare allora si facciano delle primarie vere, non quelle un po' bulgare fatte in questi anni. Cioè delle consultazioni nelle quali si candidino tutti coloro che pensano di poter ambire a guidare questo processo di rinnovamento".

Ma è solo una questione di gestione o lo stesso progetto del Pd è in crisi?
"Penso che alla base della crisi del Pd ci siano stati un insime di problemi. In primis lo start up di un progetto politico così ambizioso che deve mettere insieme le vecchie culture ex democristiane ed ex comuniste in un contenitore nuovo e scollegato da quelle eredità pesanti e, sotto un certo punto di vista non riproponibili, sconta necessariamente nella prima fase delle difficoltà fisiologiche. La patologia sta nel fatto che nella definizione di questo progetto politico sono mancate secondo me scelte precise dal punto di vista dei contenuti programmatici, perché su troppe questioni il Pd ha balbettato e balbetta, dall'economia alla bioetica al fenomeno dell'immigrazione e fino al federalismo. E poi anche un'insufficiente capacità di manutenere questa leadership che effettivamente è un problema che riguarda Veltroni e che non si può risolvere dicendo sempre e solo che qualcuno ti rema contro. La forza e l'autorevolezza di un leader si misura anche con la capacità di tenere a freno le correnti interne e comunque di saperle ricondurre ad unità ogni volta che il partito è chiamato a ricomporre controversie. Cosa che finora il Pd non è riuscito a fare: il caso Englaro e il testamento biologico lo dimostrano".

Il Pd dovrà confrontarsi anche con il problema delle alleanze a cominciare dall'Idv che se da una parte aiuta, dall'altra frena la corsa dei Democratici. E poi D'Alema che ormai non fa più mistero di voler dialogare con i pariti di sinistra.
"Il problema delle alleanze è sicuramente importante. La scelta fatta da Veltroni in campagna elettorale sull'autosufficenza del Pd, penso che fosse una sceltagiusta e innovativa e quindi coerente con le scelte politiche che il Pd voleva darsi. Dove è stato l'errore? In una declinazione imperfetta di questa scelta. Perché se si sceglie di andare da soli alle elezioni si va da soli. Viceversa per ragioni legate secondo me ad un notevole tatticismo elettorale, Veltroni ha fatto un mezzo accordo con i Radicali, un mezzo accordo con Di Pietro tragliando fuori, a quel punto incomprensibilmente, tutta la sinistra radicale. E' quindi un messaggio poco chiaro, da quell'errore tutti gli altri. Quindi Di Pietro ha potuto stare in un'alleanza a geometrie variabili, un giorno si dimostrava alleato di Veltroni e l'altro lo sabotava scavalcandolo sui versanti della legalità e della giustizia. E rispetto a questa strategia di sabotaggio di Di Pietro, Veltroni non ha mai saputo contrapporre una linea di fermezza che costringesse questo alleato un po' spurio a prendere una decisione una volta per tutte: o con me o fuori. Un'alleanza pesante dunque che si dimostra nei risultati elettorali: in Abruzzo ma anche in sardegna l'Idv ha aumentato i suoi consensi a scapito del Pd. Politica delle alleanze insomma condotta male".

Il crollo in Sardegna è arrivato nonostante l'alleanza con i partiti di sinistra.
"Esatto, il tentativo unionista per recuperare lo spazio perduto si dimostra insufficiente perché soru era sostenuto anche da Rifondazione comunista e dalle altre forze di sinistra. Nonostante questo il risultato è quello che abbiamo tutti sotto gli occhi. Oggi come oggi troppo è stato perduto sul piano elettorale per poter pensare di tornare alla solita grande coalizione o "caravanserraglio", perché ormai non basta più per sconfiggere il centrodestra che ha costruito un blocco sociale, stando ai risultati che abbiamo di fronte, non scalfibile dal centrosinistra".

Nell'ultimo risultato elettorale, secondo lei, quanto ha influito la crisi del Pd e quanto invece le difficoltà di un governatore uscente?
"Su questo non sento di pronunciarmi, non ho vissuto abbastanza da vicino la campagna elettorale in Sardegna. Però c'è stato sicuramente un concorso di fattori. Anche per il fatto che Berlusconi si è speso in prima persona durante tutta la campagna elettorale: il voto da una dimensione regionale ha assunto una dimensione nazionale e politica. Quindi in questo senso sul Pd hanno sicuramente pesato le difficoltà più generali del partito. Tuttavia credo che ci sia anche una componente locale che non può essere sottaciuta e che probabilmente riguarda anche questi cinque anni del governatorato di Soru. Anche se da quello che dimostrano i voti alla lista del presidente, questi ha continuato a mantenere, parzialente, un piccolo tesoretto di consensi che nel 2004 gli consentì di battere Pili, tutti suoi e non della coalizione di centrosinistra che lo sosteneva. Tuttavia mi sembra che anche questo tesoretto si sia sensibilmente ridotto"..

Soru veniva accreditato, non ultimo dal Corriere della Sera, come papabile alla guida del Pd. E' un'ipotesi secondo lei ancora in piedi?
"Io direi proprio di no, nel senso che almeno nei paesi normali dal punto di vista politico quando un candidato perde le elezioni si fa da parte. Poi si può discutere del fatto che l'Italia non sia un paese normale da molti anni, perché molti leader politici hanno perso la partita e poi hanno continuato a restare sulla scena e in molti casi anche a vincere: Berlusconi da questo punto di vista è un fuoriclasse assoluto. Però non è solo lui, ricordiamoci anche Rutelli e lo stesso Veltroni. Mi pare che in Italia nessuno, anche in presenza di una sconfitta più o meno sonora, si rassegni ad uscire di scena e lasciare campo libero a qualcun'altro. Tuttavia credo che sarebbe quanto meno opportuno che questa abitudine predesse piede anche in Italia. E quindi, stante questo principio, io credo che se mai c'è stata una possibilità che Soru potesse ambire ad una competizione sul piano nazionale, dopo il risultato della Sardegna, credo che questa via diventi assultamente impercorribile".

© Redazione Tiscali



martedì 17 febbraio 2009

Veltroni lascia la guida del PD. Le reazioni


Dopo la sconfitta del partito alle regionali in Sardegna

Veltroni: «Mi dimetto». Pd nel caos

Verso l'assemblea costituente per la nomina del «segretario provvisorio»

ROMA - Non ci ha ripensato. Walter Veltroni nel primo pomeriggio ha confermato le dimissioni da segretario del Partito democratico presentate martedì mattina al coordinamento del partito dedicato alla sconfitta elettorale del centrosinistra in Sardegna. «Dopo una discussione di diverse ore, il segretario ha deciso di mantenere l'orientamento espresso questa mattina e di rassegnare le dimissioni da segretario nazionale del Pd», ha reso noto il portavoce del partito, Andrea Orlando. Mercoledì alle 11 in una conferenza stampa Veltroni spiegherà le ragioni delle sue dimissioni.
ADDIO - «Se per molti sono un problema, sono pronto ad andarmene per il bene del partito. Mi assumo le responsabilità mie e non solo. Basta farsi del male, mi dimetto per salvare il progetto al quale ho sempre creduto», avrebbe detto in mattinata Veltroni, raccogliendo il "no" del vertice del partito e l'invito a ripensarci. Ma nel primo pomeriggio le condizioni politiche per Veltroni non sono cambiate e l'ex sindaco di Roma ha confermato il suo addio. I vertici del Pd avevano infatti respinto in mattinata le dimissioni di Veltroni, confermandogli piena fiducia. Il leader dei democratici aveva scelto di prendersi un po' di tempo per riflettere e decidere. La riunione del coordinamento era stata aggiornata alle 15,30 proprio per concedere al segretario un momento di riflessione. Ma Veltroni non ha poi cambiato idea, nonostante la sua proposta di rimettere il mandato fosse stata respinta all'unanimità dal coordinamento del partito, durante il quale il segretario dei democratici avrebbe spiegato che il Pd sta pagando il prezzo delle divisioni e dei continui distinguo, confessando anche di aver già fatto molta fatica a gestire quest'ultima fase.
«GRAZIE»- «Possiamo essere molto grati a Veltroni per la conduzione di questi mesi», ha detto Antonello Soro, capogruppo del Pd alla Camera. «Ora il partito ha necessità dell'impegno di tutti, i passi successivi si decideranno collegialmente».

PERCORSO - Il vice segretario Dario Franceschini mercoledì alle 8,30 convocherà gli organismi dirigenti per decidere il percorso successivo alle dimissioni di Veltroni. È probabile che sarà convocata l'assemblea costituente del Pd, l'unico organismo legittimato a eleggere il nuovo segretario provvisorio del Pd (L'Unità ipotizza una «reggenza» di Franceschini), in deroga a quanto prevede lo statuto che dispone il ricorso alle primarie. Nella riunione del coordinamento c'è chi ha chiesto un passaggio formale anche in direzione nazionale. L'imperativo, spiegano fonti Pd, è comunque fare presto per non lasciare il partito troppo a lungo in una fase indeterminata e senza guida. A quanto si apprende, tra le ipotesi inizialmente circolate c'era anche quella di una gestione collegiale transitoria, idea però scartata dai più.

CONGRESSO ANTICIPATO - Nessuno dei partecipanti alla riunione della mattina, racconta chi era presente, avrebbe preso in considerazione l'ipotesi di un congresso anticipato (previsto a ottobre). Anna Finocchiaro avrebbe chiesto la convocazione della direzione, non ritenendo il coordinamento la sede politica idonea per la discussione sull'analisi del voto in Sardegna. Qualcuno dei big democratici, prima delle dimissioni di Veltroni avanzava l'ipotesi che la mossa della rinuncia fosse finalizzata a una nuova investitura per avere un rinnovato mandato così da ricalibrare la linea, far rientrare le critiche interne e ricompattare il partito. Invece secondo Ermete Realacci, ministro ombra dell'Ambiente del Pd, si va verso un congresso anticipato. Per il senatore Nicola Latorre, «il leader del Pd viene eletto con le primarie, su questo non si torna indietro. Ma per individuare la nuova leadership servirà un passaggio congressuale». Il congresso anticipato non pare abbia trovato molte adesioni tra i componenti del coordinamento, anche per problemi di tempi e di tesseramento ancora non ultimato.
DI PIETRO - «Prendiamo atto con rispetto dell'assunzione di responsabilità da parte di Veltroni. È un gesto politicamente voluto ed eticamente che gli fa onore», ha commentato Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei valori. Secondo Di Pietro ora è necessario «il rilancio di una coalizione in alternativa a Berlusconi. L'Idv più che mai deve assumere un ruolo determinante di opposizione. È il momento meno opportuno per le critiche, ma dico che chi vuole fare opposizione faccia opposizione».

Corriere della Sera 17 febbraio 2009

Veltroni conferma le dimissioni. Il segretario del Pd lascia la guida

Walter Veltroni lascia la segreteria del Partito Democratico. Le dimissioni, presentare durante la direzione nazionale del partito, sono state riconfermate dal leader al coordinamento, che è tornato a riunirsi nel pomeriggio. In un primo momento le dimissioni erano state respinte. Veltroni, che ha lasciato sulla scia della sconfitta in Sardegna, ha lamentato le divisioni interne al partito. "Se sono un problema lascio", ha detto.
Veltroni, dopo aver confermato le sue dimissioni da segretario del Pd davanti al coordinamento che è tornato a riunirsi nella sede di Sant'Andrea delle Fratte, ha anche comunicato di voler tenere mercoledì una conferenza stampa in cui illustrerà le ragioni della sua decisione. Intanto dal Pd si fa sapere che il vicesegretario Dario Franceschini proporra' gli organismi dirigenti e il percorso per affrontare il seguito dopo le dimissioni del segretario, sulla base delle regole statutarie.
Soro: "I passi successivi saranno collegiali"''Rispetto la decisione di Veltroni che considero un atto di generosita' verso il partito. Lui spieghera' le sue ragioni e il mio personale convincimento e' che il Pd deve essere molto grato a Veltroni per la sua conduzione''. Cosi' il capogruppo del Pd alla Camera Antonello Soro commenta, al termine del coordinamento del partito, le dimissioni del segretario del Pd.''Il partito - aggiunge Soro - ha necessita' di un impegno generoso da parte di tutti e i passi successivi si decideranno collegialmente''.
Realacci: "Dimissioni sbagliate""Io ritengo le dimissioni di Veltroni un atto sbagliato perche' non vedo nel Pd oggi una sintesi possibile diversa da Veltroni". Cosi', intervistato da Radio Radicale, il ministro ombra dell'ambiente Ermete Realacci interviene sulle dimissioni di Veltroni da segretario del Pd. Adesso, spiega Realacci, "corriamo il rischio di passare mesi a ragionare intorno a temi che non ci servono a ricostruire il nostro rapporto con il Paese, anche dal punto di vista elettorale". Invece "dobbiamo tornare alle ragioni fondanti del Pd, se facciamo un passo indietro c'e' il rischio che il progetto entri in crisi".
Latorre: "Serve un nuovo congresso""Per individuare la nuova leadership servira' un passaggio congressuale". Lo afferma il senatore Nicola Latorre. "Il leader del Pd viene eletto con le primarie - afferma Latorre - su questo non si torna indietro. Non potremo pero' fare contemporaneamente i gazebo per la campagna elettorale per le europee ed i gazebo per il congresso. Individueremo un percorso ed evitiamo una confusione di gazebo". Sul Pd Latorre dice che "e' un progetto politico dal quale non si potra' arretrare". Sulla collocazione del Pd nell'europarlamento, Latorre denisce "ottima" la soluzione prospettata da Franco Marini, cioe' "un gruppo autonomo che si federa al Pse". Sulle dimissioni di Veltroni Latorre dice: "Veltroni non fa finta. Conosco la sua determinazione, quando prende una decisione, la porta fino in fondo. Domani sentiremo le sue ragioni".

Sardegna, Vittoria Cappellacci: Commenti e analisi sconfitta Soru

Veltroni: "Qualcuno tra noi ha remato contro"

Augusto Minzolini, La Stampa:Insomma, Veltroni ora deve farsi due conti: continuare a resistere, sapendo che le Europee potrebbero segnare una sconfitta storica per il Pd, trasformandosi in una pietra tombale per tutte le sue ambizioni politiche, presenti e future; o giocare in anticipo, dimettendosi ora e accusando i suoi avversari di aver sabotato la sua linea politica («C’è chi dentro il partito rema contro - è stato il suo sfogo ieri sera - e questi sono i risultati»). Qualunque strada scelga, quello che non deve ripetere è l’errore che ha commesso nell’ultima settimana, quando per risollevare le sorti del Pd ha riproposto il vecchio schema della resistenza sotto l’icona di un personaggio impopolare come Oscar Luigi Scalfaro contro il Cavaliere nero che vuole attentare alla Costituzione e alla libertà del paese. Una formula trita e ritrita e inefficace (la manifestazione di giovedì scorso è stata un mezzo fallimento,) con la quale il Veltroni “disperato” di oggi ha archiviato di colpo il Veltroni “pieno di speranze” del Lingotto.

DI PIETRO, PD BATTUTO PERCHE' NE' CARNE NE' PESCE - IDV FA OPPOSIZIONE NON AMMUINA E VIENE PREMIATA - ''L'Idv sale, il Pd scende. Questo dimostra che quando si sta all'opposizione, si fa opposizione non ammuina. L'unica vera opposizione siamo noi dell'Italia dei valori. Il Pd e' stato sconfitto perche' non si sa se e' maschio o femmina, carne o pesce''. Antonio Di Pietro, all'indomani del risultato elettortale sardo, accusa il partito di Walter Veltroni e lancia per il futuro ''una coalizione alternativa con le forze politiche che ci vorranno stare, ma che guarda soprattutto alla societa' civile, senza etichette ideologiche, senza ghettizzarsi da una sola parte politica''.

L'UNITA', IL PARTITO HA TOCCATO IL FONDO -Concita De Gregorio, nell'editoriale del quotidiano parla dei "due giorni piu' bui della breve storia del Pd" e poi precisa: "delle sue oligarchie, per l'esattezza: punite con severita' assoluta da un elettorato stanco di lotte intestine e clandestine, dei giochi di potere sotterranei, eppure cosi' visibili".
De Gregorio parla di una "lotta fratricida fatta di colpi bassi e bassissimi: una guerra che mai si cura del bene comune, dell'alleanza politica, dell'interesse pubblico, delle citta' e delle regioni, delle persone che ci vivono, del Paese. Una politica dimentica di essere al servizio dei cittadini e convinta che i cittadini siano al suo servizio. Gli elettori li hanno puniti: esausti, esasperati, nauseati e in qualche caso incattiviti fino al punto di farsi del male. Ora basta, davvero. Questo ha detto il voto: ora basta, toccare il fondo a una sola cosa serve se non uccide. A risalire".


CASSON (PD): SCONFITTA PREOCCUPANTE, DOBBIAMO CAMBIARE "IL MODELLO BERLUSCONI PASSA NEL PAESE" - "E' una sconfitta netta, molto chiara, al di la' delle aspettative. Dalla Sardegna arrivano dati preoccupanti". Il senatore democratico Felice Casson spiega che "le elezioni regionali sarde hanno una valenza non solo regionale ma nazionale, di carattere politico. Anche perche' Berlusconi ha investito molto ed e' per noi ancora piu' preoccupante perche' significa che il modello Berlusconi passa nel paese. Se questo e' vero, allora, anche noi dobbiamo ragionare in modo diverso". A proposito invece della vittoria di Matteo Renzi alle primarie fiorentine, Casson dice: "Ha coniugato il volto nuovo con una positiva esperienza amministrativa. Dobbiamo prendere spunto da quella vittoria".

La Stampa: I democratici sconfitti in Sardegna,Veltroni riunisce il coordinamento Pd

E la maggioranza esalta il suo leader

ROMAVolti scurissimi stamattina nella sede nazionale del Pd dove il segretario Walter Veltroni ha riunito il coordinamento del partito per analizzare la sconfitta in Sardegna. Una sconfitta pesante sia per il risultato in sè sia perchè arriva dopo il voto in Abruzzo e in un momento di tensione interna. Il vertice del Partito analizzerà il voto e cercherà di tracciare la rotta per i prossimi mesi. Alla riunione partecipano tra gli altri Pier Luigi Bersani, Enrico Letta, Rosy Bindi, Piero Fassino e i capigruppo di Camera e Senato Antonello Soro e Anna Finocchiaro.

SPINI, ABBIAMO PERSO LA SINISTRA SENZA SFONDARE AL CENTRO - IL CANDIDATO SINDACO DI FIRENZE, ''SITUAZIONE DRAMMATICA'' - ''Abbiamo perso la sinistra senza sfondare al centro. Questo in rapida sintesi e' l'esito ad oggi dell' operazione Partito democratico, iniziatasi nel 2007 . Cosi' si presentava il risultato delle elezioni politiche del 2008 e ancor piu' drammaticamente si presenta oggi quello delle elezioni regionali in Sardegna''.
Lo afferma, in una nota, l'on. Valdo Spini, candidato a sindaco di Firenze, commentando l'ultima tornata elettorale. ''La sinistra ha perso i suoi riferimenti identitari - prosegue Spini -, certo non sufficienti in se', ma necessari per costruirvi sopra una risposta programmatica e di metodo politico convincente e adatta al momento economico e sociale in cui viviamo. I suoi elettori appaiono disorientati e divisi. Viceversa il PD non appare capace di sfondare al centro, dove anzi Berlusconi registra nuovi successi, come in Sardegna.
Speravamo di esserci sbagliati, per il bene del paese e del centrosinistra, quando avevamo ritenuto l' estinzione dei Ds del tutto prematura e la nascita del PD una 'fusione a freddo' di culture politiche troppo diverse fra loro. Purtroppo non e' cosi'''.
''Come ripartire? Non credo - prosegue Spini - che servano ne' regolamenti di conti fra gruppi dirigenti ne' frammentazioni di apparati. Ne' si puo' sognare di rimettere semplicemente all'indietro le lancette dell' orologio. Bisogna ripartire dal rapporto con le cittadine e i cittadini in un lavoro di aggregazione dal basso diretto non solo a chiedere fedelta' ai tradizionali schieramenti politici, ma una adesione a programmi e candidati ben precisi e concretamente delineati. E' quanto cerchiamo di fare noi nella realta' fiorentina, avendo scelto di non partecipare alla gara interna al PD, quanto di rivolgerci a tutte le cittadine e i cittadini che condividono i nostri obiettivi di cambiamento, nel metodo e nel merito,e di costruire insieme a loro un programma di riformismo al tempo stesso moderno e solidale. Sarebbe opportuno che il PD, sia a livello nazionale che ai vari livelli locali, non si richiudesse nella ricerca di palingenesi congressuali, ma - conclude Spini - si disponesse a un dibattito sulle ragioni della sconfitta veramente aperto a tutta l' area del centrosinistra''.

LICANDRO (PDCI), SORU PAGA CONTRADDIZIONI PD - ''Soru paga le contraddizioni del Pd'', mentre e' ''buono il dato del PdCI, che insieme al Prc, surclassa il dato dell'Arcobaleno'': e' quanto afferma Orazio Licandro, dell'ufficio di segreteria del Pdci.
''Francamente imprevedibili le dimensioni della sconfitta di Soru, che nonostante si affermi di 5 punti oltre la coalizione, paga duramente le contraddizioni del Pd. Quello che colpisce, infatti, e' il catastrofico tracollo del Pd, che perde 12 punti, e che non viene arginato dall'IdV. Davvero buono il dato del PdCI, che insieme a quello di Rifondazione, surclassa il dato complessivo dell'Arcobaleno, a dimostrazione - conclude - del fatto che a sinistra una prospettiva c'e': l'unita' dei comunisti''.

RENZI, FOLLE ALIMENTARE LE DIVISIONI - ''Alimentare le divisioni sarebbe folle''. Il giorno dopo la sconfitta di Renato Soru in Sardegna, e a due giorni dalla propria vittoria nelle primarie del centrosinistra per l'elezione a sindaco del capoluogo toscano, Matteo Renzi, ospite questa mattina di Omnibus in onda su LA7, invita all'unita'. ''Basta polemiche interne, dobbiamo tentare di tornare ad intercettare il coinvolgimento, la partecipazione dei cittadini, affinche' diventi l'unica salvezza in vista delle elezioni europee'', dice.

ILSOLE24ORE.COM > Italia

Vince la strategia mediatica di Berlusconi
di Sara Bianchi

17 febbraio 2009

Se ora il presidente della Regione Sardegna sarà Ugo Cappellacci, la competizione che si è appena disputata ha tutta l'aria di aver avuto per protagonisti Renato Soru e Silvio Berlusconi, con la vittoria schiacciante di quest'ultimo. Una vittoria che pesa sul fondatore di Tiscali e su Walter Veltroni, che nel Pd lo ha sostenuto.Una vittoria, soprattutto, che comprova, se ancora ce ne era bisogno, la potenza mediatica del presidente del Consiglio, rendendola davvero decisiva.
Oltre alle conseguenze politiche, il successo del premier lascia pensare che la sua capacità di raccogliere consensi agisca come motore proprio, indipendentemente dal candidato che Silvio Berlusconi si trova di fronte. Se nell'immaginario comune spesso i confronti politici sono stati rappresentati come una lotta tra "vecchia" e "nuova" politica, con il leader Pdl a rappresentare quest'ultima, non si può dire che questo valesse anche per la sfida in Sardegna. Il presidente uscente non ha certo un passato da politico navigato e sono note le sue prese di distanza dal Pd, tanto da condurlo a valutare la possibilità di una candidatura autonoma.
E poi quello Soru-Berlusconi è stato uno scontro tra due imprenditori, entrambi "prestati" alla politica. Con il fondatore di Tiscali che ha scontato le tensioni tra gli alleati del centrosinistra locale e ha forse pagato alcune scelte considerate "verticistiche" anche nella sua area di riferimento. Forse nemmeno Berlusconi contava su un'affermazione di queste proprozioni quando, alla vigilia del voto, aveva rifiutato ogni interpretazione dei risultati in chiave nazionale. Ora la sua vittoria fa pensare che quanto a capacità di recuperare consensi ci troviamo di fronte a un nuovo re Mida, che riesce a trasformare in oro tutto ciò che tocca. È la conferma di come il Cavaliere sappia incarnare meglio di chiunque altro la tendenza diventata metodo in questi anni: trasformare la politica in una arena, dove l'ispirazione mediatica del candidato pesa a dismisura. Tanto da agire come effetto abbagliante su tutto il resto, programmi compresi, con contenuti, idee e progetti che restano solo intravisti, in secondo piano.Renato Soru che aveva contato sull'orgoglio sardo contro "l'occupante", ne esce pesantemente sconfitto. Ha scelto di rappresentarsi con genuinità, senza camuffare il suo essere schivo, fino quasi all'antipatia. Quasi commosso nelle prime dichiarazioni a caldo, quando i risultati sono apparsi chiari, ha chiamato Cappellacci per fargli gli auguri di buon lavoro. E ora quale futuro aspetta la promessa del Pd? Soru non sembra intenzionato a rinunciare ad essere parte attiva nel centrosinistra: «Ho messo tutto in questo progetto - ha detto - mi sarebbe piaciuto essere ancora di più di aiuto e la vittoria avrebbe dato una mano in questo senso. Il Pd ha comunque un grande futuro davanti».

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