07/11/2008
DEBORAH AMERI Con Obama il rapporto tra Stati Uniti ed Europa migliorerà, ma non sarà luna di miele. Per 13 anni l’inglese Bill Emmott è stato direttore del più prestigioso magazine di attualità del mondo, l’Economist: al timone di questa macchina da un milione di copie a settimana ha approfondito i rapporti tra Unione Europea, Stati Uniti e Asia. Poche ore dopo questa conversazione, che analizza anche i futuri rapporti con il governo italiano ed il suo premier, farà il giro del mondo la battuta di Berlusconi su «Obama giovane e abbronzato». Come sarà la politica estera europea di Obama? «Per più di un anno il presidente gestirà la crisi economica che dominerà i rapporti con l’Europa. Per fortuna Usa e Ue hanno visioni e interessi comuni in questo campo. Un po’ meno in altri». Per esempio? «Sull’ Afghanistan e l’Iraq non sarà facile mediare: Obama vuole il ritiro delle truppe. Ma il presidente è un buon ascoltatore, imposterà i rapporti sul dialogo rispetto all’era Bush». E sul cambiamento climatico? «Obama lo ha a cuore e vuole che l’America sia leader anche in questo campo. Il problema ora è la posizione dell’Europa, non chiara. E quella dell’Italia non mi pare incoraggiante». Il bisogno di cambiamento degli americani potrebbe riflettersi anche in Europa? «Penso sia un fenomeno Usa circoscritto. Il momento che stanno vivendo ora gli Stati Uniti si può paragonare al ’97 in Gran Bretagna quando il Labour vinse le elezioni o al 2007 quando la Francia ha eletto presidente Sarkozy». Il premier Silvio Berlusconi che rapporto avrà con Obama? «Saranno sospettosi l’uno dell’altro. Non sono partner naturali, sono personalità molto diverse. Ma due leader sanno anche essere pragmatici all’occorrenza». Il premier italiano ha detto che potrebbe dare consigli al neo presidente. «Obama è un buon ascoltatore ma non credo avrà bisogno di suggerimenti dal vostro primo ministro. In nessun campo». Chi è l’Obama d’Europa? «Nicolas Sarkozy. Anche lui è un outsider, anche lui rappresentava un cambiamento. Anche se oggi la luna di miele con gli elettori è finita». Qual è la sfida più grande per il neo presidente Usa? «L’economia. E’ una delle principali ragioni per cui è stato eletto ed è il motivo per cui potrebbe durare per un solo mandato se fallisse». La sua prima mossa? «Riunire subito il Tesoro, senza aspettare l’insediamento, e mettere in moto manovre di salvataggio. E poi dialogare con il congresso per un nuovo pacchetto fiscale». Il fattore razza è mai stato un vero ostacolo per lui? «Forse all’inizio. Ma l’unica cosa buona che ha fatto Bush è stato aver nominato due segretari di stato di colore. In questo modo, inconsapevolmente, ha spianato la strada al primo presidente nero della storia americana».
Il Mattino 7 na
novembre 2008
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