martedì 24 novembre 2009
PATRIZIA D'ADDARIO,LE SUE MEMORIE IN UN LIBRO
le memorie della D’Addario
In «Gradisca, presidente», la versione della «escort più famosa nel mondo»
MILANO — Il mémoire della escort più famosa del mondo arriva in libre ria. Patrizia D’Addario, con la vicedi rettrice del Corriere del Mezzogiorno Maddalena Tulanti, scrive Gradisca, Presidente per raccontare i suoi 42 an ni vissuti pericolosamente e quell’uni ca notte sul lettone di Putin che l’ha consacrata oggetto di attenzione per petua. In più, assicura anche di non aver mai avuto come amanti altri poli tici: «Ho avuto il numero uno e mi è bastato».
Il filo rosso della sua storia è un’os sessione, con le misure di un terreno alla periferia di Bari che avrebbe dovu to trasformare un rustico in residence e lei in albergatrice. Intorno scorrono anni di burocrazia, un rapporto pro blematico e violento con la famiglia, l’esposizione con le banche che ha co me conseguenza il suicidio del padre, le esperienze da fotomodella e presti giatrice, l’incontro con l’uomo che la costringe a prostituirsi a suon di botte e che lei riesce a mandare in galera grazie all’ormai leggendario registra tore («solo quando ho presentato le cassette sono stata creduta»), le mi nacce, le aggressioni e «gli strani epi sodi » subiti dopo la sue prime rivela zioni.
Patrizia D’Addario attraversa il por tone di Palazzo Grazioli il 16 ottobre 2008, dopo l’interrogatorio a cui la sot topone l’imprenditore barese Gianpa olo Tarantini «perché in questo modo può presentarmi come amica». Vesti to nero, trucco leggero, familiarizza con ciò che interessa al padrone di ca sa: «Gianpi mi dà molti ragguagli inti mi sul premier, sui suoi gusti sessuali. Mi dà anche consigli, mi dice di com portarmi in un certo modo perché re sti soddisfatto. Gli piaccio no molto i preliminari». La serata con venti ragazze dal «sultano» passa tra champa gne e focaccine, ciondoli in regalo e i filmati del Cavalie re: «Siamo le donne a sua disposizione ». Dal salone, una compagnia più ristretta si sposta in camera da letto: «Si aggiungono le due lesbi che che dal fondo gli acca rezzano i piedi. 'Silvio', di cono, 'questa settimana an diamo al centro benessere? Ce lo ave vi promesso'. Lui si rivolge a me e al l’altra ragazza: 'Venite anche voi? Mas saggi, relax, noi cinque tutti insieme, ci divertiremo un mondo'». Patrizia non si ferma e va via con due cassette registrate.
La notte dell’elezione di Obama, il 4 novembre 2008, ritorna a Palazzo Gra zioli con Tarantini e altre due ragazze, rimane fino a colazione perché a un certo punto il presidente del Consi glio le dice «basta, ora mando via tut ti, voglio restare solo con te» e a Gianpi fa sapere: «Penserò io al suo progetto, la sua vita cambierà, ha già sofferto tanto». Tutto, assicura lei, re gistrato. «Non me ne importa niente che gli uomini comprino le donne — scrive — come potrei, visto che sono stata in vendita. Il premier mi ha men tito, non mi ha pagato, non erano i sol di che doveva darmi, mi aveva pro messo altro, io ho dato il mio corpo, lui niente. E questo ragionamento va le anche se — come sta spergiurando Gianpi — lui non sapeva che fossi una escort e credeva che fossi solo un’amica: conosce una ragazza in diffi coltà, la illude che può aiutarla per avere sesso in cambio, ottiene quello che vuole e dopo l’abbandona. È me glio così? Decidete voi, io un’idea ce l’ho». Il registratore resta acceso an che in camera da letto. Patrizia è sicu ra, la promessa di Berlusconi c’è: «Ti aiuterò io, manderò due persone sul cantiere, sapranno cosa fare».
La sua opinione sul caos mediatico esploso per il caso D’Addario e quella mania di registrare è semplice: «Que sto è uno strano mondo, a puttane si può andare ma bisogna nasconderlo». Chi va con una escort, sostiene, una volta che l’ha lasciata torna persona perbene, mentre le prostitute restano prostitute per sempre. Poi, «per la veri tà sembra che faccia più orrore il fatto che io abbia registrato che non ciò che ho registrato». L’ironia, Patrizia la ri serva per commentare le risposte offer te da Berlusconi a Bruno Vespa nel li bro Donne di cuori quando puntualiz za che la famosa cena era in realtà una festa organizzata dai club Forza Silvio e Meno male che Silvio c’è : « Primo, questi club devono essere formati solo da donne giovani, belle e in tubino ne ro perché io ho visto solo questo tipo di militanti. Secondo, le affiliate si la sciano accarezzare, baciare e toccare in maniera inequivocabile dal loro ca po? Se è così che si fa adesso politica, io sono molto preparata e potrei esse re un buon quadro se servisse».
Elsa Muschella
Il Corriere della SERA 24 novembre 2009
Patrizia D'Addario, esce il libro:"Gradisca, Presidente"
che ho passato con Silvio"
La copertina del libro "Gradisca Presidente"
Palazzo Grazioli raccontato nel libro di Patrizia
MATTIA FELTRI
ROMA
Patrizia D’Addario ha scritto una canzone: «Ascoltami, sono un fuoco, / non temo nulla e ottengo ciò che voglio / Adesso sono qui, come hai potuto dubitarne / quando tutto è così chiaro, quindi cerca di capire...». Il testo in inglese, con traduzione, è nelle ultime pagine del libro («Gradisca, presidente», Aliberti editore, domani in libreria) che Patrizia ha scritto con Maddalena Tulanti, responsabile dell’edizione barese del Corriere del Mezzogiorno. Il testo della canzone bisogna andarselo a leggere per farci sopra tutte le speculazioni psicologiche del caso, vederci dietro la chiave del mistero, ma tanto poi si va a finire lì, alla notte di Palazzo Grazioli.
Patrizia, che è più onesta di tanti suoi cantori, dice di sé: «Sono diventata una puttana vera, altro che escort». E’ onesta e spiattella la cronaca della notte - ma minuto per minuto - sin dall’inizio. Sono pagine e pagine, Silvio Berlusconi che gonfio d’orgoglio proietta i video degli incontri istituzionali e intanto ne bacia una, ne palpeggia un’altra. Ci sono le ragazze con la roba in vetrina. La coppia lesbica che non smette un istante l’eterno preliminare pubblico.
C’è soprattutto il dettagliare sfinente della performance, come erano vestiti, come si sono spogliati, dove e come si sono baciati, quanto a lungo il premier ha indugiato con la faccia fra le cosce di lei, questa sfida muta a chi riusciva a condurre il gioco (e lo conduce lui, e lei che è abituata al comando, sotto le coperte, ne soffre) e poi quante volte Berlusconi è culminato nel piacere, una galoppata impressionante e rallentata che lascia fiaccati alla sola lettura. E ancora Patrizia che ad ogni amplesso confessa candida di non aver provato piacere perché lui non è il suo uomo, e lui deluso che cerca di salvare la considerazione di sé, la invita a provare rapporti omosessuali per sciogliersi un poco, e ancora lei che sente l’unica vampa di calore soltanto all’indomani, all’ultimo bacio.
Poi, dopo la ricostruzione minuzia per minuzia, Patrizia dice: ecco, vi ho dato quello che volevate; adesso leggete di me. Si immagini una bambina di Bari, il padre fedifrago e violento, la madre arresa, un anno trascorso in un istituto di suore tipo Magdalene, il ritorno a casa, la fuga da sedicenne, il mondo dello spettacolo, i David Copperfield eccetera, una carrellata di divi che lei ha sempre sfiorato, mancandone le glorie di un’unghia; e quest’altra carrellata di uomini, fidanzati, amanti, tutti che le spaccano la faccia per un motivo o per l’altro, uno che spara rivoltellate in casa, un altro che la vuole fare abortire e dopo il parto vuole cedere la bimba in adozione.
E l’uomo che a randellate la inizia alla prostituzione. «Io non ho fatto che conoscere uomini uguali a mio padre, traditori e puttanieri». Una carrellata di imprenditori che promisero di rimettere in sesto il rustico acquistato dal babbo e che lei sogna di trasformare in residence, tutti furfanti, fingono di ristrutturare, sbagliano i calcoli, è tutto da buttare giù, ma intanto l’hanno raggirata per centinaia di migliaia di euro.
«Non ho amici, non ne ho mai avuti», scrive Patrizia nelle ultime pagine. Né tantomeno amiche. Le più recenti l’hanno infangata. Una l’hanno ammazzata e bruciata. Ci sono le morti - il fratello, il padre - che rabbuiano un racconto già plumbeo. Bisogna ficcarsi negli angoli per trovare un galantuomo, in questa storia. E lei che dice: «Qualcuno potrà obiettare che ho usato il mio corpo per ottenere il favore del potente. Obietti pure, io mi sento a posto con la coscienza». E’ il rifugio estremo di tutti noi.
La Stama 24 novembre 2009
domenica 19 luglio 2009
TRAVAGLIO, LIBRO: "Il carosello rosa di Papi tra harem e trenino

"PAPI, UNO SCANDALO POLITICO"
«Aveva il volto colorato da una crema autoabbronzante che gli tingeva le mani facendole sembrare unte. I tacchi erano davvero alti e in mano una busta piena di gioielli. A tutte farfalle e tartarughine, a quelle «più carine» con lui doni più consistenti.
Federica Fantozzi
Il carosello rosa di Papi Silvio, l’harem di Raifiction e Agostino «favorino» Saccà, l’evoluzione da caimano a mandrillo, la lezione di politica alle fanciulle con temperamatite mugolante, appartamenti e cascate di gardenie in regalo, stagiste e servizi segreti, Berlusconi che fa il trenino con berretto e trombetta stretto tra due sinuose modelle. C’è tutto (e del resto il premier non si è fatto mancare niente) nell’instant book «Papi. Uno scandalo politico» di Marco Lillo, Marco Travaglio e Peter Gomez che oggi alle 17 gli autori presenteranno al Democratic Party di Roma. Con rivelazioni inedite, vedi la notte a Villa Certosa di «Sandra» che al padrone di casa avrebbe voluto «spezzare un polso».
Esilarante il verbale di interrogatorio del senatore siculo-australiano Randazzo, eletto con Prodi tra gli italiani all’estero, che Berlusconi tentò (invano) di comprare per far cadere il governo. Il premier «mi raccontò la curiosa vicenda» di un piatto istoriato che Bush Senior aveva smarrito ed era finito ad un antiquario australiano da cui Berlusconi l’aveva ricomprato.
«Poi l’aveva regalato a Bush Jr, ma lui gli aveva chiesto di consegnarglielo a fine mandato» perché sennò, per le leggi americane, sarebbe divenuto proprietà dello Stato e invece voleva tenerselo. Randazzo ricevette da B la promessa di rielezione o di una delega alla Farnesina «per l’Oceania e l’Asia».
In una telefonata Giancarlo Innocenzi, membro dell’Agcom, poi assolto dall’Autority sotto il profilo deontologico per la vicenda, è preoccupato che il corteggiamento del senatore Willer Bordon (sempre nella scorsa legislatura) non vada a buon fine. «Sai, lui ora va 4 sere su 6 da Fede, Mimun lo chiama, l’ho mandato da Panorama, gli faccio fare l’intervista sul Giornale, insomma sono tutti a disposizione ma bisogna che... dobbiamo coincidere».
«Sandra», 24enne ragazza immagine campana, racconta sotto anonimato la sua prima e unica visita a Villa Certosa. Capodanno 2007. Sabina Began le offre 1500 euro per una festa privata, viaggio incluso: «Porta amiche, più ragazze ci sono meglio è».
La sistemano in una dependance: argenteria disseminata, soffitti di legno, piscina riscaldata. Pensa sia la casa di un sultano o un oligarca russo. Quando dalla porta si affaccia B, non crede ai suoi occhi: «Aveva il volto colorato da una crema autoabbronzante che gli tingeva le mani facendole sembrare unte. I tacchi erano davvero alti e in mano una busta piena di gioielli. A tutte farfalle e tartarughine, a quelle «più carine» con lui doni più consistenti.
Non solo pizza, Apicella e giro del parco sulla macchinetta elettrica. Due ore di lezione e battutine. «Tutte ridevamo per farlo contento. Diceva: ora faremo cadere Prodi». E di Fini: «Un fascistone incapace di mediare». B si trastulla con uno strano temperamatite: «Un omino di gomma con i pantaloni abbassati, infilavi la matita proprio lì, quando ruotavi il pupazzetto si lamentava e lui rideva come un matto».
Eppure, per Sandra, l’esperienza è un trauma. «Mi sono rimaste impresse tutte le ragazze, più di 50, ballavano e si strusciavano, lo baciavano e si buttavano in piscina nude... Ne ho viste di tutti i colori. Mi è venuta l’ansia: nessuno sapeva che ero lì, non potevi parlare al cellulare, la sicurezza era ovunque con i bazooka puntati addosso... Quando ha allungato le mani l’ho respinto, stavo per fratturargli un polso».
Le scene lesbo la disgustano: «Prima di andare a letto ho vomitato. Ho detto: riportatemi a casa o faccio un macello». Goodbye Papi: due mesi dopo la invitano a una festa a Cortina. È la prova d’appello. Lei declina e si rassegna: «Da quel momento addio casting, la tv è roba sua».
007 notturni.Oltre Apicella, l’unico altro uomo è il produttore Guido De Angelis. Finale con fuochi pirotecnici. Tutte scattano foto, nessuno le requisisce. Ma al mattino le immagini sono sparite dalle memorie digitali di macchinette e videofonini. O qualcuno si è intrufolato nottetempo nelle stanze o ci pensano contromisure elettroniche.
L'UNITA' 19 LUGLIO 2009
LIBRI:"PAPI, UNO SCANDALO POLITICO"
Un instant book tra donne, party e polemiche


JACOPO IACOBONI

L’ ormai celebre Capodanno del 2008 a Villa Certosa. Le telefonate con Agostino Saccà. L’annuncio di divorzio di Veronica Lario. La ricostruzione degli ultimi tre anni di vita privata e pubblica del Cavaliere, passando per il caso Noemi, la polemica sulle veline e le liste europee, l’inchiesta di Bari dalla deposizione di Patrizia D’Addario alla ricostruzione della figura di Giampaolo Tarantini. Ora sono un libro, pubblicato dallla bestia nera di Berlusconi, Marco Travaglio, assieme ai giornalisti dell’Espresso Peter Gomez e Marco Lillo.
Si chiama «Papi. Uno scandalo politico» (per Chiarelettere) e, dicono gli autori, è un instant book perché bisognava far conoscere storie che altrimenti «si conoscerebbero leggendo cinque quotidiani». Travaglio, Gomez e Lillo mettono insieme un rendiconto sistematico di storie che hanno monopolizzato il dibattito pubblico di questa estate, a partire dall’annuncio di divorzio fatto da Veronica Lario, ma con l'aggiunta di episodi meno noti, sconosciuti o, come nello stile degli autori, ri-raccontati dal flusso dell’informazione quotidiana.
Ci sono inediti come quello raccontato da una delle ospiti del party del Capodanno 2008 a Villa Certosa, che spiega di essersi ritratta durante quell’occasione in Sardegna. «La Began (Sabina, detta l’Ape Regina, nda.) mi disse che lui s’era lamentato perché ero stata "scortese, poco carina nei suoi confronti"». Racconta Travaglio «di questa ragazza abbiamo una conversazione esclusiva, l'abbiamo protetta con l'anonimato». Sostiene che il suo no fu tanto energico che a momenti rischiò di rompere un polso a Silvio.
La musica di Mariano Apicella, le ospitate di Simon Le Bon, il cantante dei Duran Duran, in completo bianco, i giri sulle macchinette elettrica a illustrare la collezione di piante di Villa Certosa, i balli e i canti con le giovani, anche una lezione di politica in cui il Cavaliere annuncia alle sue ospiti «così faremo cadere il governo Prodi». Sfilano figure variamente raccontate dalle cronache di questi mesi, da Imma Di Ninni, vincitrice del prestigioso reality "Uno, due tre... stalla!", alle gemelline Ferrera e Siria del Grande Fratello, a Camilla Ferranti, che fu al centro del caso Saccà. Naturalmente, c’è il singer Apicella, e il produttore Guido De Angelis, anche lui (ma in gioventù) cantante; di "Sandokan".
In un capitolo si ricostruisce la storia che ha al centro Antonello Zappadu, l’autore degli scatti segreti in Sardegna, poi parzialmente pubblicati da El Pais. In un altro si ripercorre la vicenda Saccà, le telefonate leggendarie con «Agostino»; sarà il Cavaliere stesso a scherzarci con le sue ospiti, una di loro narra: «Ci disse "visto che mi tocca fare per farvi lavorare?»
Travaglio prosegue una saga sul Cavaliere che è ormai un genere editoriale da oltre un milione di copie, da "Regime" a "Inciucio", "Le mille balle blu" (sempre con Gomez), fino all'ultimo "Italia anno zero" (con Vauro e Beatrice Borromeo). Con Lillo tornano episodi del "Bavaglio", scritto contro la legge sulle intercettazioni. «L’antefatto di tutto - sostiene l'autore - è tre anni fa, l'estate 2006. Con un prologo nella storia dell'annunciatrice Virginia Sanjust che registra le conversazioni con suo marito, in cui lui minaccia il Cavaliere per essere reintegrato nei servizi, e lei gli dice di non preoccuparsi, che sistemerà tutto». L’esplosione, allora, fu simboleggiata dal finto vulcano di Villa Certosa. Molto sarebbe ancora accaduto.
Autore: Marco Travaglio, Peter Gomez, Marco Lillo
Titolo: Papi. Uno scandalo politico
Edizioni: Chiarelettere
Prezzo: 15 euro
venerdì 12 giugno 2009
ELISA ALLORO, «Berlusconi? È come la Nasa»

Elisa Alloro ha scritto «Noi, le ragazze di Silvio», ribellandosi alla definizione di “ciarpame”. Ora rivela l’ebrezza siderale che si prova stando vicini al capo
Per il Magazine in edicola Enrico Mannucci
Alla prima impressione aveva pensato che la posizione fosse giusta, dal punto di vista di una donna: «Era il lancio Ansa della sera del 28 aprile. La mattina dopo, quando ho letto tutta l’intervista di Veronica Lario a Repubblica, ho cambiato idea». L’ha fatta invelenire l’espressione “ciarpame senza pudore” applicata alle candidature femminili del PdL per le europee: e non solo perchè ci poteva essere anche lei, in quelle liste. Elisa Alloro, trentatreenne reggiana, velina, show girl ma anche imprenditrice con una propria società di comunicazione d’impresa rivolta ai nuovi media, pasionaria berlusconiana con una vena di spregiudicatezza, ha allora preso carta e penna sfornando uno degli instant book più instant della storia «Noi, le ragazze di Silvio - Lettera a Veronica di una velina della politica», 100 pagine per Aliberti editore.
«In due giorni. Avevo in programma un viaggio a Gerusalemme, due settimane fa. Sono tornata la domenica notte, ho cominciato a scrivere, di pancia, martedì sera avevo finito. È un inno alle donne. Perchè ridurci a contenitori, a ornamento come fa Veronica? Scindere l’esterno da tutto quello che siamo è tipicamente maschilista. Nel libro parlo molto male della tv commerciale, credo che abbia fatto molti danni alle donne, non solo Mediaset, ovviamente. Ecco, Veronica, mi pare finisca per seguire la stessa logica».
C’era solo un’incertezza.
«La forma epistolare. Era stata la prima scelta. Dopo ci avevo ripensato. Alla fine, anche discutendo con l’editore, sono tornata lì. Ci sono dentro io con tutte le mie sfaccettature per rivolgermi a una grande donna».
Come?
«Regaliamoglielo». Alta, bionda, bella e fumatrice, Elisa, quando lavorava a Mediaset, ha conosciuto Berlusconi per un’intervista, cinque anni fa. Da allora è rimasta nel giro mondano e politico. Scrive che la donna può “concedersi il lusso di non dover necessariamente possedere una coscienza storica, dominio e ossessione della sua controparte maschile”. Si riferisce anche al senso di colpa?
«Io penso piuttosto alla responsabilità, poi, certo, anche i sensi di colpa, che gli uomini hanno molto».
Da questo punto di vista Berlusconi sembra inclinare più al lato femminile.
«Sì, forse sì».
Magari un personaggio politico dovrebbe curare la responsabilità.
«Lui a volte può sbagliare, da questo punto di vista. Ma è anche uno che non nasconde di volersi divertire. E questa è anche una delle ragioni per cui la gente lo ama».
Dalla lista delle candidate alle europee - il “ciarpame” - lei è stata smistata alle amministrative di Reggio.
«Il mio slogan è dialogo, innovazione, sviluppo. Basta col puntare il dito contro gli altri, quel che è fatto è fatto, ora andiamo avanti. Per dire, il ponte di Calatrava è uno splendido segno di identità. Lo dico anche contro il mio partito. C’è chi lo critica perché mancano le corsie di emergenza, io credo sia soprattutto perché l’hanno fatto le cooperative rosse. Reggio è bella anche grazie a chi la governa da tanti anni ».
Eppure certi ricordi reggiani non sono buoni.
«A scuola i compagni mi dicevano: “Stai zitta tu, che sei capitalista”. Io, in realtà, per sopravvivere ero super partes. E poi mio padre fa il neuropsichiatra».
A un certo punto parla dei forzisti “da 40 anni”. Un bel lapsus.
«Mi fa piacere l’abbia colto. È un errore, ma significativo. Voglio riferirmi agli apparati, ai gruppi dirigenti, anche del PdL, che hanno traversato innumerevoli esperienze politiche. Il turn over non sarà breve. Però almeno c’è un tentativo e un’intuito. Di Berlusconi. Coraggioso e da portare ancora a fondo».
Magari verrà inceppato dalla faccenda di Noemi col suo “papi”.
«Uffa, con questa storia. Quel termine l’adoperò la prima volta una velina milanista di sangue brasiliano, Renata. E da allora il vezzeggiativo si è diffuso, è diventato una specie di codice. Io, comunque, non l’adoprerei neanche sotto tortura. E poi i personaggi famosi attirano i nomignoli, le espressioni confidenziali. Ho sentito il candidato sindaco del PdL per Reggio Emilia usare per Berlusconi l’espressione “zio Silvio”».
Si ribella all’aggressione mediatica contro il premier. In una lettera a Veronica non era il caso di spendere una parola anche sul trattamento usato a lei?
«In effetti non ci ho pensato. Ho trovato talmente automatica la botta di Veronica e la risposta di Berlusconi o dei suoi amici... Perchè poi devi anche pensare alle conseguenze delle tue azioni».
Un oggetto metallico le ferma i capelli. Una matita?
«Macchè matita. È una penna d’argento di Tiffany»
Regalo di Berlusconi?
«No, me la dette il mio avvocato anni fa».
Ora va detto che Alloro è assai esuberante. Parla a raffica («L’ho imparato facendo radio. Lì non possono esserci momenti di vuoto che riempi con l’immagine, l’ascoltatore cambia canale») e viene un dubbio: se alle famose (o famigerate) festine di Silvio tutte le invitate sono come lei, dio salvi il premier! «Ma no, da Berlusconi sto parecchio zitta. Per non sbagliare. Mi piace ascoltareanche se, quando si riempie il vaso, parlo e non chiedo il permesso...». C’è una pausa e una risata. «Ma poi parla sempre lui!».
Ha anche scritto che in quel giro capitano “avventurieri”.
«Questa non gli è piaciuta molto».
Gliel’ha detto Silvio?
«No, lo immagino. L’espressione è uscita nell’articolo sul Corriere. Ma poi intendo dire che c’è tanta gente attorno a Berlusconi. Magari sprovveduti, come chi gli dice che la tal barzelletta l’ha già sentita. Ma come si fa!? Le barzellette non sono infinite ma non puoi dirgli che quella è vecchia! In ogni caso non vengano a dirmi che lui si occupa della lista degli invitati»
Ogni tanto, per Silvio, sfiora l’agiografia. “Umano, troppo umano”, “Miniera di saggezza”… Cosa ha imparato da lui?
«Moltissimo. Le dinamiche fra i potenti della terra, per esempio. Cose che normalmente ti paiono lontanissime. Ha presente Sei gradi di separazione? Ecco, se sei ricettivo, ascoltando Berlusconi capisci tante cose dei rapporti umani fra i grandi. Ti pare di cogliere i sismi geopolitica e nella sfera più privata. Come quando visiti la centrale della Nasa: anche se non sei nello spazio avverti una certa ebbrezza. E poi si impara anche dagli errori… Vicino a lui, comunque, ho sempre avuto la sensazione di stare vivendo un privilegio».
corriere della sera 09 giugno 2009(ultima modifica: 11 giugno 2009)
domenica 8 febbraio 2009
IL LAMENTO DEI POTENTI: QUANDO LAGNARSI IN PUBBLICO PREMIA

Dai politici alle showgirl, la pratica si rivela vincente. E ora diventa teoria
MILANOLa lagna paga. Ha aspetti brutali e componenti filosofiche. Può essere catartica, suicida, interessata, paranoica. È sicuramente diffusa, quotidiana, trasversale. Dal premier Silvio Berlusconi, che sulle doglianze iperboliche ha costruito la sua ascesa politica, alla bionda Lucia Nunez, esclusa da «Ballando con le stelle» («Hanno preferito salvare la Vezzali perché è famosa», si lamenta), fino alla povera Elisa Rossi, eliminata da «X Factor», per arrivare all’icona più recente della lamentazione: Daniela Martani, hostess pasionaria di Alitalia. Il suo cappio al collo le ha fruttato varie ospitate televisive e l’invito senza selezione al «Grande Fratello». Oggi la troviamo, sempre lamentosamente, incerta tra il posto fisso e il volatile mestiere di showgirl. Seguono: le lagne preventive (squadre di calcio contro arbitri) e le lagne sociali, come quella dei tassisti, capaci di bloccare ogni riforma. Ma saremmo fermi a Robert Hughes, alla «cultura del piagnisteo» che bolla gli intellettuali, lamentosi per definizione, se non fosse arrivato il saggista inglese Julian Baggini con un pamphlet, «Il potere della lagna» (Rizzoli) che distingue tra interpretazione paranoica e sfogo catartico, vittimismo e protesta costruttiva. In più, restituisce dignità alla lagna nobile, «che sta alla base di tutte le campagne per creare un mondo migliore». Dal disprezzo all’elogio. Attraverso il sito www.thecomplaintbook.com, Baggini ha raccolto le lamentele del mondo anglosassone, le ha divise per sesso, età e frequenza e tipologia, arrivando a compilare la hit parade dell’infelicità diffusa: problemi con il marito (o la moglie), aumento dei prezzi, cattiva televisione, politici corrotti, trasporti pubblici inadeguati, governanti incapaci. E le traduce nella base per una nuova etica. Ci scherza su, invece, Enrico Bertolino, comico-imprenditore-filosofo, autore del manuale «Come riuscire a lamentarsi sempre» (Sperling&Kupfer), che suggerisce le mosse corrette per fare della lagna la propria bandiera, «utilizzando gli argomenti appropriati, dal sesso ai soldi, senza tralasciare i calli». Bisogna prendere appunti «in modo da non ripetere la stessa sequenza troppe volte», annotare in un cahier de doléance «quale guaito avete usato e con chi» ed esercitarsi, sabotando con la lamentela preventiva le richieste che potrebbero infastidirci. Ma la questione è seria. Siamo passati dal brontolio inefficace, dalla lagna storica, «femminile, meridionale e senile - sostiene il sociologo Enrico Finzi - a una lagna evoluta, tipica degli uomini e dei potenti, manager, pubblicitari, imprenditori. Gente che ha mandato a picco le aziende piagnucola per il tetto allo stipendio o la perdita del bonus. Il modello è televisivo: “Il Grande Fratello”, “L’isola dei famosi”, “Amici”, il common people che diventa protagonista usando la chiave del vittimismo. La hostess dell’ex Alitalia che gira da una trasmissione all’altra come una perseguitata politica… E anche quando la lamentela si trasforma in protesta con qualche ragione, la rappresentazione prevale sugli interessi reali». Finzi ha nel cassetto una ricerca sui piccoli problemi della vita quotidiana: liti condominiali, vicini rumorosi, banalità che peggiorano l’esistenza. Bene, tra i silenziosi (quelli che inghiottono) ci sono più casi di depressione e violenza improvvisa, fino all’omicidio, mentre i «civili maturi» che protestano (un 20 per cento), ma anche i «borbottanti», sputano il malumore e stanno meglio degli altri. Così, pur essendo l’Italia cinquantunesima nella mappa della felicità (persino dopo il Buthan), nota Bertolino che «arriviamo a ottant’anni sotto un sole caldo e mangiamo divinamente bene». Sempre lamentandoci. Per chi volesse cominciare, basta andare su http://www.lamentationline.it/.