Elogio della lagna
Il piagnisteo ha subito un'evoluzione: non si lamentano gli emarginati, ma i potenti.
Dai politici alle showgirl, la pratica si rivela vincente. E ora diventa teoria
Dai politici alle showgirl, la pratica si rivela vincente. E ora diventa teoria
ROSELINA SALEMI
MILANOLa lagna paga. Ha aspetti brutali e componenti filosofiche. Può essere catartica, suicida, interessata, paranoica. È sicuramente diffusa, quotidiana, trasversale. Dal premier Silvio Berlusconi, che sulle doglianze iperboliche ha costruito la sua ascesa politica, alla bionda Lucia Nunez, esclusa da «Ballando con le stelle» («Hanno preferito salvare la Vezzali perché è famosa», si lamenta), fino alla povera Elisa Rossi, eliminata da «X Factor», per arrivare all’icona più recente della lamentazione: Daniela Martani, hostess pasionaria di Alitalia. Il suo cappio al collo le ha fruttato varie ospitate televisive e l’invito senza selezione al «Grande Fratello». Oggi la troviamo, sempre lamentosamente, incerta tra il posto fisso e il volatile mestiere di showgirl. Seguono: le lagne preventive (squadre di calcio contro arbitri) e le lagne sociali, come quella dei tassisti, capaci di bloccare ogni riforma. Ma saremmo fermi a Robert Hughes, alla «cultura del piagnisteo» che bolla gli intellettuali, lamentosi per definizione, se non fosse arrivato il saggista inglese Julian Baggini con un pamphlet, «Il potere della lagna» (Rizzoli) che distingue tra interpretazione paranoica e sfogo catartico, vittimismo e protesta costruttiva. In più, restituisce dignità alla lagna nobile, «che sta alla base di tutte le campagne per creare un mondo migliore». Dal disprezzo all’elogio. Attraverso il sito www.thecomplaintbook.com, Baggini ha raccolto le lamentele del mondo anglosassone, le ha divise per sesso, età e frequenza e tipologia, arrivando a compilare la hit parade dell’infelicità diffusa: problemi con il marito (o la moglie), aumento dei prezzi, cattiva televisione, politici corrotti, trasporti pubblici inadeguati, governanti incapaci. E le traduce nella base per una nuova etica. Ci scherza su, invece, Enrico Bertolino, comico-imprenditore-filosofo, autore del manuale «Come riuscire a lamentarsi sempre» (Sperling&Kupfer), che suggerisce le mosse corrette per fare della lagna la propria bandiera, «utilizzando gli argomenti appropriati, dal sesso ai soldi, senza tralasciare i calli». Bisogna prendere appunti «in modo da non ripetere la stessa sequenza troppe volte», annotare in un cahier de doléance «quale guaito avete usato e con chi» ed esercitarsi, sabotando con la lamentela preventiva le richieste che potrebbero infastidirci. Ma la questione è seria. Siamo passati dal brontolio inefficace, dalla lagna storica, «femminile, meridionale e senile - sostiene il sociologo Enrico Finzi - a una lagna evoluta, tipica degli uomini e dei potenti, manager, pubblicitari, imprenditori. Gente che ha mandato a picco le aziende piagnucola per il tetto allo stipendio o la perdita del bonus. Il modello è televisivo: “Il Grande Fratello”, “L’isola dei famosi”, “Amici”, il common people che diventa protagonista usando la chiave del vittimismo. La hostess dell’ex Alitalia che gira da una trasmissione all’altra come una perseguitata politica… E anche quando la lamentela si trasforma in protesta con qualche ragione, la rappresentazione prevale sugli interessi reali». Finzi ha nel cassetto una ricerca sui piccoli problemi della vita quotidiana: liti condominiali, vicini rumorosi, banalità che peggiorano l’esistenza. Bene, tra i silenziosi (quelli che inghiottono) ci sono più casi di depressione e violenza improvvisa, fino all’omicidio, mentre i «civili maturi» che protestano (un 20 per cento), ma anche i «borbottanti», sputano il malumore e stanno meglio degli altri. Così, pur essendo l’Italia cinquantunesima nella mappa della felicità (persino dopo il Buthan), nota Bertolino che «arriviamo a ottant’anni sotto un sole caldo e mangiamo divinamente bene». Sempre lamentandoci. Per chi volesse cominciare, basta andare su http://www.lamentationline.it/.
MILANOLa lagna paga. Ha aspetti brutali e componenti filosofiche. Può essere catartica, suicida, interessata, paranoica. È sicuramente diffusa, quotidiana, trasversale. Dal premier Silvio Berlusconi, che sulle doglianze iperboliche ha costruito la sua ascesa politica, alla bionda Lucia Nunez, esclusa da «Ballando con le stelle» («Hanno preferito salvare la Vezzali perché è famosa», si lamenta), fino alla povera Elisa Rossi, eliminata da «X Factor», per arrivare all’icona più recente della lamentazione: Daniela Martani, hostess pasionaria di Alitalia. Il suo cappio al collo le ha fruttato varie ospitate televisive e l’invito senza selezione al «Grande Fratello». Oggi la troviamo, sempre lamentosamente, incerta tra il posto fisso e il volatile mestiere di showgirl. Seguono: le lagne preventive (squadre di calcio contro arbitri) e le lagne sociali, come quella dei tassisti, capaci di bloccare ogni riforma. Ma saremmo fermi a Robert Hughes, alla «cultura del piagnisteo» che bolla gli intellettuali, lamentosi per definizione, se non fosse arrivato il saggista inglese Julian Baggini con un pamphlet, «Il potere della lagna» (Rizzoli) che distingue tra interpretazione paranoica e sfogo catartico, vittimismo e protesta costruttiva. In più, restituisce dignità alla lagna nobile, «che sta alla base di tutte le campagne per creare un mondo migliore». Dal disprezzo all’elogio. Attraverso il sito www.thecomplaintbook.com, Baggini ha raccolto le lamentele del mondo anglosassone, le ha divise per sesso, età e frequenza e tipologia, arrivando a compilare la hit parade dell’infelicità diffusa: problemi con il marito (o la moglie), aumento dei prezzi, cattiva televisione, politici corrotti, trasporti pubblici inadeguati, governanti incapaci. E le traduce nella base per una nuova etica. Ci scherza su, invece, Enrico Bertolino, comico-imprenditore-filosofo, autore del manuale «Come riuscire a lamentarsi sempre» (Sperling&Kupfer), che suggerisce le mosse corrette per fare della lagna la propria bandiera, «utilizzando gli argomenti appropriati, dal sesso ai soldi, senza tralasciare i calli». Bisogna prendere appunti «in modo da non ripetere la stessa sequenza troppe volte», annotare in un cahier de doléance «quale guaito avete usato e con chi» ed esercitarsi, sabotando con la lamentela preventiva le richieste che potrebbero infastidirci. Ma la questione è seria. Siamo passati dal brontolio inefficace, dalla lagna storica, «femminile, meridionale e senile - sostiene il sociologo Enrico Finzi - a una lagna evoluta, tipica degli uomini e dei potenti, manager, pubblicitari, imprenditori. Gente che ha mandato a picco le aziende piagnucola per il tetto allo stipendio o la perdita del bonus. Il modello è televisivo: “Il Grande Fratello”, “L’isola dei famosi”, “Amici”, il common people che diventa protagonista usando la chiave del vittimismo. La hostess dell’ex Alitalia che gira da una trasmissione all’altra come una perseguitata politica… E anche quando la lamentela si trasforma in protesta con qualche ragione, la rappresentazione prevale sugli interessi reali». Finzi ha nel cassetto una ricerca sui piccoli problemi della vita quotidiana: liti condominiali, vicini rumorosi, banalità che peggiorano l’esistenza. Bene, tra i silenziosi (quelli che inghiottono) ci sono più casi di depressione e violenza improvvisa, fino all’omicidio, mentre i «civili maturi» che protestano (un 20 per cento), ma anche i «borbottanti», sputano il malumore e stanno meglio degli altri. Così, pur essendo l’Italia cinquantunesima nella mappa della felicità (persino dopo il Buthan), nota Bertolino che «arriviamo a ottant’anni sotto un sole caldo e mangiamo divinamente bene». Sempre lamentandoci. Per chi volesse cominciare, basta andare su http://www.lamentationline.it/.
LA STAMPA 8 FEBBRAIO 2009
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