martedì 24 novembre 2009

Patrizia D'Addario, esce il libro:"Gradisca, Presidente"

D'Addario: "Vi racconto la notte
che ho passato con Silvio"

La copertina del libro "Gradisca Presidente"


Palazzo Grazioli raccontato nel libro di Patrizia
MATTIA FELTRI
ROMA
Patrizia D’Addario ha scritto una canzone: «Ascoltami, sono un fuoco, / non temo nulla e ottengo ciò che voglio / Adesso sono qui, come hai potuto dubitarne / quando tutto è così chiaro, quindi cerca di capire...». Il testo in inglese, con traduzione, è nelle ultime pagine del libro («Gradisca, presidente», Aliberti editore, domani in libreria) che Patrizia ha scritto con Maddalena Tulanti, responsabile dell’edizione barese del Corriere del Mezzogiorno. Il testo della canzone bisogna andarselo a leggere per farci sopra tutte le speculazioni psicologiche del caso, vederci dietro la chiave del mistero, ma tanto poi si va a finire lì, alla notte di Palazzo Grazioli.

Patrizia, che è più onesta di tanti suoi cantori, dice di sé: «Sono diventata una puttana vera, altro che escort». E’ onesta e spiattella la cronaca della notte - ma minuto per minuto - sin dall’inizio. Sono pagine e pagine, Silvio Berlusconi che gonfio d’orgoglio proietta i video degli incontri istituzionali e intanto ne bacia una, ne palpeggia un’altra. Ci sono le ragazze con la roba in vetrina. La coppia lesbica che non smette un istante l’eterno preliminare pubblico.

C’è soprattutto il dettagliare sfinente della performance, come erano vestiti, come si sono spogliati, dove e come si sono baciati, quanto a lungo il premier ha indugiato con la faccia fra le cosce di lei, questa sfida muta a chi riusciva a condurre il gioco (e lo conduce lui, e lei che è abituata al comando, sotto le coperte, ne soffre) e poi quante volte Berlusconi è culminato nel piacere, una galoppata impressionante e rallentata che lascia fiaccati alla sola lettura. E ancora Patrizia che ad ogni amplesso confessa candida di non aver provato piacere perché lui non è il suo uomo, e lui deluso che cerca di salvare la considerazione di sé, la invita a provare rapporti omosessuali per sciogliersi un poco, e ancora lei che sente l’unica vampa di calore soltanto all’indomani, all’ultimo bacio.

Poi, dopo la ricostruzione minuzia per minuzia, Patrizia dice: ecco, vi ho dato quello che volevate; adesso leggete di me. Si immagini una bambina di Bari, il padre fedifrago e violento, la madre arresa, un anno trascorso in un istituto di suore tipo Magdalene, il ritorno a casa, la fuga da sedicenne, il mondo dello spettacolo, i David Copperfield eccetera, una carrellata di divi che lei ha sempre sfiorato, mancandone le glorie di un’unghia; e quest’altra carrellata di uomini, fidanzati, amanti, tutti che le spaccano la faccia per un motivo o per l’altro, uno che spara rivoltellate in casa, un altro che la vuole fare abortire e dopo il parto vuole cedere la bimba in adozione.

E l’uomo che a randellate la inizia alla prostituzione. «Io non ho fatto che conoscere uomini uguali a mio padre, traditori e puttanieri». Una carrellata di imprenditori che promisero di rimettere in sesto il rustico acquistato dal babbo e che lei sogna di trasformare in residence, tutti furfanti, fingono di ristrutturare, sbagliano i calcoli, è tutto da buttare giù, ma intanto l’hanno raggirata per centinaia di migliaia di euro.

«Non ho amici, non ne ho mai avuti», scrive Patrizia nelle ultime pagine. Né tantomeno amiche. Le più recenti l’hanno infangata. Una l’hanno ammazzata e bruciata. Ci sono le morti - il fratello, il padre - che rabbuiano un racconto già plumbeo. Bisogna ficcarsi negli angoli per trovare un galantuomo, in questa storia. E lei che dice: «Qualcuno potrà obiettare che ho usato il mio corpo per ottenere il favore del potente. Obietti pure, io mi sento a posto con la coscienza». E’ il rifugio estremo di tutti noi.
La Stama 24 novembre 2009

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