Uno studio di università inglesi e americane ha esaminato oltre 2 milioni di casi
Con la mezza età si tocca il picco della depressione, che si risolleva in seguito. Ma le cause restano misteriose
Andrew Oswald, uno dei due coordinatori della ricerca (warwick.ac.uk)ROMA - Se la vita comincia 40 anni, c'è poco da stare allegri. Indipendentemente dal tipo di vita che si conduce, la felicità rischia infatti di appannarsi proprio in prossimità della quarantesima candelina. La speranza è però anche qui l'ultima a morire e i lumi del benessere mentale si riaccendono poi passata la fase critica della mezza età. È questa, in sintesi, la conclusione di uno studio, unico nel suo genere, che ha coinvolto due milioni di persone di 80 paesi del mondo, condotto da Andrew Oswald dell'Università inglese diWarwick e David Blanchflower del Dartmouth College in USA.
LA FELICITA' HA LA FORMA DI UNA U - La forma della felicità, rivelano gli esperti sulla rivista di sociologia più citata al mondo "Social Science e Medicine", è dunque quella di una "U": ha un picco positivo in giovane età, poi cala fino a un minimo intorno ai 40 anni, per riprendersi in età avanzata. L'effetto contrario si ha per la depressione, che avrebbe il suo picco massimo proprio intorno ai 40 anni.
LE CAUSE RESTANO MISTERIOSE - Gli esperti hanno raccolto una mole enorme di dati a livello mondiale, Italia compresa, per esaminare se vi fosse l'esistenza di un trend comune a tutte le persone, indipendentemente da origine geografica e stato economico-sociale: «Alcune persone soffrono più di altre ma l'effetto accomuna tutti - ha dichiarato Oswald - single e sposati, uomini e donne, ricchi e poveri, con o senza figli; nessuno sa perché questo dato appare così costante». È possibile, ha aggiunto Oswald, che superati i 40 anni le persone acquisiscano quella maturità che le rende capaci di accettarsi per quel che sono, coi loro punti di forza e debolezze e che dicano addio così una volta per tutte a tante aspirazioni irrealizzabili. «Qualcosa avviene di misteriosamente profondo dentro di noi - conclude Oswald - e solo dopo i 50 le persone cominciano a riemergere da questo periodo "cupo"».
Corriere della Sera 30 gennaio 2008
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