sabato 31 gennaio 2009

No dal Molin: Appello a Obama per bloccare i lavori

31/1/2009 (7:57) - REPORTAGE
"Obama blocchi la base
o qui sarà battaglia"



Partono i lavori al “Dal Molin”. Gli oppositori: non li lasceremo fare
SUSANNA MARZOLLA
Pensano davvero che rimarremo zitti e buoni? Che riprendono i lavori e noi li lasciamo fare? Non abbiamo mai smesso la mobilitazione e adesso, finita la strada dei ricorsi amministrativi, la lotta ricomincia. Lunedì una fiaccolata e poi vediamo. Una cosa è sicura: i vicentini non si arrendono». Francesco Pavin, in testa il berrettino di lana con la scritta «No dal Molin», è uno dei giovani del «Presidio permanente» che da due anni controlla giorno per giorno cosa succede nell’area del vecchio aeroclub vicentino, destinata ad ospitare l’allargamento della base americana: 320 mila metri quadri di residenze per 1800 militari. Un progetto del valore di 325 milioni di dollari, appaltato alle società Cmc e Ccc. Piccolo particolare: entrambe fanno parte della Lega cooperative. Altro piccolo particolare: il commissario straordinario che sovrintende alla realizzazione dell’opera - quello che Pavin definisce «il nostro avversario numero uno» - è Paolo Costa, ex sindaco di Venezia, parlamentare europeo. Del pd, come del pd è Achille Variati, il sindaco della città che proprio sull’opposizione alla base l’anno scorso ha vinto le elezioni, rendendo Vicenza un’enclave di centro-sinistra in quel «Veneto bianco» passato sotto le bandiere berlusconian-leghiste. Insomma a due anni dalle grandi manifestazioni - che portarono da tutta Italia a Vicenza migliaia di «no global», pacifisti e militanti di sinistra - dagli scontri davanti alla sede della base, la questione sembra adesso riprendere tal quale. Con in più un’evidente, ennesima, contraddizione dentro il centro-sinistra. Che l’incontro di ieri tra Costa e Variati non ha minimamente chiarito. Il commissario si è detto «disponibile» a incontrare i consiglieri comunali e a permettere loro un sopralluogo nell’area («Lo aveva già detto - osserva polemica Cinzia Bottene, arrivata al Comune forte di un 5 per cento ottenuto con la lista «No dal Molin» - e non se n’è mai fatto nulla») ma nella sostanza ha ribadito che i lavori non si fermano. «Dopo l’ok della Regione alla valutazione paesaggistica non c’è proprio alcuna ragione per non andare avanti», spiega.

Il sì è arrivato il 20 gennaio: dopo vari ricorsi al Tar, alcuni accettati ma comunque tutti cassati dal Consiglio di stato; questo era l’ultimo «ostacolo» burocratico. E a nulla vale l’insistenza di Variati perché venga fatta una più complessa «valutazione di impatto ambientale», che prevede anche il parere della popolazione. «So bene che, in questo caso, non è obbligatoria per legge - dice il sindaco - ma come si fa a non preoccuparsi, ad esempio, della falda che sta sotto il Dal Molin e che fornisce acqua a tutto il territorio? Vogliamo almeno su questo tranquillizzare la popolazione?». Variati sul bavero della giacca ha una spilletta: le bandiere italiana e Usa incrociate. «Io sono amico degli americani - risponde allo sguardo stupito - e per questo dico loro che non si può andare avanti in un’opera cui si oppone un’intera città». E’ proprio così? I numeri delle scorse elezioni già dicono che il «sì» alla base è costato caro al centro-destra. Quelli del «referendum autogestito» dicono che sono andati a votare 25mila vicentini dando al «no» il 95%. E infine quelli del referendum sul sito del «Giornale di Vicenza» (il quotidiano più letto in città, sicuramente non sospettabile di simpatie per gli anti-base) sono l’ultima controprova: 57786 votanti (numero record) con i no al 74%. E la maggioranza di quei no definisce la base «dannosa» per Vicenza. Certo non portano il berrettino in testa come Pavin; certo continuano con le abitudini dello shopping in corso Palladio o del caffè in piazza dei Signori (dove gli americani non si vedono; al massimo li incontri a fare footing vicino al perimetro della vecchia base) ma anche parecchi vicentini col cuore a destra preferirebbero che il Dal Molin restasse un aeroclub, o diventasse un parco pubblico, o magari un’area edificabile per qualche villetta. Ma una base militare, no. E così il proprietario dell’area vicino alla base ha preferito vendere il terreno a quelli del Presidio: in centinaia hanno sottoscritto la quota; tanti piccoli appezzamenti per rendere difficile, domani, un esproprio. Uno dei tanti tentativi per ritardare l’opera; a cui comunque - insistono - si opporranno «con tutte le forze».

E quindi ancora manifestazioni, scontri, manganellate? Probabile. A meno che non si riveli vincente un’altra strategia, cui i «no dal Molin» e il sindaco stanno seriamente pensando: rivolgersi alla nuova amministrazione americana. «Potremmo andare in delegazione a Washington - ragiona Pavin - oppure far avere a Obama una petizione con decine di migliaia di firme». E Variati: «Capisco che si possa sorridere pensando ai rapporti di forza tra Vicenza e gli Usa; però questa diventerà la più grande base americana in Europa e non penso che il nuovo presidente voglia farla contro il parere della popolazione, senza tener conto dei possibili danni ambientali». E se davvero ci pensasse Obama?
La Stampa 31 gennaio 2009

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