Primo colpo di scena all'inizio del dibattimento sul rogo del dicembre 2007 in cui persero la vita 7 operai
TORINO - Primo colpo di scena. È iniziato, con quasi due ore e mezzo di ritardo rispetto all'orario previsto, il processo contro i sei manager della Thyssen che dovranno rispondere del rogo avvenuto nello stabilimento torinese il 6 dicembre 2007 in cui persero la vita 7 operai.
Motivo del ritardo è stata la sostituzione di tre dei 6 giudici popolari che nei giorni scorsi erano stati intervistati da un quotidiano. Il presidente della Corte Maria Iannibelli ha spiegato brevemente che i tre giudici popolari hanno «letto con sorpresa» un articolo che li riguardava e «hanno spiegato di non avere espresso né giudizi né pareri sul processo». «Ma per spirito di servizio - ha spiegato la presidente - hanno chiesto di astenersi per non creare intralci processuali». La loro domanda è stata accolta e sono stati subito sostituiti.
IL DOLORE DI UNA MADRE - Come durante le udienze preliminari sono numerosi i familiari, gli amici e i colleghi dei sette operai. «Li hanno ammazzati loro e devono andare in galera. Anche loro sanno di essere colpevoli» ha detto Rosina Demasi, madre di Giuseppe, vittima 26enne del rogo, che è stata tra le prime a entrare nella maxi aula 1 del Tribunale di Torino. All’ingresso del Palazzo di giustizia è stato esposto uno striscione, listato a lutto, delle rappresentanze sindacali dell’azienda tedesca.
SÌ ALLE TELECAMERE - La seconda Corte d'Assise di Torino ha poi ammesso le riprese tv in aula. «Tutti devono vedere e sapere quello che è accaduto ai nostri figli». Ha detto Nino Santino, il papà di uno dei sette operai morti: «Quella che ci ha colpito - aggiunge l'uomo - è una tragedia nazionale e l'Italia intera ha il diritto di sapere. E di guardare in faccia i responsabili del nostro dolore. Guardate quanto era giovane e bello mio figlio Bruno - dice mostrando la foto del ragazzo stampata sulla sua maglietta - era un gioiello e ce lo hanno portato via». Dall'altra parte della maxi aula 1, siedono Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri, gli unici due imputati presenti all'udienza. «Guardateli bene - è lo sfogo di Rosa Demasi, che nel rogo della Thyssen ha perso il figlio Giuseppe, 26 anni appena - perché sono loro ad avere ucciso i nostri cari». «Li detesto», sottolinea con voce calma ma decisa Elena Schiavone, madre di Antonio. E quando i due imputati, su richiesta del giudice Maria Iannibelli che presiede la Corte, dichiarano di avere figli, si leva un brusio nei banchi alla destra dell'aula, dove siedono i parenti delle vittime. «Spero che anche loro - è la rabbia di Grazia Rodinò, madre di Rosario, una volta uscita dall'aula - provino lo stesso dolore che abbiano noi».
COPPI ENTRA IN POOL DIFESA - Franco Coppi, professore di Diritto penale alla Sapienza di Roma, è l'asso nella manica della difesa dei sei manager della ThyssenKrupp. Ha difeso Giulio Andreotti nel processo Pecorella e l'allora ministro Luigi Gui nello scandalo Lockheed, solo per citare alcuni dei suoi illustri clienti. Nell'udienza di giovedì, con cui è iniziato il processo per il rogo che causò la morte di sette operai, il legale è stato nominato responsabile civile dalla multinazionale tedesca. Penalista di fama, Coppi difenderà l'azienda dalle richieste di risarcimento danni.
FUORI PROGRAMMA - E dopo la fine dell'udienza avvocati e pubblici ministeri si sono dovuti trattenere in aula perché il presidente della corte d'assise, Maria Iannibelli, ha impartito loro una serie di direttive, assegnando persino i posti in cui, a partire dal 22 gennaio, dovranno sedersi. Il giudice, non aveva risparmiato un commento salace sulla «confusione» che albergava nella maxiaula 1 del Palazzo di Giustizia: i presenti si contavano a centinaia, e ognuno si era seduto dove capitava. Dalla prossima udienza non sarà più così: ogni toga avrà un posto, contrassegnato con tanto di cartellino. Nel corso del «fuori programma» il giudice ha anche ordinato una sorta di simulazione, invitando i presenti a sistemarsi al loro posto per verificarne l'effetto. Ma altri argomenti sono stati toccati: un avvocato, prendendo spunto dal fatto che in aula sono state ammesse le riprese tv, ha chiesto che venissero collocati dei portamantelli perché «non è bello che le tv riprendano i cappotti ammassati sui banchi». Si è anche parlato della migliore angolatura possibile per le telecamere.
Corriere della Sera 15 gennaio 2009
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