Di Pietro: ennesima spartizione della Rai
dopo le nomine del nuovo cda. butti: «non conosce la legge gasparri»
Di Pietro: ennesima spartizione della Rai
«Ognuno si è scelto un controllore e così l'informazioneè stata ammazzata. L'IdV si farà sentire in Vigilanza»
Rai, nominati i 7 membri del nuovo Cda (18 febbraio 2009)
ROMA - Ennesima spartizione della Rai, omicidio dell'informazioni. Antonio Di Pietro come d'abitudine usa parole forti. Questa volta contro le nomine del nuovo Cda Rai. Lo fa in conferenza stampa a Montecitorio, affiancato da Leoluca Orlando, Massimo Donadi, Beppe Giulietti e Pancho Pardi. «In questo governo di regime abbiamo assistito all'ennesima spartizione lottizzatoria della Rai - attacca -. Con quest'atto spartitorio l'informazione è stata ammazzata. Questo significa che quando si tratta di gestire il poltronificio, le varie forze politiche diventano un unico partito».
«SODALI DI OMBRELLONE» - «È una cosa sconcia - continua Di Pietro parlando alla trasmissione Omnibus su La7 -. Se tu mandi al Coda Rai ex parlamentari, trombati della vecchia politica, sodali di partito, se non d'ombrellone, e te li spartisci tra maggioranza e opposizione, hai fatto un inciucio di comunicazione. Se si mettono d'accordo maggioranza e opposizione, allora nel Paese l'opposizione non c'è più. Io mi sento meno opposizione e più resistente. Io non credo che in questo momento ci sia una maggioranza al governo, io credo che ci sia una dittatura in costruzione e una resistenza in azione». Per l'ex pm la nomina del Cda sarebbe dovuta avvenire «almeno dopo» la pronuncia della Consulta sulla legge Gasparri.
«CI FAREMO SENTIRE» - Di Pietro ce l'ha anche con il Pd che - nonostante il terremoto e le dimissioni di Veltroni - ha preso parte all'"occupazione" della Rai: «Ognuno ha fatto in modo di scegliersi il proprio controllore. E questo trovo che sia profondamente sbagliato. Non volevamo che la Rai fosse asservita ancora una volta alle logiche di partito. Ed è per questo che abbiamo deciso tempo fa di non prendere più parte ai lavori della commissione di Vigilanza. Non volevamo essere complici del delitto dell'informazione che si è perpetrato. Ma ora che il delitto è compiuto, torneremo a far sentire la nostra voce in commissione di Vigilanza». I due esponenti dell'Idv scelti per sedere al secondo piano di San Macuto, al posto dei capigruppo di Camera e Senato Donadi e Belisario nominati d'ufficio dai presidenti delle Camere, sono il deputato indipendente Giuseppe Giulietti e il senatore Pancho Pardi. Anche Massimo Donadi, capogruppo alla Camera, non risparmia critiche al Pd: «Veltroni la mattina lascia il partito e la politica e poi il pomeriggio nomina il suo uomo di fiducia in Rai...».
PETRUCCIOLI - «Commissione di vigilanza e nomina del Cda sono stati due sequenze di delitti seriali che proseguirà con le nomine dei direttori generali e a cascata con le nomine degli altri dirigenti» prosegue Di Pietro, che qualcosa da dire anche sulla eventuale riconferma di Claudio Petruccioli a presidente della Rai: «Non ne faccio una questione di persone, ma di metodo. Noi dell'Idv riteniamo che queste persone non debbano essere nominate in questo modo, con i partiti che scelgono i vicini di ombrellone. È il metodo che non funziona, ma per il momento non ho ancora la maggioranza relativa. Quando l'avrò mi comporterò di conseguenza».
BUTTI: «SE RESTA FUORI SI LAMENTA» - Dura la replica del Pdl alle parole del leader dell'Italia dei Valori, per bocca di Alessio Butti, capogruppo in commissione di Vigilanza: «Nello sfascio complessivo che coinvolge da mesi il centrosinistra, giunto al parossismo con la soap opera veltroniana, Di Pietro rappresenta in assoluto la parte più negativa. Non esprime concetti politici e quando ci prova lo fa con proverbi popolari, spesso poco pertinenti. Litiga con tutti e poi si lamenta se resta fuori dal gioco, ricordando al mondo intero la storiella della volpe e dell'uva. Di Pietro ignora totalmente lo spirito della legge Gasparri». E Daniele Capezzone, portavoce di Forza Italia: «L'onorevole Di Pietro si lagna. Fossi in lui, mi dedicherei piuttosto a capire come mai, nonostante questa super-esposizione televisiva, i suoi risultati elettorali restino comunque così modesti».
Corriere della Sera 19 febbraio 2009
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