Franceschini è il nuovo segretario. «Più spazio ai giovani»
di Cesare Buquicchio
Azzeramento del governo ombra e del coordinamento nazionale. “Silenzio stampa” per i dirigenti del Pd, ovvero mai più interviste per esprimere dissenso sulle decisioni del partito. E una nuova stagione di alleanze, dall’Udc ai partiti della sinistra. Dario Franceschini è il nuovo segretario del Partito democratico e nel suo discorso riparte da questi tre punti forti.
A consegnarli la segreteria ci sono i numeri dell’assemblea nazionale del Partito democratico chiamata a sciogliere la crisi aperta dalle dimissioni irrevocabili di Walter Veltroni. Gli stessi numeri (1.047 preferenze) che hanno scelto nettamente lui contro l’unico candidato alternativo Arturo Parisi (92 voti). Gli stessi numeri che in mattinata avevano respinto il tentativo di un gruppo di delegati di chiedere subito le primarie, di rinnovare il partito a partire dal popolo dei suoi elettori. E così, al momento della conta sono 207, circa il 16% dei votanti, quelli che vorrebbero sciogliere l’assemblea e andare al voto nei circoli e tra i gazebo.
Con Franceschini ha vinto “la responsabilità”. O meglio, è quello che ripetono tanti delegati in platea e tanti dirigenti sul palco. Tra un delegato che gioca al solitario con il suo telefono palmare, altre due che si confrontano sui progressi sciistici compiuti nella settimana bianca trascorsa a St. Moritz e i giovani democratici del Lazio che raccolgono firme per chiedere alle istituzioni europee di stanziare più fondi per la mobilità Erasmus, sono molti i delegati insoddisfatti della scelta Franceschini, per niente fiduciosi sul destino del partito, ma che, “nonostante tutto” hanno votato con la maggioranza per “senso di responsabilità”.
Il giovane Andrea Mollica da Luino, Varese, ascolta l'intervento di Fassino e scuote la testa. Sul suo maglione spicca la spilletta di Obama con la scritta "Hope" e rivendica i grandi pensatori nati nella sua città: Piero Chiara e Vittorio Sereni. «Non sapevo che fare - dice -. La tentazione di mandarli tutti a casa è stata forte, ma c'era il rischio che con le primarie si riorganizzassero i dalemiani o qualche altro gruppo molto strutturato e vincessero le primarie legittimandosi con ancora più forza. A quel punto potevamo dire definitivamente addio al rinnovamento».
Insomma, paura, responsabilità, voglia di evitare ulteriori dolorose lacerazioni, mancanza di alternative serie. Il popolo di Facebook, che aveva provato ad organizzare su Internet una linea alternativa a quella della dirigenza del partito, battuto dal popolo delle telefonate, dei capannelli, dei richiami agli anni di militanza comune.
La palla passa ora a Dario Franceschini, secondo segretario del giovane Partito Democratico. In pochi mesi dovrà fare quello che non è riuscito a fare Veltroni. Radicare il partito creando e rendendo attivi migliaia di circoli in tutta Italia. Rinnovare gli organismi dirigenti puntando sul merito, sui giovani, sugli amministratori e sui dirigenti locali. Riuscire a “sopravvivere” al turno elettorale di giugno e portare il Pd verso il congresso di ottobre. “Adesso è il momento dell’unità, di guardare al futuro” ha detto subito dopo l’elezione Franceschini. Che domani andrà a giurare sulla Costituzione a Ferrara. “Di fronte al castello Estense dove furono trucidati nel 1943 tredici cittadini innocenti farò quello che un segretario di partito non ha mai fatto. Chiederò a mio padre che ha 87 anni ed è un partigiano di portare la Costituzione e le giurerò fedeltà”. E proprio la Carta assieme all’unità sindacale saranno i valori fondanti del Pd.
“Dario è la persona giusta” ha detto Walter Veltroni con una nota d’augurio, “è la persona giusta per guidare il partito verso le nuove sfide che penso potranno vedere per il Pd quei successi che merita. A lui – ha concluso Veltroni voglio dare un abbraccio e rivolgere il più caloroso e affettuoso augurio di buon lavoro”.
Che si annuncia arduo. Ma se tutto andrà in porto potrebbe anche smentire una delle sue affermazioni di questa mattina: “Il mio lavoro finirà ad ottobre. Interpreto questo ruolo come un servizio. Non sono qui per preparare un mio futuro personale, il mio lavoro finisce ad ottobre con il congresso e le primarie”.
L'unità 21 febbraio 2009
Di Pietro: ora opposizione vera a questo governo "sudamericano"
ROMA (21 febbraio) - «Sia benedetto quel giorno che anche il Pd finirà di fare svolte e incomincerà a camminare dritto verso un'opposizione intransigente al potere di Berlusconi, che rappresenta un governo di tipo sudamericano, come quelli di una volta - dice il leader di Idv, Antonio Di Pietro - Dobbiamo andare verso la costruzione di un'alternativa per la difesa delle classi sociali più deboli e alla lotta alla criminalità, quella vera, non quella che il governo fa con le norme sulle intercettazioni, che impediscono di mettere in galera gli stupratori». Ancora a proposito di Franceschini, Di Pietro ha concluso: «Noi sappiamo che abbiamo bisogno dell'aiuto degli altri. Mentre si decidono, non possiamo stare ad aspettare, andiamo a fortificare le postazioni per fare la resistenza e difendere la democrazia».
21 febbraio 2009
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