C’e chi si è portato da casa un libro, chi un quaderno, una rivista, un blocchetto: tutti dalla copertina rigorosamente vermiglia e li sventolano in una piazza Navona particolarmente assolata come un simbolo, come un trofeo. E’ arrivata ieri pomeriggio a Roma la marcia delle “Agende rosse”, organizzata dall’Associazione Nazionale familiari vittime della mafia, in ricordo della vera agendina rossa di Paolo Borsellino, piena di appunti preziosi, scomparsa dalla borsa del magistrato e mai più ritrovata. «Quando Paolo è stato ucciso – ha detto Salvatore Borsellino, fratello del magistrato scomparso - secondo me è stato anche per sottrargli quell'agenda rossa su cui aveva annotato tanti segreti sulle infiltrazioni della criminalità organizzata all'interno della magistratura, dei servizi segreti e dello Stato. Se venissero alla luce queste nefandezze probabilmente la storia dell'Italia cambierebbe di nuovo». Ma a far discutere sono le parole che il fratello del magistrato ucciso rivolge al capo dello stato. «Sono rimasto deluso dal presidente Napolitano che era stato invitato alla manifestazione e ha detto che non sarebbe venuto perché è una manifestazione di partito», dice Salvatore Borsellino, «ma non lo è, è partito della gente onesta. Chi sta da questo lato è gente onesta, chi sta dall'altra parte evidentemente non lo è». Ma il corteo, nel quale non sono mancati gli slogan contro il presidente del consiglio («Berlusconi fatti processare», «Il lodo Alfano serve solo al nano», gridavano i circa 1500 partecipanti, nonché «Fuori Mancino dal Csm e fuori dell’Utri dallo Stato»), ha voluto essere soprattutto una testimonianza di incoraggiamento per il lavoro svolto da Antonio Ingroia e Sergio Lari. «Appoggio totale ai magistrati che hanno avuto il coraggio di riaprire i fascicoli sulle stragi – dice Gianluca Floridia, coordinatore di Libera Ragusa – la società civile deve finalmente sapere cosa è accaduto in quei momenti, a partire da Portella della Ginestra». Loris, studente ventenne di giurisprudenza, tiene in alto il suo cartello con su scritto «ma chi era Vittorio Mangano?». «In un paese normale – dice – la gente dovrebbe indignarsi nel sapere che lo stalliere del presidente del consiglio era in realtà un uomo di mafia, per questo vado in giro a domandarlo». Luigi, Maria Grazia, Sergio, sono ricercatori e sono venuti apposta per la manifestazione rispettivamente da Parigi, Bruxelles, Londra. Rappresentano il classico esempio di fuga di cervelli. Si sono avvolti in una bandiera italiana: «ci dicono che siamo “anti italiani” ma noi ancora crediamo nella rinascita di questo paese, grazie a momenti come questi». «Il governo – nota Claudio, avvocato romano - dice di fare molto per la lotta alla mafia ma poi approva condoni per il riciclaggio, che sono una delle attività più proficue della criminalità, e riduce le risorse alle forze dell’ordine». Per l’europarlamentare Luigi De Magistris, presente a piazza Navona con Antonio di Pietro, l’imprenditore calabrese Pino Masciari, Sonia Alfano e Gioacchino Genchi, «è straordinario come a 17 anni di distanza dalle stragi tanti giovani abbiano voglia di verità e giustizia, qua c’è quella parte di paese che vuole sapere quanta parte di politica e quanta di istituzioni ha contribuito a quel periodo buio e si è consolidata dopo le stragi. Non è la prima manifestazione e non sarà l’ultima, non ci faremo intimidire».
l'unità 26 settembre 2009
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