L’amico del Cavaliere: molti altri fanno le cose imputate a Berlusconi
«Un complotto, Silvio reagisca
È come la vicenda Montesi»
Angelo Rizzoli: alle feste romane anche leader di sinistra con ragazze di poca virtù
ROMA — «Questa storia me ne ricorda un’altra, di cui mi sono occupato molto tempo fa, quand’ero ragazzo. Facevo uno stage alla McGraw-Hill, la grande casa editrice americana, e mi affidarono l’editing del libro dell’ex ambasciatore inglese a Roma, in cui si ricostruiva il caso Montesi. Una vicenda di cui serbavo memoria personale: anche se avevo solo dieci anni, ricordo bene i memoriali che i rotocalchi, compresi quelli di mio padre come Oggi, pubblicavano pagando profumatamente ragazze sconosciute: Anna Maria Caglio detta il cigno nero, Adriana Bisaccia... Tempo dopo, ebbi modo di conoscere i protagonisti della vicenda, Piero Piccioni e Alida Valli, che me ne raccontò i dettagli quando la incontrai in America. Le analogie sono impressionanti».
Angelo Rizzoli ne è convinto: «Sotto certi aspetti, la vicenda di Palazzo Grazioli è la fotocopia del caso Montesi. Non c’è un cadavere, per fortuna. Ma ci sono i festini. Ci sono le ragazze che raccontano. C’è un leader politico da colpire: ieri Attilio Piccioni, oggi Berlusconi. E c’è un disegno, diciamo pure un complotto. Lei ricorda il caso Montesi? Wilma Montesi, la ragazza trovata morta sulla spiaggia di Torvaianica. Le indagini sono nelle mani della polizia, quindi del ministero dell’Interno, quindi di Amintore Fanfani, il grande rivale di Piccioni. Al resto provvede l’ufficio affari riservati del Viminale. Nascono leggende secondo cui la Montesi ha partecipato a un festino, allora si diceva a un’orgia, ed è morta per overdose, il corpo gettato in mare. Il festino sarebbe stato organizzato nella villa del sedicente marchese Montagna, e vi avrebbe partecipato Piero Piccioni, figlio di Attilio. Che in realtà era a Positano con Alida Valli; ma, da galantuomo, tacque per non inguaiare la donna che amava. Un errore imperdonabile, in un Paese dove i gentiluomini non sono apprezzati. Anni dopo, ottenuto il divorzio, la Valli ristabilì la verità. Il processo di Venezia smontò tutto. Ma ormai Attilio Piccioni si era dimesso e aveva lasciato la politica».
Accadrà anche a Berlusconi? «Dipende da lui. Se avrà uno scatto, se saprà reagire come ad esempio nella campagna elettorale del 2006, ne uscirà. Silvio deve dare risposte. Ma non sulla vicenda D’Addario. Di questa storia meno parla, meglio è. È stato imprudente a esporsi in prima persona: un presidente del Consiglio non si occupa della spazzatura, del fango. È inutile che precisi di non aver mai pagato una donna: chi può immaginare Berlusconi con un mazzo di euro in mano che retribuisce la D’Addario? Il presidente del Consiglio ha dei portavoce: affidi a loro il compito di dire poche, scarne e definitive parole che chiudano il caso. Sia più attento in futuro a chi invita a casa sua. E dia le risposte che il Paese attende davvero. Sulla crisi economica, e non solo: l’Italia è vecchia, lenta, burocratica, incartapecorita. Il peggio verrà in autunno; ma Berlusconi può ancora rimetterla in moto. Può essere che mi faccia velo l’amicizia, però ne sono convinto ». L’amicizia tra Angelo Rizzoli e Silvio Berlusconi nacque nel 1974. «Arrivò in via Solferino con le carte e i piani per Milano2, a protestare per un articolo del Corriere di Informazione secondo cui su quell’area doveva sorgere un cimitero. 'Meglio pensare ai vivi che ai morti, no?', mi disse. Aveva ragione lui. Fu Berlusconi a riavvicinarmi a Montanelli. Indro era venuto da mio padre e da me a chiedere aiuto per il suo Giornale; ma noi avevamo appena preso il Corriere. Tempo dopo, Silvio mi invitò a pranzo con Montanelli in via Rovani. Alla fine Indro disse: 'Ti perdono, ma non potrò mai perdonare tuo padre'». Erano gli anni della P2. «Per me la P2 è una lista di nomi fatti trovare da Gelli a Castiglion Fibocchi — risponde Rizzoli —. Cosa fosse davvero, io non l’ho mai saputo. Non ho mai partecipato a una riunione, al processo non sono stato chiamato neppure come teste. Ho avuto sei processi per altri motivi, e sono stato sempre assolto. E mentre ero ingiustamente in carcere, in isolamento, tre sole persone mi hanno scritto: Montanelli, Lina Sotis, e Berlusconi, che offriva di far intervenire Craxi per rendere il mio regime carcerario meno duro. Quando uscii, a Milano tutti facevano finta di non conoscermi. Mi diedero pure lo sfratto. Berlusconi mi chiamò e mi disse: se tu produci dei film, io te li compro. Fu di parola ». Ma chi è oggi a tramare contro di lui? «Non lo so. Certo in Italia si era creata un’anomalia: nessun uomo ha avuto tanto potere come Berlusconi tra il 2008 e il 2009. Agnelli aveva potere economico, non politico. Craxi aveva una forte personalità ma era minoritario nel Paese. Prodi, Ciampi, Amato erano grands commis senza partito. Berlusconi sommava in sé finanza, politica e un consenso altissimo. Ora che è stato trovato il suo tallone d’Achille nella vita privata, Silvio paga il fatto di aver infranto un equilibrio consolidato». Davvero lei crede che qualcuno possa aver pagato la D’Addario? «Non occorrono soldi; ci sono altre gratificazioni. Per una donna di 42 anni, che ha provato in ogni modo a sfondare senza riuscirci, che nella logica dell’industria dello spettacolo è quasi una vecchia signora, le copertine sono un richiamo irresistibile».
E Veronica? «Veronica vive in un castello dorato, si sposta con aerei privati, non frequenta nessuno tranne quattro amiche milanesi che vanno bene giusto per lo shopping ma se chiedi chi è Obama non lo sanno. Veronica è condizionabile; e probabilmente è stata condizionata. Dicendo che il marito non sta bene ed è inaffidabile, non si è accorta di far male ai suoi figli, di destabilizzarli. Soprattutto il più piccolo, Luigi, che andrebbe invece sostenuto: a volte ci si ritira nella religione come fuga dal mondo». Berlusconi non ha proprio nulla da rimproverarsi? «Ha avuto uno stile di vita imprudente. Del resto lui è come mio nonno, che adorava le donne, e in età matura amava circondarsi di ragazze giovani: l’ultimo soffio prima del tempo in cui, come diceva Turgeniev, i ricordi diventano rimpianti, e le speranze illusioni. Ma Berlusconi non deve giustificarsi di nulla. Mia moglie Melania e io riceviamo spesso, qui in casa. E spesso gli ospiti portano qualcuno. Mica possiamo chiedergli i documenti?». «Roma — racconta Rizzoli — non cambia con il cambiare dei regimi. La più grande industria, con l’edilizia, è lo spettacolo. A Roma arrivano migliaia di ragazze e anche di ragazzi disponibili a ogni genere di esperienza. E arrivano politici, imprenditori, finanzieri, che lontano dalle famiglie si sentono come in vacanza, e la sera vogliono divertirsi. Le cose imputate a Berlusconi sono state fatte da molti altri. Ne ho visti tanti, di ministri e anche di presidenti del Consiglio, girare con ragazze di poche virtù. Ho visto anche leader di sinistra fare lo stesso. Ho ricevuto telefonate di un ex magistrato che raccomandava una bionda conduttrice televisiva. Su due sole persone a Roma non ho mai sentito un pettegolezzo: Gianni Letta e suo nipote Enrico. Per questo nessuno dovrebbe atteggiarsi a moralista. Chi può permettersi di fissare, e a qualche altezza, l’asticella della moralità? ». Aldo Cazzullo
corriere della sera 25 giugno 2009
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