domenica 28 giugno 2009

Berlusconi, e il "Complotto D'addario" : Intervista ad Angelo Rizzoli"

L’amico del Cavaliere: molti altri fanno le cose imputate a Berlusconi

«Un complotto, Silvio reagisca
È come la vicenda Montesi»

Angelo Rizzoli: alle feste romane anche leader di sinistra con ragazze di poca virtù

ROMA — «Questa storia me ne ricorda un’altra, di cui mi sono occupato molto tempo fa, quand’ero ragazzo. Facevo uno stage alla McGraw-Hill, la grande casa editrice america­na, e mi affidarono l’editing del libro dell’ex ambasciatore inglese a Roma, in cui si ricostru­iva il caso Montesi. Una vicenda di cui serbavo memoria personale: anche se avevo solo dieci anni, ricordo bene i memoriali che i rotocalchi, compresi quelli di mio padre come Oggi, pub­blicavano pagando profumatamente ragazze sconosciute: Anna Maria Caglio detta il cigno nero, Adriana Bisaccia... Tempo dopo, ebbi mo­do di conoscere i protagonisti della vicenda, Piero Piccioni e Alida Valli, che me ne raccontò i dettagli quando la incontrai in America. Le analogie sono impressionanti».

Angelo Rizzoli ne è convinto: «Sotto certi aspetti, la vicenda di Palazzo Grazioli è la foto­copia del caso Montesi. Non c’è un cadavere, per fortuna. Ma ci sono i festini. Ci sono le ra­gazze che raccontano. C’è un leader politico da colpire: ieri Attilio Piccioni, oggi Berlusconi. E c’è un disegno, diciamo pure un complotto. Lei ricorda il caso Montesi? Wilma Montesi, la ragazza trovata morta sulla spiaggia di Torvaia­nica. Le indagini sono nelle mani della polizia, quindi del ministero dell’Interno, quindi di Amintore Fanfani, il grande rivale di Piccioni. Al resto provvede l’ufficio affari riservati del Vi­minale. Nascono leggende secondo cui la Mon­tesi ha partecipato a un festino, allora si diceva a un’orgia, ed è morta per overdose, il corpo gettato in mare. Il festino sarebbe stato organiz­zato nella villa del sedicente marchese Monta­gna, e vi avrebbe partecipato Piero Piccioni, fi­glio di Attilio. Che in realtà era a Positano con Alida Valli; ma, da galantuomo, tacque per non inguaiare la donna che amava. Un errore imper­donabile, in un Paese dove i gentiluomini non sono apprezzati. Anni dopo, ottenuto il divor­zio, la Valli ristabilì la verità. Il processo di Ve­nezia smontò tutto. Ma ormai Attilio Piccioni si era dimesso e aveva lasciato la politica».

Accadrà anche a Berlusconi? «Dipende da lui. Se avrà uno scatto, se saprà reagire come ad esempio nella campagna elettorale del 2006, ne uscirà. Silvio deve dare risposte. Ma non sulla vicenda D’Addario. Di questa storia meno parla, meglio è. È stato imprudente a esporsi in prima persona: un presidente del Consiglio non si occupa della spazzatura, del fango. È inutile che precisi di non aver mai pa­gato una donna: chi può immaginare Berlusco­ni con un mazzo di euro in mano che retribui­sce la D’Addario? Il presidente del Consiglio ha dei portavoce: affidi a loro il compito di dire poche, scarne e definitive parole che chiudano il caso. Sia più attento in futuro a chi invita a casa sua. E dia le risposte che il Paese attende davvero. Sulla crisi economica, e non solo: l’Ita­lia è vecchia, lenta, burocratica, incartapecori­ta. Il peggio verrà in autunno; ma Berlusconi può ancora rimetterla in moto. Può essere che mi faccia velo l’amicizia, però ne sono convin­to ». L’amicizia tra Angelo Rizzoli e Silvio Berlu­sconi nacque nel 1974. «Arrivò in via Solferino con le carte e i piani per Milano2, a protestare per un articolo del Corriere di Informazione se­condo cui su quell’area doveva sorgere un cimi­tero. 'Meglio pensare ai vivi che ai morti, no?', mi disse. Aveva ragione lui. Fu Berlusconi a riavvicinarmi a Montanelli. Indro era venuto da mio padre e da me a chiedere aiuto per il suo Giornale; ma noi avevamo appena preso il Corriere. Tempo dopo, Silvio mi invitò a pran­zo con Montanelli in via Rovani. Alla fine In­dro disse: 'Ti perdono, ma non potrò mai per­donare tuo padre'». Erano gli anni della P2. «Per me la P2 è una lista di nomi fatti trovare da Gelli a Castiglion Fibocchi — risponde Riz­zoli —. Cosa fosse davvero, io non l’ho mai sa­puto. Non ho mai partecipato a una riunione, al processo non sono stato chiamato neppure come teste. Ho avuto sei processi per altri moti­vi, e sono stato sempre assolto. E mentre ero ingiustamente in carcere, in isolamento, tre so­le persone mi hanno scritto: Montanelli, Lina Sotis, e Berlusconi, che offriva di far interveni­re Craxi per rendere il mio regime carcerario meno duro. Quando uscii, a Milano tutti face­vano finta di non conoscermi. Mi diedero pure lo sfratto. Berlusconi mi chiamò e mi disse: se tu produci dei film, io te li compro. Fu di paro­la ». Ma chi è oggi a tramare contro di lui? «Non lo so. Certo in Italia si era creata un’anomalia: nessun uomo ha avuto tanto potere come Ber­lusconi tra il 2008 e il 2009. Agnelli aveva pote­re economico, non politico. Craxi aveva una forte personalità ma era minoritario nel Paese. Prodi, Ciampi, Amato erano grands commis senza partito. Berlusconi sommava in sé finan­za, politica e un consenso altissimo. Ora che è stato trovato il suo tallone d’Achille nella vita privata, Silvio paga il fatto di aver infranto un equilibrio consolidato». Davvero lei crede che qualcuno possa aver pagato la D’Addario? «Non occorrono soldi; ci sono altre gratificazio­ni. Per una donna di 42 anni, che ha provato in ogni modo a sfondare senza riuscirci, che nella logica dell’industria dello spettacolo è quasi una vecchia signora, le copertine sono un ri­chiamo irresistibile».

E Veronica? «Veronica vi­ve in un castello dorato, si sposta con aerei pri­vati, non frequenta nessuno tranne quattro amiche milanesi che vanno bene giusto per lo shopping ma se chiedi chi è Obama non lo san­no. Veronica è condizionabile; e probabilmen­te è stata condizionata. Dicendo che il marito non sta bene ed è inaffidabile, non si è accorta di far male ai suoi figli, di destabilizzarli. So­prattutto il più piccolo, Luigi, che andrebbe in­vece sostenuto: a volte ci si ritira nella religio­ne come fuga dal mondo». Berlusconi non ha proprio nulla da rimproverarsi? «Ha avuto uno stile di vita imprudente. Del resto lui è come mio nonno, che adorava le donne, e in età ma­tura amava circondarsi di ragazze giovani: l’ul­timo soffio prima del tempo in cui, come dice­va Turgeniev, i ricordi diventano rimpianti, e le speranze illusioni. Ma Berlusconi non deve giustificarsi di nulla. Mia moglie Melania e io riceviamo spesso, qui in casa. E spesso gli ospi­ti portano qualcuno. Mica possiamo chiedergli i documenti?». «Roma — racconta Rizzoli — non cambia con il cambiare dei regimi. La più grande indu­stria, con l’edilizia, è lo spettacolo. A Roma arri­vano migliaia di ragazze e anche di ragazzi di­sponibili a ogni genere di esperienza. E arriva­no politici, imprenditori, finanzieri, che lonta­no dalle famiglie si sentono come in vacanza, e la sera vogliono divertirsi. Le cose imputate a Berlusconi sono state fatte da molti altri. Ne ho visti tanti, di ministri e anche di presidenti del Consiglio, girare con ragazze di poche virtù. Ho visto anche leader di sinistra fare lo stesso. Ho ricevuto telefonate di un ex magistrato che raccomandava una bionda conduttrice televisi­va. Su due sole persone a Roma non ho mai sentito un pettegolezzo: Gianni Letta e suo ni­pote Enrico. Per questo nessuno dovrebbe at­teggiarsi a moralista. Chi può permettersi di fis­sare, e a qualche altezza, l’asticella della morali­tà? ». Aldo Cazzullo


corriere della sera 25 giugno 2009

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