di Fulvio Lo Cicero
Il collaudato trio Gomez-Lillo-Travaglio mette insieme le storie delle ragazze del premier, in un racconto a tratti comico, elencando tutte le bugie di un decotto Presidente del Consiglio e delle corti di salariati che lo circondano.
Strabiliante, umoristico, triste. Vengono in mente questi tre aggettivi dopo la lettura dell’istant book di Peter Gomez, Marco Lillo, Marco Travaglio (“Papi. Uno scandalo politico”, ed. Chiarelettere), tutto dedicato alle giovani fidanzate o ospiti per una notte del nostro premier.
Strabiliante, per i fatti raccontati, per le figuracce fatte da Berlusconi e dai suoi accoliti di fronte ad un’opinione pubblica disinformata, dai pazzeschi conflitti di interessi del Cavaliere, dallo sperpero di denaro pubblico allegramente dissipato per le voluttà del Sultano.
Umoristico, perché ci si rende conto del fatto che Totò è stato il più grande interprete e storiografo della società italiana.
Triste, perché siamo tutti costretti – anche noi che certamente non lo votiamo – a vivere un decadimento da tardo impero romano, unitamente al declassamento del nostro Paese a ricettacolo di macchiette da avanspettacolo.
Gli autori ricostruiscono con meticolosità tutte le storie di cui una parte minoritaria di italiani sono venuti a conoscenza, dopo la pubblica denuncia della moglie del Sultano, Veronica Lario e la partecipazione del premier al compleanno di una perfetta sconosciuta, Noemi Letizia. Messe tutte insieme, una dopo l’altra, il quadro è davvero sconfortante.
Si parte con una vicenda ancora poco conosciuta, quella della relazione di Berlusconi con una giovane e avvenente Virginia Saint-Just di Teulada, sposata con un agente dei servizi segreti che denuncerà il premier per mobbing. Il matrimonio di Virginia è in crisi ma arriva la galanteria del premier a risollevarla. Siamo nel 2003. Lei è annunciatrice in Rai e fra i due sboccia un rapporto che può definirsi d’amore (in quel periodo, il premier è ancora apparentemente coniugato con Veronica Lario e già felice nonnetto). Subito, Berlusconi allerta il fido Letta e fa preparare un contratto di consulenza per la giovane “esperta” in comunicazione: costo per la Presidenza del Consiglio, 36 mila euro oltre l’Iva, per soli 70 giorni di impiego (infatti, la consulenza dovrebbe svolgersi dal 20 ottobre al 31 dicembre 2003); sarebbe interessante conoscere l’opinione degli operai in cassa integrazione su un emolumento del genere. La giovane si rifiuterà di incassare la prebenda. Nel frattempo il marito, Federico Armati, viene declassato dal servizio segreto (presso cui è un agente operativo, con stipendio di 4.500 euro mensili) ad uno strapuntino negli uffici della Cassazione, con 1.700 euro mensili. Armati è furioso e minaccia di rivelare la relazione del premier con la moglie e tutto il resto. Così, poco prima delle elezioni del 2006, viene di nuovo riassegnato ai servizi segreti con annesso maggiore stipendio. La denuncia però farà il suo corso ma il tribunale dei ministri non riscontrerà alcun comportamento illegittimo da parte del Cavaliere, pur riconoscendo accertata la natura della sua relazione con Virginia.
Ma le donne del Cavaliere sono un nugolo e rispondono alla caratteristica centrale del persona
Infiniti capitoli riguardano attrici e attricette che Berlusconi raccomanda per ruoli nelle fiction ad Agostino Saccà, responsabile del settore e solerte esecutore di ordini. Il Cavaliere si guarda bene dal raccomandarle al figlio, Piersilvio, per le fiction Mediaset, no, le vuole infilare in Rai, con i soldi dei contribuenti. Molte di queste attricette sono sue amanti, come Evelina Manna, di cui i pm napoletani accertano la “amicizia intima” con l’allora capo dell’opposizione. Ma non è l’unica, i nomi delle fanciulle dell’harem sono tantissimi: Antonella Troise, Elena Russo, Camilla Ferranti, Eleonora Gaggioli, oltre alla Manna. Senza contare le escort, alla
Patrizia D’Addario, le ballerine di flamenco, le saffiche frequentatrici di Villa Certosa in Sardegna, le carovane di “belle fighe” che allietano le serate del Presidente del Consiglio a Palazzo Grazioli, a Roma (secondo i pm di Bari, molte di queste trascorrono la notte nel lettone del premier). Poi si raccontano vicende come quella di Giancarlo Innocenzi, membro dell'Authority per la Concorrenza e il Mercato, il quale – si fa veramente fatica a credere a cotanto eccesso – si adopera con ogni mezzo di persuasione per far stipulare un contratto da 30 milioni l’anno fra Mediaset e Guido De Angelis, titolare di una casa di produzione televisiva, quando proprio lui, con stipendio pubblico da 400 mila euro annui, dovrebbe essere assolutamente estraneo a qualsiasi gruppo o casa di produzione, dovendo controllare e, appunto, garantire la trasparenza del mercato concorrenziale (per questa vicenda Innocenzi sarà ampiamente perdonato dalla Commmissione disciplinare dell’Autorità, nonostante abbia fatto strame del codice deontologico che un commissario dell’AgCom deve obbligatoriamente rispettare). Scrivono gli autori: “Quali garanzie può fornire un’Autorità che lascia al suo posto e non sanziona un commissario che considera il maggiore azionista di Mediaset il suo ‘grande capo’ e prende costantemente ordini da lui?”. Sembra di vivere dentro una barzelletta.Per non parlare del più recente Noemi-gate, la minorenne frequentata da Berlusconi, sulla cui vicenda si addensano decine e decine di bugie, mai smentite, anche quando si dimostrano con chiarezza tali. Su questo punto gli autori esprimono la loro opinione, inquietante:Una sola parola la lingua italiana conosce per descrivere questa situazione: ricatto (non importa se effettivo, o soltanto potenziale)”. Berlusconi sarebbe stato costretto a partecipare alla festa sotto il ricatto della famiglia Letizia, in grado di propalare la notizia del suo misterioso rapporto con una minorenne.
Il disegno proposto da Gomez-Lillo-Travaglio è desolante. Un’Italia marchettara, che ama le attricette, che considera normale lo sperpero di denaro pubblico (il costo dei voli di Stato è passato da 35 milioni l’anno nel 2007 con il governo Prodi ad una cifra superiore ai 50, secondo un calcolo presuntivo; fra 2001 e 2006, cioè durante il Berlusconi II, il costo annuo passò da 23 milioni a 65,5), la parzialità di autorità di garanzia, di magistrati, funzionari, in una società che, oramai, della morale pubblica conserva a stento un vago ricordo.
Uno scandalo tutto politico, che con la privacy non c’entra assolutamente nulla, a meno che non si voglia ritornare ai fasti erotici del duce, documentati con maestria da Giancarlo Fusco, o a quelli degli zar o, appunto, dei sultanati arabi.
fonte www.dazebao.org
P.GOMEZ-M.LILLO-M.TRAVAGLIO, “Papi. Uno scandalo politico”, Chiarelettere, Milano, 2009, Euro 15,00
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