Adesso teme un regolamento di conti con gli ex di An e la Lega Cavaliere deluso nel bunker di Arcore
"Ma i poteri forti non mi scalzeranno"
"Con tutto quello che è successo, la crisi, il terremoto, la gente ha voluto premiarci"
Silvio Berlusconi al voto
ROMA - Silvio Berlusconi avrebbe voluto una "vittoria tombale". "Ma la gente", ha cercato di spiegare ai fedelissimi ieri notte, "è comunque con me".
Il Cavaliere, al telefono con i "big" del Pdl, nella notte non nasconde la delusione. Si aspettava "una vittoria assoluta" e invece deve fare i conti con percentuali che addirittura mettono a rischio il precedente di un anno fa. Quello delle politiche. Con il passare delle ore, poi, la "delusione" si trasforma in rabbia. Le proiezioni peggiori, in realtà, sono qualcosa di più di un campanello d'allarme. Il capo del governo è infuriato.
E ai "fedelissimi" non lo nasconde. Anche perché le dichiarazioni di alcuni colonnelli di An lo hanno a dir poco disturbato. Parole che costituiscono la premessa di un probabile regolamento dei conti dentro la maggioranza.
"Se manteniamo il 36-37% - è la difesa del Cavaliere - nessuno può dire che siamo sconfitti. Il Pd sta crollando di sei punti...". Il presidente del consiglio punta l'indice contro le vicende dell'ultimo mese. Sul conflitto coniugale con Veronica Lario, sulla festa di Casoria con Noemi Letizia e sul "complotto" che avrebbe coinvolto anche soggetti stranieri, come i giornali europei e soprattutto il tycoon australiano Rupert Murdoch. "Elementi che hanno pesato - si lamenta il premier con i suoi - soprattutto nel favorire l'astensionismo dei nostri elettori. Avete visto cosa è successo nelle regioni meridionali?". A suo giudizio, però, "la manovra non riuscirà scalzarmi". Adesso, dunque, più che chiudere lo "scontro" sulle foto di Villa Certosa, si ritrova a fare i conti con le dinamiche interne. Con la Lega recalcitrante e i colonnelli di Alleanza nazionale pronti a sottolineare la sconfitta.
Eppure, ieri pomeriggio quando è andato a votare, il Cavaliere aveva in tasca le ultime previsioni di Alessandra Ghisleri, la sua sondaggista di fiducia. "I dati sono buonissimi - aveva rassicurato -, non c'è bisogno di agitarsi né di essere impazienti". Nessuno, però, aveva previsto l'astensionismo di centrodestra. Dati che il Cavaliere ha letto nella sua Villa di Arcore. "Il nostro obiettivo - provava a ripetere per l'intera giornata - è attestarci intorno al 40 per cento".
I numeri che gli recapitava la Ghisleri con il passare del tempo cancellavano quella prospettiva. A quel punto Berlusconi ha cambiato registro. Nei contatti con il suo staff riunito a Roma nella de del Pdl, ha iniziato a cambiare registro. "Qualcuno pensava di mettermi in difficoltà con la storia di Noemi - ha messo le mani avanti - , poi ci hanno provato i giornali stranieri. Qualche potere forte è tornato a remare contro. Ma non riusciranno a scalzarmi". E sebbene in campagna elettorale avesse previsto per il Pdl un dato vicino al 45%, adesso preferisce rimarcare la "tenuta" e il differenziale con il Pd. "Con tutto quello che è successo, con la crisi economica, il terremoto in Abruzzo e la manovra dei giornali di sinistra, forse non potevamo aspettarci di più". L'inquilino di Palazzo Chigi, quindi, inizia ad alzare la diga per proteggere l'esecutivo dalle critiche interne: "Dal dopoguerra nessun partito è mai stato tanto forte. Solo la Dc di De Gasperi ha raggiunto questi livelli".
Eppure, la delusione ha investito anche i maggiorenti del Popolo delle libertà. Un anno fa avevano preso il 37,4%. Il voto europeo rischia di aprire un vertenza all'interno del centrodestra. E già, perché l'avanzata della Lega è già finita sotto la lente di ingrandimento dei "tecnici" berlusconiani. La lotta per l'egemonia del nord, per la guida del Veneto e della Lombardia, rischia di provocare un attrito tra il Cavaliere e Umberto Bossi. Gli uomini di Gianfranco Fini, a cominciare da Ignazio La Russa, hanno iniziato a marcare gli errore del premier. L'annuncio della presidenza lumbard per il Veneto, l'annuncio della cessione del milanista Kakà e poi l'insufficiente investimento economico nella campagna elettorale. In più Berlusconi ora teme che anche il Carroccio alzi la voce. "Dovremo controllare i leghisti - ha infatti avvertito - dovremo impedire colpi di testa. Dobbiamo stare molto attenti". Non è un caso che negli ultimi ragionamenti del premier, sia tornato ad affacciarsi l'ipotesi di un riavvicinamento con l'Udc di Casini.
Il Cavaliere, al telefono con i "big" del Pdl, nella notte non nasconde la delusione. Si aspettava "una vittoria assoluta" e invece deve fare i conti con percentuali che addirittura mettono a rischio il precedente di un anno fa. Quello delle politiche. Con il passare delle ore, poi, la "delusione" si trasforma in rabbia. Le proiezioni peggiori, in realtà, sono qualcosa di più di un campanello d'allarme. Il capo del governo è infuriato.
E ai "fedelissimi" non lo nasconde. Anche perché le dichiarazioni di alcuni colonnelli di An lo hanno a dir poco disturbato. Parole che costituiscono la premessa di un probabile regolamento dei conti dentro la maggioranza.
"Se manteniamo il 36-37% - è la difesa del Cavaliere - nessuno può dire che siamo sconfitti. Il Pd sta crollando di sei punti...". Il presidente del consiglio punta l'indice contro le vicende dell'ultimo mese. Sul conflitto coniugale con Veronica Lario, sulla festa di Casoria con Noemi Letizia e sul "complotto" che avrebbe coinvolto anche soggetti stranieri, come i giornali europei e soprattutto il tycoon australiano Rupert Murdoch. "Elementi che hanno pesato - si lamenta il premier con i suoi - soprattutto nel favorire l'astensionismo dei nostri elettori. Avete visto cosa è successo nelle regioni meridionali?". A suo giudizio, però, "la manovra non riuscirà scalzarmi". Adesso, dunque, più che chiudere lo "scontro" sulle foto di Villa Certosa, si ritrova a fare i conti con le dinamiche interne. Con la Lega recalcitrante e i colonnelli di Alleanza nazionale pronti a sottolineare la sconfitta.
Eppure, ieri pomeriggio quando è andato a votare, il Cavaliere aveva in tasca le ultime previsioni di Alessandra Ghisleri, la sua sondaggista di fiducia. "I dati sono buonissimi - aveva rassicurato -, non c'è bisogno di agitarsi né di essere impazienti". Nessuno, però, aveva previsto l'astensionismo di centrodestra. Dati che il Cavaliere ha letto nella sua Villa di Arcore. "Il nostro obiettivo - provava a ripetere per l'intera giornata - è attestarci intorno al 40 per cento".
I numeri che gli recapitava la Ghisleri con il passare del tempo cancellavano quella prospettiva. A quel punto Berlusconi ha cambiato registro. Nei contatti con il suo staff riunito a Roma nella de del Pdl, ha iniziato a cambiare registro. "Qualcuno pensava di mettermi in difficoltà con la storia di Noemi - ha messo le mani avanti - , poi ci hanno provato i giornali stranieri. Qualche potere forte è tornato a remare contro. Ma non riusciranno a scalzarmi". E sebbene in campagna elettorale avesse previsto per il Pdl un dato vicino al 45%, adesso preferisce rimarcare la "tenuta" e il differenziale con il Pd. "Con tutto quello che è successo, con la crisi economica, il terremoto in Abruzzo e la manovra dei giornali di sinistra, forse non potevamo aspettarci di più". L'inquilino di Palazzo Chigi, quindi, inizia ad alzare la diga per proteggere l'esecutivo dalle critiche interne: "Dal dopoguerra nessun partito è mai stato tanto forte. Solo la Dc di De Gasperi ha raggiunto questi livelli".
Eppure, la delusione ha investito anche i maggiorenti del Popolo delle libertà. Un anno fa avevano preso il 37,4%. Il voto europeo rischia di aprire un vertenza all'interno del centrodestra. E già, perché l'avanzata della Lega è già finita sotto la lente di ingrandimento dei "tecnici" berlusconiani. La lotta per l'egemonia del nord, per la guida del Veneto e della Lombardia, rischia di provocare un attrito tra il Cavaliere e Umberto Bossi. Gli uomini di Gianfranco Fini, a cominciare da Ignazio La Russa, hanno iniziato a marcare gli errore del premier. L'annuncio della presidenza lumbard per il Veneto, l'annuncio della cessione del milanista Kakà e poi l'insufficiente investimento economico nella campagna elettorale. In più Berlusconi ora teme che anche il Carroccio alzi la voce. "Dovremo controllare i leghisti - ha infatti avvertito - dovremo impedire colpi di testa. Dobbiamo stare molto attenti". Non è un caso che negli ultimi ragionamenti del premier, sia tornato ad affacciarsi l'ipotesi di un riavvicinamento con l'Udc di Casini.
(la repubblica 8 giugno 2009)
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