Franceschini: «Governo in minoranza»
08 giugno 2009Silvio Berlusconi (Pdl)
Berlusconi è rimasto veramente sorpreso dalla così alta percentuale di astensionismo e si è detto «certo» che un’affluenza alle urne vicina all’80% - come quella che si è registrata nel voto politico del 2008 - gli avrebbe fatto superare il tetto del 40% in queste Europee. La delusione del premier è la stessa che si legge in faccia a più d’uno nel quartier generale del Pdl, in via dell’Umiltà, a Roma. Anche se, in diverse trasmissioni tv, i big del partito vanno a spiegare che invece la maggioranza (compresa la Lega) è cresciuta rispetto alle ultime Europee e ha registrato solo una lieve flessione rispetto alle politiche.
Dario Franceschini (Pd)
«Il governo è ben sotto il 50%. Oggi è minoranza nel Paese, visto che i voti del Pdl e della Lega messi insieme raggiungono il 45,2%»: lo ha detto Dario Franceschini nella prima conferenza stampa di commento dei risultati della Europee. Il leader del Pd ha letto e citato una serie di affermazioni di Berlusconi a partire da maggio, in cui il presidente del Consiglio affermava che i sondaggi davano il Pdl «oltre il 40%, in alcuni casi al 45%»: «Questa avanzata straordinaria non c’è stata. Siamo 10 punti sotto i sondaggi sbandierati. Oltretutto, in un contesto europeo di avanzata delle destre». Secondo Franceschini, insomma «oggi il governo è in minoranza nel Paese», anche perché «sono stati loro a impostare la campagna come una verifica del governo, e oggi si ritrovano incontestabilmente minoranza. E poi c’era anche il referendum sulla figura del premier, anche questo negativo: dopo un anno di governo, quando chi guida il Paese è in genere all’apice della popolarità, la destra italiana è l’unica in Europa ad arretrare».
Umberto Bossi (Lega Nord)
«Sì sono soddisfatto»: lo ha detto il ministro per le Riforme e leader della Lega, raggiunto telefonicamente dall’agenzia Ansa, commentando l’esito delle Europee. A chi gli ha ricordato che ieri aveva espresso «cautela» sul risultato della Lega alle Europee, ha risposto che «un conto sono le sensazioni, un conto è il ragionamento, e partivo dal presupposto che noi non siamo mai andati bene nelle Europee rispetto ai risultati che invece abbiamo nelle politiche». Sul buon risultato ottenuto dalla Lega nelle regioni tradizionalmente “rosse”, Bossi ha detto che «è un risultato importante: lo avevo detto che la Lega ottiene voti anche da coloro che votavano a sinistra e che non si sentono più rappresentati e poi in quei posti sono andato io in campagna elettorale a fare i comizi». Rispetto a ieri, però, secondo Bossi in Italia «non cambia niente»: il risultato delle Europee, insomma, non avrà influenza sulla politica interna e sul governo.
Antonio Di Pietro (Idv)
«Da domani - ha detto l’ex magistrato - non saremo più opposizione, ma una concreta alternativa a questo governo», il cui «modello, che continuiamo a definire “fascista e piduista”, non ci piace affatto». L’Idv, secondo quanto precisato da Di Pietro, non chiude le porte in faccia a nessuno, né pone alcun aut-aut come ha fatto, invece, il leader dell’Udc, ma è chiaro che il Pd dovrà fare i conti con Di Pietro e obbligarsi a «una scelta di campo ben chiara». L’Italia dei Valori, ha detto Di Pietro, «si considera ormai la co-fondatrice di una vera alternativa di governo»; il che significa che punta tutto su «programmi e persone».
Pier Ferdinando Casini (Udc)
«L’Udc è stato premiato e siamo soddisfatti, mentre il bipartitismo ha avuto una dura lezione»: lo ha detto nella notte Pier Ferdinando Casini, commentando le proiezioni sui risultati che collocano l’Udc sopra il 6% alle Europee. «Quella trascorsa è stata una brutta campagna elettorale, non si è parlato dei bisogni degli italiani, mentre ci si è occupato di veline e altro. Noi abbiamo chiesto un voto in più per capire se la nostra sfida, di creare un partito della nazione, aveva gambe per andare avanti. E abbiamo avuto una conferma». Secondo Casini, «c’è un 15% di elettori che non ha rappresentanza e questo è il segno che questo bipartitismo non c’è. Pd e Pdl insieme hanno il 60%, Di Pietro si gonfia di un voto di protesta a danno del Pd, mentre dall’altra parte c’è la Lega che è diventata un partito di protesta e di proposta. Il Pdl paga la scelta sbagliata di individuare un alleato privilegiato nella Lega. Noi abbiamo parlato dei problemi degli italiani con serietà e costanza. Per questo siamo stati premiati».
il secolo XIX 8 GIUGNO 2009
Il Pdl: penalizzati dall'astensionismo
Pd: evitato rischio padrone assoluto
Bossi: «Ero cauto ora sono soddisfatto». Di Pietro: «Siamo
la vera alternativa». Casini: «Dura lezione al bipartitismo»
Il Pdl guarda con soddisfazione al risultato elettorale e si gode con la Lega il risultato. E' arrivato il giorno dei risultati elettorali, dei commenti del leader, delle analisi del voto e delle ipotesi future.
Berlusconi non parla, lascia il commento elettorale a Paolo Bonaiuti che ha soprattutto il compito di spiegare la delusione del leader. «Berlusconi sta benissimo, non dico sia soddisfatto, dico però che su queste elezioni si è giocato con un astensionismo enorme, che ha sicuramente influito. E c'è poi anche da constatare il vecchio solito antiberlusconismo di Di Pietro, senza contare che si è molto abusato sul gossip contro il Premier». Queste le parole di Paolo Bonaiuti. «Paghiamo verso la Lega il mancato aumento dei voti, ma quelli che non risultano dal conto sono quelli siciliani. Non essendo andati a votare i siciliani ci abbiamo rimesso: non sono un tuttologo, ma credo ci siano ragioni personali che hanno influito in Sicilia», ha concluso il sottosegretario.
Franceschini: il Pdl non ha sfondato. «Berlusconi ha vinto ma non ha sfondato. Certo, un pezzo d'Italia lo adora a prescindere, qualunque cosa dica e faccia, ma non è il 45% degli elettori. Mi sarebbe piaciuto affrontarlo ad armi pari. Purtroppo, da quindici anni a questa parte non è possibile. In questi giorni ho toccato con mano una disparità enorme di soldi, di mezzi, di tv, di giornali tra il Pd e Berlusconi. Non c'è una sola democrazia al mondo in cui il confronto politico sia così squilibrato. Nelle condizioni italiane neppure Obama avrebbe mai battuto McCain». E' questo il bilancio dei risultato alle europee del segretario del Pd Dario Franceschini.
«Credo al progetto, non mi dimetto». Il Pd arretra, perde voti al Nord, ma non affonda, come invece aveva pronosticato qualcuno. «Al progetto io ci credo ancora. Il Pd resta una grande idea. Purtroppo, appena nato, l'anno scorso ha dovuto affrontare una prova elettorale durissima. Abbiamo perduto il leader dopo il voto amministrativo in Sardegna. E subito è ricominciata un'altra campagna molto difficile. Adesso ci attende un lavoro politico lungo. Dobbiamo dialogare con le opposizioni, certo, ma in primo luogo dobbiamo batterci per costruire un'alternativa sociale e culturale a Berlusconi». Poi uno sguardo al futuro. «Dimissioni? No e perchè dovrei. Sono segretario da tre mesi e dieci giorni, ho un mandato sino a ottobre, farò il mio dovere sino in fondo. E non mi pare proprio l'aria di scissioni, la sopravvivenza del partito non è in gioco e tornare indietro non avrebbe senso».
Bossi: «Ero cauto, ora sono soddisfatto». «Sì sono soddisfatto»: lo ha detto il ministro per le Riforme e leader della Lega Umberto Bossi commentando l'esito delle Europee. Ieri pomeriggio Bossi si era mostrato cauto nella previsione del risultato. «Un conto sono le sensazioni - replica Bossi -, un conto è il ragionamento e partivo dal presupposto che noi non siamo mai andati bene nelle Europee rispetto ai risultati che invece abbiamo nelle politiche». Quindi adesso è pienamente soddisfatto del risultato ottenuto? «Sì, sì, sono soddisfatto». E cosa ne pensa del buon risultato ottenuto dalla Lega nelle regioni tradizionalmente considerate rosse? «Sì, è un risultato importante, lo avevo detto che la Lega ottiene voti anche da coloro che votavano a sinistra e che non si sentono più rappresentati e poi in quei posti sono andato io in campagna elettorale a fare i comizi».
Di Pietro: siamo la vera alternativa al governo. «Da domani non saremo più opposizione, ma una concreta alternativa a questo governo il cui modello, che continuiamo a definire fascista e piduista, non ci piace affatto». Parola di Antonio Di Pietro. L'Idv, precisa subito, non chiude le porte in faccia a nessuno, nè pone alcun aut-aut come ha fatto, invece, il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini, ma è chiaro che già da domani il Pd dovrà fare i conti con Di Pietro e obbligarsi ad «una scelta di campo ben chiara». Perchè il partito del gabbiano che vola non si accontenterà più di una «semplice unione di sigle», nè di «intese strette solo tra alcuni notabili». L'Italia dei Valori, avverte l'ex ministro, «si considera ormai la co-fondatrice di una vera alternativa di governo». Il che significa che punta tutto su «programmi e persone». E lui di persone, per queste elezioni europee, ne ha messe in campo «di straordinarie e di preparatissime» e vorrebbe che un bel «ricambio generazionale» avvenisse anche negli altri partiti a cominciare dal Pd. Ai primi risultati che davano addirittura l'Idv al 9%, Di Pietro non commenta, ma si limita a sorridere guardando il telefonino: «Siamo diventati davvero un grande partito - assicura - con una brava classe dirigente che dobbiamo far crescere ancora di più. La prossima tappa infatti sarà l'esecutivo nazionale del 22 giugno per il nuovo congresso. E poi toglieremo anche il mio nome dal simbolo. Basta con l'identificare l'intero partito con un uomo solo».
Casini: noi premiati, dura lezione al bipartitismo. «Siamo stati premiati e il bipartitismo, che non c'è, ha avuto una dura lezione». È il commento del presidente dei deputati Udc Pier Ferdinando Casini. «Quello che è successo a Lega e Idv -osserva- sta nel novero delle cose. Di Pietro ha giocato togliendo voti al Pd e la Lega è l'alleato ideale. Chi vota Lega al nord, infatti, vota per un partito di protesta e di governo. Ecco perchè si è gonfiato». Per Casini, si tratta di un risultato tanto più «soddisfacente» perchè la campagna elettorale è stata fatta «senza potere locale, senza potere nazionale e in una condizione in cui il partito si trova fuori dai due blocchi». Il presidente dei deputati dell'Udc evidenzia inoltre che i dati finora disponibili mostrano che c'è «un 15% di elettori che non ha rappresentanza. »Il Pd e il Pdl -fa notare- hanno il 60% e quindi non è il caso di continuare a parlare di bipartitismo. Il Pdl paga -prosegue nella sua analisi Casini- la scelta di avere individuato nella Lega un alleato privilegiato ed esclusivo. Noi abbiamo parlato di problemi reali degli italiani con serietà, costanza e in modo silenzioso. Non abbiamo parlato di veline, di gossip o di problemi giudiziari di Berlusconi ma abbiamo parlato dei problemi degli italiani«.
IL GAZZETTINO VENETO 8 GIUGNO 2009
Nessun commento:
Posta un commento