lunedì 26 ottobre 2009

MARRAZZO, IL FILMATO: LA DESCRIZIONE DI CHI LO HA VISTO PER PRIMO

Il retroscena - L'inviato di Oggi Giangavino Sulas racconta la trattativa con i quattro carabinieri ricattatori e le ragioni per cui il suo giornale ha deciso di non pubblicare la notizia che ha costretto il governatore del Lazio ad autosospendersi.
"Caso Marrazzo, quelle immagini
le ho viste per primo:
ecco perchè non sono state usate"

di Cesare Zapperi

Giangavino Sulas, lei è stato il primo a vedere il filmato "a luci rosse" che ha stroncato la carriera all'ormai quasi ex governatore della Regione Lazio Piero Marrazzo. Eppure, il suo giornale, il settimanale Oggi, ha deciso di non utilizzarlo, lasciandosi scappare uno scoop. Perchè?
E' stata fatta un'attenta valutazione - spiega l'inviato bergamasco, cronista di nera di una razza ormai quasi estinta, testimone di tutti i più importanti casi giudiziari degli ultimi vent'anni - . Sono due le ragioni che hanno spinto il direttore Andrea Monti a lasciar perdere. Anzitutto, quel materiale e quel tipo di notizie non erano adatte al pubblico di Oggi. Una rivista che viene letta dalle famiglie, che ha una tradizione di stile di un certo tipo. In secondo luogo, si è avuto il timore che qualcuno volesse far uscire il filmato per tirare un siluro senza assumersene la responsabilità. L'occasione, giornalisticamente parlando, era ghiotta. Ma giustamente il direttore ha deciso di non prestarsi.
Non mi dica che avete fatto una valutazione morale: nel giornalismo moderno non si usa.
L'abbiamo fatta eccome. Ma abbiamo anche ritenuto, dal punto di vista strettamente giornalistico, che quel tipo di notizia era più adatta al pubblico di settimanali come L'Espresso o Panorama. Su Oggi non era possibile mettere una schifezza del genere.
Eppure, si trattava di uno scoop.
Non c'è dubbio. Ha prevalso la valutazione che dicevo prima, quella di non sconcertare i nostri lettori. Ma anche il timore, lo ripeto, di non prestarsi ad un gioco che avrebbe fatto comodo ad altri. Devo anche dire che la decisione è stata presa in mezza giornata. Non ci sono stati tentennamenti.
E dire che i carabinieri "ricattatori" avevano pensato proprio ad Oggi.
Sinceramente, non so perchè abbiano deciso di rivolgersi proprio a noi. Forse perchè oggi era stato protagonista del caso delle fotografie di Sircana, il portavoce di Prodi pizzicato a guardare un trans.
Quando dice che c'è stato il timore di essere sfruttati fa pensare che dietro i quattro carabinieri possa esserci qualcosa di più grande e oscuro.
L'ho pensato anch'io. Però ho anche pensato che potevano essere quattro disperati che tentavano il colpo della loro vita. Del resto, si sono mossi da sprovveduti. E questo fa ritenere che abbiano fatto tutto da soli.
Quel materiale è stato offerto successivamente a molte testate, di destra e di sinistra. Nessuno l'ha voluto: perchè?
Penso che tutti abbiano avuto paura.
La notizia comunque è uscita.
Non poteva non uscire. Quei quattro hanno fatto il giro di tutte le chiese. Come si poteva pensare che rimanesse segreta?
Ci racconta come è avvenuto il contatto con i quattro arrestati?
Verso la fine di agosto l'agenzia Masi di Roma contatta il direttore di Oggi e propone il materiale. Andrea Monti mi chiama e mi dice: vai a verificare che roba è e poi decidiamo.
E' il primo di settembre quando lei si trova a Roma e...
Intorno alle 14 a piazza Mazzini incontro la titolare dell'agenzia Masi, Max Scarfone (il fotografo che immortalò Sircana, ndr) e un certo Antonio (Tamburini, uno dei carabinieri arrestati, ndr).
Cosa succede?
Dopo aver pranzato in un ristorante, mi fanno salire in auto. Vorrebbero bendarmi per impedirmi di vedere dove mi portano, ma io mi oppongo decisamente. Passa qualche minuto ad alta tensione, ma poi si fanno convincere che è meglio soprassedere.
L'auto si mette in moto.
Fanno un lungo giro: passano davanti al Tribunale, salgono a Monte Mario, passano da via Gradoli (la via in cui si trova la casa dove è stato girato il filmato compromettente, ndr). Un viaggio che sembra non finire mai.
Dove arrivate?
In una viuzza alla periferia nord di Roma. Antonio mi dice di salire in un appartamento dove c'è un suo amico. Su un tavolo c'è un computer acceso. Ci studiamo a vicenda. C'è diffidenza da ambo le parti. Poi parte il filmato, senza audio.
Cosa si vede?
Parte con l'inquadratura di una porta semiaperta. Si vede la spalliera di un letto e poi spunta Marrazzo.
E' proprio lui?
Sì, senza alcun dubbio. Indossa solo una camicia bianca molto larga e lunga, sembra quasi una camicia da notte. Ma quello che mi colpisce è il suo stato. Continua ad appoggiarsi al muro, non sta in piedi, sembra sotto l'effetto di qualcosa. Non aveva lo sguardo spaventato o terrorizzato. No, era trasognato.
Poi cosa si vede?
Viene inquadrato un secondo locale. Sul tavolo c'è un piatto, tre piste di polvere bianca, alcune cannule per aspirare. C'è in bella vista anche la tessera di riconoscimento di Marrazzo, datata 2008, e una grande quantità di banconate di diverso taglio.
Sembra costruita ad hoc questa scena.
Anch'io ho avuto questa netta impressione.
Dov'era il transessuale?
Accanto al tavolo, con un abito dimesso, senza trucco, in uno stato piuttosto sguaiato. Lì per lì mi sono chiesto: ma dove siamo finiti? Il filmato finisce con una zoomata sull'auto blu e sulla targa. Anche questa, devo dire, mi è parsa preparata a tavolino.
Dopo aver visto il tutto, cosa è successo?
Ho chiesto di poter avere una copia del video per poterla sottoporre ad una perizia. Chi mi assicurava che non si trattasse di materiale costruito ad hoc? Ho chiesto anche di poter incontrare il transessuale per poter verificare le versioni. Mi è stato risposto con un secco no. Al che ho risposto che sarebbe stato difficile portare in porto la cosa. Mi hanno riportato in piazza Mazzini e ho finto di ripartire per Milano.
Perchè finto?
Perchè il giorno dopo ho voluto incontrare un mio carissimo amico che ha un ruolo molto importante a Roma. Gli ho espresso i miei dubbi. Lui li ha condivisi e mi ha aiutato a capire ancora meglio quali erano i rischi a cui avremmo potuto andare incontro nel caso avessimo pubblicato la notizia.
Quindi è tornato a Milano ed ha riferito al direttore?
Esatto. Ho fatto una lunga relazione, riferendo anche le valutazioni del mio amico. Monti si è riservato di decidere. Dopo mezza giornata mi ha comunicato che non ne avrebbe fatto nulla.
Come l'ha presa?
Beh, devo dire che ho tirato un sospiro di sollievo. Erano troppi i rischi, troppe le ambiguità. Forse vent'anni fa mi ci sarei buttato e non avrei capito lo stop. Ora, con l'esperienza accumulata in tanti anni di prima linea, devo ammettere che è stata fatta la scelta più giusta e saggia. Anche a costo di sacrificare un bel colpo giornalistico.
Dal caso Sircana in poi pare che nel giornalismo non vi siano più remore né scrupoli. Cosa sta succedendo?
Le televisioni, con il loro modo di indagare sul gossip e sulla vita privata delle persone, hanno provocato questo mutamento di costumi che qualcuno definisce degenerazione. Non so se sia proprio così, certo è che oggi c'è una grande morbosità. Vicende come queste ci sono sempre state, ma non venivano alla ribalta. C'erano barriere, limiti che bene o male venivano rispettati. Ora non ci sono più. Ma dobbiamo essere onesti: ci si lamenta di certe notizie, ma alzi la mano chi non le va a leggere.
E' un meccanismo che non si può fermare?
No, come non si può fermare lo scandalo di certi ingaggi ai calciatori o alle star della televisione. Il mondo va avanti ben al di là delle nostre valutazioni morali.
Lunedi 26 Ottobre 2009
FONTE: BERGAMONEWS 26 OTTOBRE 2009

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