Video e ricatti, Marrazzo 2 ore dai pm
Ecco i verbali inediti degli incontri
| 02/11/2009 |
Due ore di colloquio. Tanto è durato l’incontro tra l'ex presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo e il procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo e dal sostituto Rodolfo Sabelli. Marrazzo è stato ascoltato nell'ambito dell'inchiesta sul presunto ricatto attuato nei suoi confronti da quattro carabinieri finiti in carcere. Indagato un quinto militare. All’uscita, passando davanti ai giornalisti si è coperto il volto e non ha voluto rilasciare dichiarazioni. Ad accompagnarlo la moglie Roberta Serdoz e l'avvocato Luca Petrucci.
di Roberta Catania - «Aveva gli occhi lucidi», Piero Marrazzo, «mentre ci implorava di non rovinarlo. Ci promise promozioni nell’Arma e trasferimenti». Ecco uno dei passaggi del verbale di uno dei quattro carabinieri arrestati per lo scandalo che ha costretto il governatore del Lazio alle dimissioni. Dichiarazioni spontanee che Libero è in grado di pubblicare integralmente.
È l’1.40 della notte del 21 ottobre 2009 quando i militari del Raggruppamento operativo Speciale sentono il collega “infedele”, il carabiniere scelto Carlo Tagliente. Gli altri negano, negano tutto. Lui no, lui ammette almeno parzialmente le responsabilità che lo legano soprattutto ai colleghi Nicola Testini e Luciano Simeone. La posizione di Alessandro Tamburrino, infatti, è una storia a parte, che entra in ballo solo all’ultimo, quando i militari cercano di vendere il video che ritrae l’ex presidente della Regione in compagnia di un trans.
Tagliente, pugliese di 32 anni, racconta ai colleghi che gli stanno perquisendo l’abitazione di essere «entrato in contatto con un confidente legato al mondo dei transessuali, tale Cafasso Gianguarino». Il 3 luglio Cafasso «ci chiamò (...) e ci disse che era venuto a conoscenza che si stava svolgendo un festino con dei trans all’interno di un appartamento in via Gradoli». È in questa occasione, dunque, che Gianguarino viene tirato per la prima volta in ballo. Il racconto del carabiniere della Compagnia Trionfale prosegue e arriva al momento in cui «bussammo alla porta». «Aprì un viados di pelle scura e moro di capelli», ricostruisce Tagliente, che aggiunge: «Ci trovammo di fronte una persona che riconoscemmo subito essere Marrazzo. (...) Ci trovammo in grandissimo imbarazzo, perché indossava solo una maglia intima e le mutande. (...) Lui ci pregò con gli occhi lucidi di non fare nulla, perché ci diceva: “Io ho una mia dignità e la mia posizione... vi prego aiutatemi.. saprò ricompensarvi, vi aiuterò nell’Arma”. Quindi ci disse che avrebbe potuto aiutarci se avessimo voluto un trasferimento». Qui il carabiniere ammette la propria debolezza e confida di aver a lungo cercato il trasferimento per ricongiungersi alla famiglia d’origine. Così, racconta, accettò l’offerta di Marrazzo.
l’altro trans di piero
Dopo 15 giorni, a leggere la ricostruzione di Tagliente, Cafasso si mise di nuovo in contatto con i carabinieri: «Disse che era entrato in possesso, senza specificare come, di un video che ritraeva Marrazzo mentre si trovava in compagnia di un trans in atteggiamenti ambigui».
Il video dello scandalo, si direbbe, anche se alcuni dettagli non tornano. È vero che dura quei famosi «2-3 minuti», ma il carabiniere arrestato identifica questo altro viados come «biondo». Anche se è possibile che il militare abbia confuso le due circostanze e invertito il ricordo della fisionomia dei due travestiti.
Dopo aver «nascosto il cd o dvd in una zona di campagna sulla via Trionfale», i carabinieri corrotti hanno cercato di vendere il filmato. Nel racconto si ricostruisce anche della improvvisa morte di Cafasso e dell’occasione, per loro, di continuare da soli le trattative per ricavare soldi dal video.
Il militare pugliese rivela anche di essersi «insospettito» avendo notato «un carabiniere del Ros che stava con una ragazza davanti al bar Vanni».
pedinamenti errati
«Questo fu un primo campanello d’allarme». Il primo segnale, perché dopo c’era stato anche uno strano incontro con un «collega appostato su un motociclo T-max, fermo in via Cortina d’Ampezzo».
I carabinieri sentono il fiato sul collo e decidono di fare un passo indietro, dၩstruggendo i dvd, anzi «spaccandoli in più pezzi e gettandoli in un bidone dell’immondizia vicino alla caserma sede della Compagnia Trionfale». Un ravvedimento giunto comunque troppo tardi: ormai l’indagine è avviata e gli investigatori del Ros gli sono addosso.
Cinque giorni dopo aver rinunciato al video, infatti, scattano i fermi e la vicenda di Marrazzo e del trans diventa di dominio pubblico.
IL VERBALE
Il giorno 21 ottobre 2009, alle ore 01,40, in Roma, negli Uffici del Comando della Compagnia Carabinieri di Roma Trionfale.
Avanti ai sottoscritti Ufficiali di Polizia Giudiziaria Colonnello Massimiliano MACILENTI, Capitano Carmine TORDIGLIONE e Maresciallo A.s. UPS Roberto PUCCI, rispettivamente Comandante e addetti alla sezione Anticrimine Carabinieri di Roma, nonché Cap. Massimiliano D’ANGELANTONIO, comandante della II Sezione del II Reparto Investigativo del R:O:S: Carabinieri di Roma è presente TAGLIENTE Carlo, il quale spontaneamente Riletto confermato e sottoscritto in data e luogo di cui sopra
“Nei primi g聩orni del mese di luglioဠ2009, credo, se non ricordo male, forse il 3, unitamente al mio collega SIMEONE Luciano, ho avuto un contatto con un confidente legato al mondo dei transessuali, tale CAFASSO Gianguarino. Preciso che quest’ultimo era un confidente del Maresciallo TESTINI Nicola ma conseguentemente ai rapporti di stretta collaborazione di tipo professionale con il maresciallo è diventato anche mio confidente. Come vi dicevo quel giorno ci chiamò, non ricordo come e su quale utenza, noi (io e SIMEONE) andammo all’appuntamento e lui ci disse che era venuto a conoscenza e si stava svolgendo un festino con dei trans all’i䁮terno di un appartamento di Roma, via Gradoli, 聡ppartamento che sarei in grado di riconoscere se tornassi sul posto. Ivi giunti, nella tarda mattinata-耠primo pomeriggio (ora di pranzo), bussammo alla porta dell’appartamento qualificandoci come Carabinieri. Aprì un viados di pelle scura, moro di capelli. Noi entrammo e ci trovammo di fronte una persona di sesso maschile che riconoscemmo subito essere il Presidente della Regione Lazio Piero MARRAZZO.
Alla vista di questa personalità ci trovammo in gravissimo imbarazzo anche perché indossava solo una maglia intima e le mutande per cui non sapemmo veramente cosa fare. Lui ci pregò con gli occhi lucidi di non fare nulla perché ci diceva «Io ho una mia dignità e la mia posizione … vi prego aiutatemi… saprò ricompensarvi vi aiuterò nell’Arma». Quindi ci disse che avrebbe potuto aiutarci se volessimo un trasferimento.
«temevo che mi chiamasse»
Io purtroppo devo dirvi che ho una grave situazione familiare perché ho un nipote di 5 anni in gravissime condizioni. La voglia quindi cercare di rendermi utile alla mia famiglia mi ha fatto ritenere che veramente avrebbe potuto aiutarmi. Noi d’altronde, seppur dopo una brevissima ispezione dei locali, non avevamo individuato nessuna cosa pertinente a qualunque tipo di reato, per cui anche perché non sapevamo veramente cosa fare abbiamo deciso di andarcene senza fare nulla per timore della personalità.
Io prima di andarmene, su sua richiesta, gli lasciai l’utenza 333/********* di cui non ricordo l’intestatario e che io utilizzavo normalmente per i contatti con i confidenti necessari al mio lavoro. Devo precisare che questa utenza io l’ho dismessa circa 10 giorni dopo perché ero intimorito, imbarazzato dalla possibilità che lui potesse chiamarmi. Infatti, dopo un primo momento in cui avevo ceduto pensando in qualche modo che mi sarebbe stato utile, poi dopo una riflessione decisi che non volevo ricevere la sua chiamata. Specifico che nei 10 giorni successivi in cui ho ancora tenuto in uso quell’utenza non mi ha mai chiamato.
Circa 15 giorni dopo questo evento, non ricordo precisamente il giorno ma credo fosse la fine del mese di luglio, ci (a me e SIMEONE, credo fosse lui con me ma in questo momento non riesco ad essere più preciso) ricontattò Gianguarino CAFASSO che ci diede uno dei soliti appuntamenti. Noi ci andammo credendo ci dovesse dare qualche informazione per il nostro servizio. In realtà egli ci disse che era entrato in possesso, senza specificare come, di un video che ritraeva il citato Presidente MARRAZZO mentre si trovava in compagnia di un Trans in atteggiamenti ambigui. Ci chiese, visto che lui non era in alcun modo presentabile e non avrebbe potuto tenere rapporti legali, di aiutarlo a ricavare qualcosa da questo video. In termini di soldi intendo. Quindi noi gli chiedemmo di poter vedere il video anche perché ci volevamo rendere conto se fosse vero o meno quello che ci aveva raccontato ed eventualmente cercare di capire se era autentico o artefatto.
Andammo quindi con lui in zona cassia ed a bordo della sua autovettura ci fece vedere il video su un suo pc portatile. Effettivamente il video conteneva il Presidente della Regione Lazio Piero MARRAZZO che si trovava in un luogo chiuso in compagnia di un trans biondo, questa volta vicino ad un tavolo ove vi era un piatto con delle strisce di una sostanza bianca polverosa.
Alla fine del video, che peraltro era molto mosso e frammentato tanto da farci inizialmente pensare ad un fotomontaggio, vi era anche un’autovettura tipo Lancia THESIS a mia memoria di colore scuro ripresa lungo una strada. In quell’occasione, poiché noi palesammo l’idea di aiutarlo senza però dargli alcuna rassicurazione, CAFASSO ci diede il video in un CD ROM o DVD (non riesco a ricordare in questo momento con precisione) che io e SIMEONE nascondemmo in una zona di campagna sulla via Trionfale vicino al ponte nuovo. Preciso che il video da me visto durava circa 2-3 minuti ed era comunque breve.
«cerchiamo un acquirente»
Da quel momento, dopo averne parlato con TESTINI, iniziammo a cercare qualcuno che potesse comprarlo. Io però non sapevo come muovermi in questo settore per me assolutamente sconosciuto.
Nel frattempo a settembre di quest’anno CAFASSO morì di infarto sulla via salaria. Lui normalmente viveva negli alberghi e non aveva fissa dimora. Seppi della sua morte dal maresciallo TESTINI il quale lo aveva appreso da un altro suo confidente.
Ci trovammo quindi con la copia del filmato in mano e pensammo di proseguire nel tentativo di venderlo.
Io come vi ho detto prima non avevo i contatti giusti per fare questa cosa ma nel frattempo SIMEONE Luciano, tenendoci comunque al corrente, aveva instaurato rapporti finalizzati alla vendita su due diversi canali, il primo con tale Riccardo, un imprenditore che a me non è mai piaciuto, che per quanto di mia conoscenza fu presentato a Luciano da un suo confidente, tale Ottavio. Voglio precisare fin d’ora che questa situazione non ha portato a nulla anche se Riccardo con tale Massimo, mi pare di ricordare, ebbero modo di visionare il filmato sotto casa di Luciano stesso. In quell’occasione ero presente anch’io e dopo l’incontro nonostante i due sembrassero interessati ebbi modo di confermare a Luciano la mia cattiva sensazione nell’avere avuto rapporto con queste persone. Non mi ispiravano fiducia a pelle. Sempre su di loro, per quanto mi disse Luciano, posso dire che non erano loro i diretti acquirenti del video ma stavano agendo per conto di altri che non conosco. Prima di concludere quest’aspetto della vicenda devo dirvi che Luciano e TESTINI durante un incontro con Riccardo – non so dirvi quando perché non ero presente – notarono un maresciallo del ROS che stava con una ragazza davanti al bar Vanni per cui si insospettirono. Questo fu un primo campanello di allarme che aggiunto a quello che vi dirò ci fece desistere dalla trattativa per la vendita del video-----// il secondo attraverso TAMBURRINO, ossia un Carabiniere della Stazione Roma-Trionfale che Luciano attivò sapendo avere un parente fotografo. So per quanto mi ha riferito SIMEONE Luciano che ha tenuto i contatti con TAMBURRINO per questa situazione, che la trattativa è stata incanalata verso un’agenzia di Milano di cui poi io ho avuto modo di conoscere tali Max, una donna ed il marito di quest’ultima che io ho incontrato in una occasione perché SIMEONE non era disponibile, adesso non ricordo per quale motivo. Feci vedere nell’occasione il video alla donna e all’uomo in sua compagnia.
l’appuntamento
I due vennero all’appuntamento con il Carabiniere TAMBURRINO e tale Max. Questi ultimi due, in questa circostanza, non hanno assistito alla visione del video avvenuto a bordo della mia autovettura Mercedes Classe B. Attraverso questo canale ci è stato offerto il compenso di 50.000 (cinquantamila) euro. Noi valutammo positivamente l’offerta perché ci fu assicurato che questa agenzia avrebbe potuto commercializzare il video in modo assolutamente legale. Poi però un giorno, non vi posso dire quando con esattezza, ma posso dirvi che era successivo all’incontro del bar Vanni dove fu visto un maresciallo del ROS conosciuto da TESTINI, durante un servizio di ocp avemmo modo di notare un uomo a bordo di un motociclo tipo TMAX fermo di fronte il ristorante-bar “Al cocomerino” di via Cortina D’Ampezzo. Credendo che fosse un soggetto che si doveva incontrare con uno dei nostri indagati lo fermammo ed il maresciallo TESTINI gli chiese i documenti. Questa persona glieli diede ed il maresciallo TESTINI gli chiese se fosse un collega. Ricevuta risposta positiva ed avendo appreso che stava lì per un servizio poiché lui ci disse “o ci siamo noi o voi non possiamo starci in due”, noi decidemmo di andare via per non dare fastidio. Tuttavia riflettendoci successivamente la cosa sembrò strana e ci fece preoccupare ancor di più io quindi pregai gli altri di lasciare perdere, ma solo 5-6 giorni fa decidemmo di distruggere il video e chiudere questa vicenda che mi pento veramente di avere iniziato. Non so veramente spiegare come possa essermi trovato in una situazione tale, è stata una debolezza imperdonabile. Voglio precisare un’altra cosa, io feci d’accordo con i miei colleghi una copia del video attraverso il masterizzatore del mio pc portatile che ho tuttora a casa mia e che vi consegnerò spontaneamente. Entrambe le copie furono distrutte come vi ho detto da me Luciano e TESTINI 5 o 6 giorni fa spaccandoli in più pezzi e gettandoli in un bidone dell’immondizia vicino alla caserma sede della Compagnia Trionfale. La decisione di agire in questo modo la prendemmo circa una settimana fa quando ci riunimmo io Luciano e TESTINI perché eravamo molto preoccupati e ci stavamo finalmente rendendo conto che era un grosso errore.
Natalie a casa di Marrazzo
Natalie è «andata in taxi a casa di Piero Marrazzo», come dichiara lei stessa in un verbale che compare agli atti del Marrazzo-gate. Convocata tramite una «telefonata» fatta direttamente dall’ex governatore «40 minuti dopo il blitz dei carabinieri» infedeli (...)
(...) in via Gradoli, la trans è «salita a bordo di un’auto del 3570» e si è precipitata all’indirizzo della residenza privata dall’allora presidente. La circostanza è ricostruita in un verbale degli investigatori del Raggruppamento operativo speciale che, insieme ai magistrati romani, hanno sentito per l’ennesima volta l’amante dell’ex giornalista Rai. Sempre in qualità di persona informata dei fatti, le hanno chiesto di ricostruire con maggior precisione la cronologia degli eventi del 3 luglio scorso.
Natalie non dice perché l’ex presidente della Regione Lazio le chiede di raggiungerlo. Lei non lo specifica spontaneamente e - da quel che Libero ha potuto leggere nella copia degli atti - gli inquirenti non glielo domandano.
Il verbale secretato di questa audizione inizia con una frase di Natalie che si «dichiara disposta» ad aggiungere i particolari omessi in precedenza. E lo fa cominciando dal principio, dall’irruzione dei militari della Compagnia Trionfale nell’alcova al piano seminterrato di via Gradoli 96.
«Avevo detto loro che non avevo clienti», si giustifica la transessuale per escludere l’ipotesi di una sua collaborazione a tendere quella trappola a Marrazzo, «ma Carlo» Tagliente «e Luciano» Simeone «sono entrati dicendomi che ero con qualcuno che a loro interessava molto vedere». E ancora, si legge: «Piero stava nella stanza, era in mutande bianche. Loro», riferendosi ai carabinieri, «mi hanno obbligato ad uscire sul balcone. Ero lì fuori e si sono parlati per circa venti minuti. Poi sono tornata nella stanza e ho sentito che minacciavano Piero dicendo che se lo avessero portato in caserma lo avrebbero rovinato dato che stava con un trans. Ho sentito che uno dei due voleva 50mila euro, e altri 50mila li voleva l’altro ma Piero non aveva quei soldi».
Poi, nel prosieguo del racconto, ci sono solo fatti noti e già acquisiti dal filmato del ricatto: i due carabinieri avrebbero ripreso alcune scene con il cellulare, soffermandosi sull’inquadratura in cui si vede un tavolino con tre “piste” di cocaina collocate vicino al tesserino regionale del politico e ad una cannula per sniffare la droga.
“Piero” sul display
Una volta rimasta sola, dopo l’uscita di scena dei carabinieri e la “fuga” di Marrazzo dal luogo dove era appena stato sorpreso in evidente stato di imbarazzo, Natalie fa mettere a verbale di «essere stata contattata da Piero 40 minuti più tardi». Prosegue chiarendo anche che l’ex governatore le «ha detto di recarsi subito a casa sua», probabilmente approfittando dell’assenza del resto della famiglia. Si suppone che la moglie fosse al lavoro e la bambina dai nonni. Comunque, la transessuale non racconta della presenza di terze persone nell’appartamento.
La ricostruzione riprende in modo piuttosto preciso. «Ho chiamato il servizio taxi del 3570 e, giunta a destinazione, ho trovato un uomo in guardiola che mi ha aperto il cancello e indicato la direzione» per raggiungere la casa di Marrazzo. Di questo signore, la trans fa una sommaria descrizione: «Si tratta di uomo alto quanto me». Ma gli interlocutori non appaiono interessati ad identificarlo e, quindi, il discorso viene riportato su argomenti di rilevanza investigativa. La questione della cocaina, ovviamente, non può essere tralasciata. Su questo punto ci sono un paio di domande - infatti nella trascrizione dei virgolettati di Natalie è riportato il classico adr (a domanda risponde) - che però non svelano chissà quale segreto. Lei nega, nega di aver visto polvere bianca, nega di conoscerne la provenienza e al riguardo si tiene sempre sul vago.
Versioni concordate
I punti chiave di questo verbale, però, sarebbero altri. E le domande che ci saremmo aspettati dai pm sarebbero state rivolte capire che cosa si siano detti Marrazzo e la sua amante in privato. E, soprattutto, perché Marrazzo avesse così tanta urgenza di parlarle, una tale urgenza che lo ha spinto perfino a correre il gravissimo rischio di farla andare in casa sua.
Come già detto, questa parte è trattata con estrema superficialità. Natalie lascia intendere che il “suo uomo” in quel momento potesse avere bisogno di conforto. Che il governatore (all’epoca ancora in carica) avesse la necessità di sfogarsi con qualcuno. E l’unica persona che poteva condividere il suo segreto era proprio la transessuale di via Gradoli, vittima con lui dell’imboscata.
Il verbale di Marrazzo
A conti fatti, però, c’è qualcosa che non torna. L’incontro potrebbe celare altri scopi, finalità che ovviamente si possono solo immaginare non essendo stati messi a verbale né per spontanee dichiarazioni di Natalie né per domanda diretta degli inquirenti.
Andando per ipotesi, che per ora non hanno riscontri, ma si basano su deduzioni logiche, l’urgenza di quell’incontro potrebbe essere giustificata dalla volontà di concordare una linea da seguire. Una versione dei fatti comune, nel caso in cui - come poi è stato - la vicenda fosse venuta allo scoperto.
Oppure, chi lo sa, Marrazzo potrebbe aver convocato a casa l’amante per darle quei cinquemila euro che non era riuscito a consegnarle perché sottratti dai carabinieri piombati nell’alcova sulla Cassia. È giusto una sfumatura, ma questo dettaglio emerge piuttosto chiaramente dal verbale che raccoglie la deposizione di Piero Marrazzo, convocato in procura il 21 ottobre scorso.
Parlando del furto dei 2mila euro dal proprio portafogli e dei 3mila euro collocati su un tavolino del monolocale di via Gradoli, e quindi indicati come il guadagno della trans, Marrazzo definisce Natalie «contrariata», perché ovviamente i soldi erano destinati a lei, ma non la indica come parte lesa della rapina. Perché l’intera somma, evidentemente, apparteneva all’ex governatore.
LIBERO NEWS, 2 novembre 2009
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