domenica 22 novembre 2009

Brenda, cresce la paura nel condominio:"Chi sarà la prossima?"

(fotogallery La Stampa)
PER CASA UN TUGURIO DI 10 METRI .Impaurite le amiche: «Nel nostro mestiere il massimo riserbo è la prima regola»

GUGLIELMO BUCCHIERI
ROMA
Quattordici scalini, un corridoio stretto e color polvere e, poi, otto porte di ferro rosso ed una bianca. Il numero è l’1, la lettera la F: è in uno spazio di pochissimi metri quadrati, forse dieci che il transessuale Brenda è morta asfissiata. La casa, o meglio il tugurio, appare come un luogo dell’orrore. Spazzatura, un materasso bruciato, le molle in evidenza e sotto al letto due bottiglie, apparentemente di alcolici. Il soppalco non si vede perché è buio, ma, una volta sul retro del palazzo, è il senso di precarietà che ti assale: il mini-appartamento da dove Brenda sarebbe stata presto sfrattata ha un’uscita secondaria, chiusa da un cancello e nascosta in un altro sottoscala. «Queste sono tombe, sì vere e proprie tombe.

Guardate le bombole del gas, ovunque e non in sicurezza. A queste poveracce chiedono 500 euro, ma so che pagano anche di più: è due anni che non facciamo un’assemblea di condominio... E pensare che chi ha costruito queste schifezze è un noto imprenditore», racconta la donna che alle 4 e qualche minuto di venerdì ha dato l’allarme perché il fumo usciva da una fessura laggiù al piano che non c’è.

Brenda è morta. Le amiche, o presunte tali, parlano. Lo fanno con frenesia, a scatti, assalite dalla paura. C’è Thyanna, l’amica più vicina alla sfortunata brasiliana, che sale e scende dalle scale della palazzina G. «No, non nominiamo più il nome Marrazzo. Non capite che porta sfortuna a chi lo pronuncia? A Brenda volevo bene, stavamo spesso insieme ed ora non so cosa pensare. Forse ammazzeranno pure me? E, poi, la mia migliore amica? Fatemi credere che è stato tutto un incidente...», così Thyanna. Le lacrime gli bagnano il volto, capelli corti, tuta da benzinaio addosso: da qualche ora, per lei, il decreto di espulsione dall’Italia.

«Non me ne vado, voglio restare vicina a Brenda... Sì, è vero, prendeva delle medicine per dormire, ma non si è suicidata», e la porta si chiude. All’interno, voci, un uomo e, sullo sfondo, la tv accesa su un canale hard. In via Due Ponti, civico 180, vivono decine di famiglie, bambini appena nati e ragazzi che, adesso, appaiono e scompaiono in balconi pieni di vestiti appesi e parabole. Tutto attorno, vicoli, varchi, garage semidistrutti, odore di cucina. «Era sempre ubriaca, alle 3 del mattino la musica ci assordava, urla e rumore non ci facevano dormire.

E, poi, tutte quelle grandi macchine qua sotto: io, l’altra notte, ero a Bologna...», racconta Valentin, camionista moldavo che ci apre casa. La moglie è in Ucraina, per terra c’è polvere ovunque perché, spiega, «i vigili del fuoco hanno buttato giù il mio portoncino credendo che il fuoco avesse invaso anche la mia stanza». Sul piano rialzato, abitano tre nuclei familiari e, poi, Camilla, alta, capelli neri e lunghi, maglietta rossa e scarpe con i tacchi. «Chi fa bene il nostro mestiere sa che il massimo riserbo sui clienti è la prima regola: le ragazze che cercano visibilità sono barbone. Io viaggio fra Roma e Milano, non ho sentito niente, non ho visto niente», racconta la vicina della povera Brenda.

Al numero 180 si arriva passando sotto ad un ponte a gomito, una svolta che fa da confine fra la strada dei circoli privati, dei vip, dei residence e il nulla, o quasi. «La polizia le deve proteggere, le transessuali sono solo l’anello debole di una storia che coinvolge politici e forze dell’ordine corrotti. Questa è una storia - così Imma Battaglia, la presidente di Gayproject - indegna dell’Italia, serve verità e se c’è una lista di persone importanti che venga fuori perché qua ci sono esseri umani che hanno paura». Paura come quella che prova Thyanna o Barbara che denuncia «un inseguimento, forse di un carabiniere su un motorino...».

Stupore, quello che arriva fin dentro al Brasile dove, assicurano le amiche di Brenda, «da quando è scoppiato tutto questo caos le televisioni parlano di noi». Dalla tv lo ha saputo la mamma di Brenda, Azenete. Nelle prossime ore, accompagnata dal fratello sbarcherà a Roma perché, spiegano i legali della famiglia Wendel Mendes, «chiede verità e giustizia». Gli avvocati scelti per ottenere giustizia sono gli stessi che assistono Rudi Guede nel processo di Perugia per la morte di Meredith, Nicodemo Gentile e Walter Biscotti. Brenda non c’è più, morta asfissiata dal fumo. «Vedrai che il computer sparirà... Non aveva video, ma solo alcune foto che ha distrutto», così l’amica Thyanna dove per fotografie sembra intendersi quelle dell’ex Governatore Marrazzo.

«Era da un po’ di tempo che la vedevo dal balcone usare il computer. Rimanevo colpita perché queste qua non sanno fare niente», sussurra la signora dei piani alti. E, dal balcone, c’è chi agita un bastone contro flash e taccuini mentre per le vie di Roma sfila il corteo «Riprendiamoci la notte» con trans e lesbiche in prima fila.
la stampa 22 novembre 2009

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